G U I D A
 POLITEAMA SOCIALE
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         Io, come figlio del presidente della società proprietaria, ebbi sempre (oh ragazzo baciato dai Numi !) l’ingresso gratuito. Posso quasi affermare di aver trascorso là dentro i primi anni della mia vita. L’espressione può riuscire incredibile e buffa ma non troppo lontana dalla realtà: è certo che molti dei miei pianti puerili (oh malaugurati spettatori che seguivate sullo schermo le vicende più diverse e giustamente reclamavate silenzio ...) risuonarono in quella sala.
         
I miei genitori preferivano infatti condurmi con loro quando si recavano a spettacoli cinematografici o teatrali. Riguardo a questi ultimi, anzi, sin dall’età di dieci anni mi feci una discreta cultura (sic !) in fatto di commedie, operette, opere o, meglio, una cultura di primi atti di commedie, operette, opere. Già: perché dopo il primo atto giungeva immancabilmente la "tata" che, sonnolento ma ancor più scontento, mi riaccompagnava a casa, sul cuscino, indubbiamente più soffice della "poltrona" teatrale.
             
Oh "Bohème", oh "Geisha", oh "Vedova allegra", come tornerei volentieri ad ascoltarvi, ma stavolta da cima a fondo, finalmente !
           
Ad ogni modo, la passione per il teatro mi aveva già colpito. Era, del resto, l’epoca in cui molte compagnie, famose e no, giravano ancora per i palcoscenici di provincia. Tramonto del mondo dei guitti ... Anni Trenta.
             
Il cinematografo, poi, la fece da padrone e, salvo qualche eccezione teatrale, prese per sé i 365 giorni di vita annuale del Politeama (primo nome del ritrovo). Quali films preferivo, allora ? Quelli comici, naturalmente. Charlot, Crik e Crok, Ridolini, Harol Lloyd, Buster Keaton erano i miei beniamini.
             
Non manifestavo simpatia per le pellicole passionali: ad ogni bacio, più o meno casto, che appariva sullo schermo, la mia coscienza di bimbo "puritano" si ribellava. Già d’allora, in fatto di Decima Musa, la facevo da praticone, nelle discussioni coi miei coetanei: e già le mie opinioni non combaciavano (quasi) mai con quelle degli altri.

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             Il cinema americano mieteva successi su successi (Clark Cable, Don Ameche, William Powell, John Barrymore ... quanti nomi !), quello italiano arrischiava qualche timida prova: De Sica, Viarisio, la Merlini, Totano, Besozzi ne erano gli eroi ...
         
E quando a Ventimiglia sorse un altro cinema, l’Impero, seguitai a sostenere la causa del Politeama. Trascorsero gli anni, ed esso mi ospitò sempre più spesso nella sua galleria, intento ad osservare con diletto le storie più disparate anche quelle "passionali" (l’adolescenza s’avvicinava). Il vocabolo "regista" cominciò a risuonare sulle mie labbra con ostentata competenza; la mia prima occhiata, sul "Corriere della sera" comprato dal babbo, era per la colonnina di critica cinematografica.
          
Mi feci amico il nuovo operatore del Teatro e potei così violare i segreti della cabina di proiezione: ricorda, ottimo signor Bosio, le nostre lunghe discussioni su Camerini, Blasetti, Duvivier e su altri registi, mentre sua moglie le approntava la cena che Lei era costretto a consumare tra un giro di manovella e l’altro.
          
E, dopo l’operatore, il cinema cambiò anche macchina, per cui si poté visionare un film in due tempi e non, come prima, parte per parte. La pellicola che, in un giorno feriale, con una platea pressoché deserta, inaugurò il nuovo apparecchio di proiezione fu, ricordo, "Marocco", interpretata da Imperio Argentina ...
           
... E poi la guerra (e il tetto del Politeama fu schiantato da una granata francese ...), e poi il dicembre del ‘43 in cui per l’ultima volta vi assistetti a "La peste a Parigi", ... e i terribili bombardamenti che ne deturparono l’aspetto e, infine, la notizia che il Politeama era passato in proprietà al Comune e, recentemente, ch’era stato appaltato e si prevedevano sulla sua struttura mutamenti radicali ...
          
