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ALIMENTAZIONE  INTEMELIA NELLA STORIA

                                                                       

MEMORIE dell’ALIMENTAZIONE

nel BACINO della ROIA

 

IL TERRITORIO

      Nelle propaggini più meridionali delle Alpi Marittime, il territorio compreso tra il contrafforte montuoso che da Capo d’Aglio giunge al Monte Clapier, sul lato di Ponente e quell’altro che da Punta Marguareis giunge a Capo Nero, nel Levante, costituisce il bacino imbrifero del Fiume Roia, corso d’acqua che nasce dal Colle di Tenda.

      Di questo bacino, il comprensorio vallivo più occidentale, situato a Sud del Monte Bego e del Col de Turinì, presso Sospello raccoglie le acque della Bevera, la rivaira grande affluente alla sinistra del Roia. A Mezzogiorno, rivolte verso il mare, corrono le corte vallate dei torrenti Carei e Borrigo, sfocianti entrambi presso Mentone. Più ad Est il Rio della Sorba ed il Rio Latte delimitano il promontorio di Punta Mortola, appendice del Monte Longoira.

      Oltre alla Bevera, il Roia riceve numerosi affluenti: il Beonia, il Cairos, il Levenza e il Béndola. Ad Oriente della movimentata Val Roia, si aprono verso il mare alcune vallate, disposte a ventaglio. La principale è l’aperta Val Nervia, con gli affluenti: Gordale, Muratone, Bonda, Merdanzo e Barbaira.

      Lungo il tratto costiero orientale, dopo brevi percorsi, versano in mare i torrenti: Verbone, Borghetto e Sasso. Il Nervia sarebbe da considerare affluente del Roia, perché anticamente i due avevano in comune la Zona Umida alla foce, mentre oggi il Nervia raggiunge la corrente del Roia in mare, ma molto presso la riva.

       Quasi a metà dello spartiacque di levante, al centro dell’intero bacino, emerge il dominante massiccio del Pietravecchia, col Monte Toraggio, collegato a quelli di Cima Marta e del Monte Saccarello, da una parte, mentre il crinale prealpino centrale, da Cima Arpetta giunge a Monte Abeglio. Questi complessi di elevate alture, nella zona tra Pigna, Briga e Saorgio, insieme producono un microclima particolare, autore d'interessanti tipi di fauna e flora endemiche.

       La costa, affacciata sul Mar Tirreno, chiamato in questo caso Ligure, è frastagliata da Monaco a Capo Martino, dai Balzi Rossi al Müru Russu e da Arziglia a Capo Nero; invece, lunghe spiagge sono lambite dal mare davanti a Mentone, come dalle Calandre a Capo Ampelio. Gli unici approdi pescherecci funzionanti sono oggi situati a Fonteveille di Monaco, a Mentone ed in Arziglia.

 

LA RISERVA IDRICA

      Le acque dolci, intese come riserva idrica, sono sempre state e sono tuttora abbondanti ed ancora bevibili sulla maggior parte del territorio. Esistono anche fontane particolarmente nominate, quale quella che sgorga presso Fontan, in media Val Roia, unica fonte sfruttata con l’imbottigliamento.

      Presso Buggio scaturiscono i notissimi Rugli, come ci sono fontane: a San Bernardo, sotto Castel d’Appio, alla Rocca, poco a sud di Camporosso, in Arziglia, sotto Montenero, a Monaco, sopra Mentone e sulle alture tra San Giacomo e Passo Muratone.

      Ancora acque chiare zampillano a Castellaro, sopra Olivetta e sopra Airole, a Sospello, a Perinaldo e sopra Vallebona, ma specialmente a Briga, nel luogo della famosa Madonna del Fontano, quella pieve scrigno dei noti tesori pittorici.

      Poco discoste da Pigna, in località Lagu Pigu ed alla Madonna della Ruota sgorgano acque solforose, dotate d'ottime caratteristiche termali.

      Decisioni amministrative, abbastanza attuali, stanno turbando l’equilibrio ambientale idrologico. Un inceneritore di tipo industriale scarica la diossina prodotta nel subalveo del Roia, in Alta Valle, forse minando le pur abbondanti falde acquifere, intanto qualcun altro propone un inceneritore più a valle.