Addio, vecchio caro Cinema Teatro, ho ancora in bocca il sapore delle caramelle che il tuo fedele custode Giuseppe mi regalava ogni qualvolta, piccolo, varcavo la tua soglia. Addio ...».

  Alla ricerca del tempo perduto

CARO VECCHIO CINEMA TEATRO ...

        «... ieri, 5 febbraio 1948, sono entrato in quello che fino a tre anni fa si chiamava "Cinema Teatro" e che io consideravo "il mio teatro", e non l’ho più riconosciuto.
           
In seguito all’appalto di due mesi or sono hanno infatti avuto inizio i lavori per mutare radicalmente la sua struttura, ed operai e muratori sembrano adesso invasi dalla sadica gioia di buttar giù, di smantellare, di distruggere ... per dar poi presto il via alle opere di trasformazione e di ricostruzione.
            
Già sono scomparsi i palchi e le gallerie e il loggione, già sono stati aboliti gli ampi corridoi, e presto cadranno le restanti muraglie di cui il progetto dell’architetto Giuseppe Bosio prevede l’abbattimento ...
           
Tutti, o quasi, i ventimigliesi appaiono consapevoli della necessità dell’ammodernamento di quel vetusto locale: ed anch’io, in fondo in fondo; ma ieri, alla vista di quei monconi di pareti e di quelle sempre più numerose macerie, tutto questo mi è sembrato un sopruso ai danni del mio vecchio Cinema Teatro ...
            
Sorse, per volontà di mio nonno Angelo, nel 1905. La società dei commercianti, promotrice del lancio di quel bel ritrovo (ormai, lo riconosco, di gusto vecchiotto e comunque di troppo limitate dimensioni) fu prima retta da lui, poi da suo fratello Secondo, quindi - dopo la loro morte - da mio padre Manlio, negli ultimi venti anni.
           
Diversi gli impresari, che si susseguirono nella gestione del Cinema Teatro. Solo l’ultimo ebbi la possibilità di conoscere, il signor Amedeo Verrando, che fu sempre, nei miei riguardi, gentile e premuroso.            

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  VENTIMIGLIA
Articolo di Angelo Maccario, apparso su "U Berriun" n. 1 - 1999  - pag. 15
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 n. 1 - 1999

Candu eira petalotu, mi au Puliteama gh’andava de bada. Me paire u me dixeva che u parchetu riservau, che Amedeo Verrando u ne arviva avanti d’i spetaculi, u l’eira u “nostru”. E mi, figliürame, me credeva de èssine u padrun cume i Guglielmi i l’eira i padrui d’u Cinema “Imperu”.

Pöi, òn acapiu che stu “nostru” u l’eira in modu de di’, ina maneira de fame acapì e de mustràme l’amù pe’ u Paise, pe’ u Scögliu, pe’ ‘sta nostra terra. U l’eira in “nostru” ligau ai regordi, a cantu me paire grande Angelo e me paire Manlio i l’àva faitu pe’ Ventimiglia. E, difati, me paire u dixeva «a nostra banda muxicale», «a nostra bataglia d’ê sciure», «a nostra palingenesi», «a nostra spassegiata d’ê parme» e, s’u nu’ l’àva cuita, u me dixeva i nomi de cheli amighi che, inseme a elu, i l’àva messu sciü, apuntu, u Puliteama e a «Bataglia d’ê sciure».

Pe’ u teatru, avura ciamau «cumünale», a störia a partiva dau 16 de avrì d’u 1904, candu, davanti au nutaru Gibelli, vegniva custituia a «Società Anonima Cooperativa fra gli Esercenti» che pöi me paire grande u ne duveva diventà u Presidente. Ascaixi in mese dopu, u 7 de mazu d’u 1904, u Cumendatù Hanbury u fàva üna d’ê sou tante generuse dunaçiun ai ventemigliesi: in tocu de terra «in Sestiere Sant’Agostino per la costruzione di un Politeama onde incoraggiare la Società negli scopi che si è prefissa di accrescere il decoro e l’attraenza della città». Pover’omu, su u viesse avura ! Belu decoru, bela atraensa !

Pe’ a custrüiçiun d’u Puliteama l’eira staitu stampau de certificati de cumpartecipaçiun, ciacün da 100 lire, e, cun ina püblica sutuscriciun, se n’è arrivau a vende 620, pe’ 62.000 lire. Ma, de 'sti sodi, nu' ghe n’eira ancura abasta e alura i nostri veci i l’àn faitu in prestitu de ben 40.000 lire. Me paire u me cuntava (perchè intantu u l’eira diventau Presidente d’a Sucietà) ch'i gh’àn messu a belessa de trentün’ani pe’ arrivà a pagà tütu. Sulu int’u 1935 a gestiun d’u Puliteama a l’è deventà ativa.

LA VOCE INTEMELIA  anno XXXVI  n. 4  -  aprile 1981

        A leze l’elencu de cheli ch’i l’àn pigliau parte â sutuscriçiun, ti atrövi che me paire u l’àva u nümeru ciü autu de aziun: 74, e i autri de séghitu: 66 Enrico e Paolo Notari, 37 Cecilia Lorenzi, 34 Archimede Stablum, 30 Giovanni Costamagna, 20 Antonio Balestra, Francesco Bottini e Amedeo Verrando, 10 Rocco Ughes, Augusto Monaci, Pietro Guglielmi e Emanuele De Carli, 12 Giuseppe Ughetto  epöi: Lorenzo  Acquarone,  Silvio Ardoino, Giovanni Ascheri, Angelo Azaretti, Giuseppe Biancheri, Francesco Bottini, Silvio Coppo, Gioacchino Rizzuto, Giovanni Davigo, Antonio Diana, Carlo Franco, Martino Gaglio, Secondo Levarne, Cesare, Giovanni, Goffredo e Stefano Maccario; Nicola Marcenaro, Giuseppe Muratore, Fedele Palmero, Giuseppe, Armina e Caterina Riva Napoleone, G.B. e Luigi Rondelli; Luigi Bosio, Antonio Trucchi, Antonio Viale e Pietro Viale.

Pe’ cheli ch’i nu’ l’àn mai vistu u teatru d’ina vota, besögna di’ ch’u l’eira ciü bassu d’avù. Dau cian d’a strada gh’eira sulu in scarin, ina bela sala d’intrata e, au primu cian, ina bela sala grande d’in cima au fundu pe’ reüniun, mustre, sede d’i Esercenti e buffet, candu gh’eira i vegliui.

Gh’eira a ciota de l’urchestra, in urdine de galerie, in urdine de parcheti, serrai dae tende, e u lugiun. Nu’ m’arregordu canti posti u l’avesse, ma credu ch’i fusse inturnu ai 1500.

U l’eira in belu teatrin e me paire, cun i autri amighi, i 1’urganizava de stagiun teatrali impurtanti. Inte due vote, pe’ chinze giurni, gh’eira l’opera, cuscì cume l’upereta, e pöi cumedie, drami e riviste. I bali de Carlevà e pe’ e feste “d’u Marchese” i l’eira famusi e aspeitai da tüti.

Me se dixe che l’è vegnüu Caruso e Falconi, Govi e Dapporto, a Pagliughi. Renzo Ricci e Laura Adani. e urchestre de Zena e de Milan. A «Cumpagnia d’i ventemigliusi» a 1’atirava e gente da tüte e valae.

Int’u 1943 a Cümuna de Ventemiglia a l’ deventà a padruna d’u teatru che int’u 1944 u l’è staitu bumbardau.

Mi nu’ saciu chi l’è che àge recostrüiu u teatru che gh’è avura, ma u l’è delongu megliu de ninte e speramu ch’i u mete prestu a postu. De següru u teatru, de dopu d’a gherra, u l’è de cuntügnu andaitu in decadensa. Caiche spetaculu i l’àn ancura faitu, ma u ciü d’ê vote de segunda categuria.

U “nostru” teatru, intesu cume puntu de riferimentu e centru d’atraçiun d’a vita çitadina, u nu’ gh’è ciü. Avura i stan pensandu de bötaru zü, cume u Cavu, pe’ pöi faghe caiche bela speculaçiun.

A mi ‘st’idea a nu’ m’apiaixe gairi, perché a Ventemiglia, inte ‘sti ani passai, amu za persu trope cose. A tüte e mode besögnereva, avanti, parlane in po’ tra ventemigliusi.

U Puliteama Suciale teatru d’i ventemigliusi

                                                                                                                                          di Andrea Maccario  -  1981

 

 

 rivista il : 04 gennaio 2015
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