 

SITUAZIONI DEGLI ABITANTI

      Le popolazioni che hanno gravitato su questo territorio, nel corso dei secoli, hanno ottenuto sorprendenti risultati d'autosufficienza economica, ma soprattutto alimentare e gastronomica, quando hanno potuto vivere periodi storici d'integrità politica generale; cioè, fintanto che si sono trovate condotte da un governo locale in qualche modo unitario.

      Questa situazione si è verificata quando il territorio è stato sede della tribù degli Intemelii, popolazione preromana, con elementi celtici, ma ha continuato ad esserlo quando i Consoli della Roma repubblicana, da conquistatori lo hanno eletto a Municipio.

      È stato unitario anche durante l’antico Impero, essendo retto col “gius” di Colonia romana, così come, in seguito, mentre era condotto da un Magister militum del Limes bizantino, era soltanto parzialmente sfiorato dalle invasioni dei Goti e dei Longobardi.

      Nell’Alto Medioevo, quale apparato feudale, i suoi famosi e nobili Conti ne hanno consentito la massima espansione ed il maggior momento integrativo, di fatto, portandolo ad ergersi a Libero Comune Marinaro, nel secolo XII.

      Dopo la sottomissione, per mano genovese, il territorio è diventato Capitaneato, ricominciando comunque a prosperare, anche se alternativamente, giacché fu smembrato in parecchie entità feudali. Passò poi nell’Impero dei francesi, per entrare, ancora abbastanza integro, nel Regno Sardo.

      A questo punto le cose hanno cominciato decisamente a peggiorare, con lo smembramento datato 1860, ovvero la cessione di Nizza alla Francia, con l’aggiunta di quella del 1947, che ha interessato Briga e Tenda.

      È ovvio che gli eventi non furono mai favorevoli in periodi segnati da dure lotte, distruzioni e saccheggi, ma il maggior danno è stato provocato allorquando il territorio è stato percorso da ripartizioni politiche, le quali, anche oggi, dividono l’integrità persino negli elementi di costume.

      Ne hanno sofferto, in primo luogo, la produzione e l’approvvigionamento alimentare e, di conseguenza, si è verificata un'anomala dispersione delle tradizioni, anche gastronomiche.

      Per questo territorio, capoluogo e sede naturale di governo è sempre stata la città di Ventimiglia, posta a guardia della foce della Roia. Lo è stata fin da quando era conosciuta come Albium Intemelium, sita alla foce della Nervia, eppoi romanizzata in Albintimilium, ed infine continuò ad esserlo come la medievale Vintimilio, costruita sul poggio dominante l’ultimo tratto della Roia, u Scögliu.

 

IL PORTO CANALE

      A vantaggio dell’economia della zona hanno funzionato due ottimi porto-canale, tenuti aperti con fatica. Il primo, alla foce del Nervia, al servizio della città preromana e romana; l’altro alla foce del Roia, è stato il maggior porto del comprensorio tra la foce del torrente Impero ed il promontorio di Monaco, per tutto l’Alto Medioevo.

      Da recenti ipotesi, pare che il porto del “Lago”, alla foce della Roia, fosse già in funzione fin dal V secolo, in periodo bizantino, anche se in concomitanza con l’attività dell’antico porto nervino, che andava forse colmandosi di ghiaia e di terra. Il “Lago”, quale importante porto, ha cessato di operare nel XIII secolo, a causa dell’interramento causato dai conquistatori genovesi, con ovvie conseguenze militari e politiche.

      Da quel momento ha cominciato ad operare uno scalo marittimo sulla spiaggia di fronte alla chiesetta di San Nicolò, oggi San Giuseppe. I bàrchi e e scùne, abbastanza maneggevoli quanto capaci, venivano spiaggiati o scaricati nella rada, anche se notizie d’archivio segnalano una certa attività portuale nei pressi del “Lago”, ancora nel XVI secolo.

 

LE VIE DI COMUNICAZIONE

      Per tutta l’antichità, fino al tardo Ottocento, gli scambi con l’entroterra sono arditamente passati attraverso i valichi del Colle di Tenda, del Marcantour e del Marguareis, con l’uso di percorsi di crinale su sentieri o mulattiere. Soltanto allora i lungimiranti Savoia dotavano il Tenda di una strada degna di questo nome, per aprirsi la via verso Nizza. Poi venne la galleria ed il Colle divenne percorribile per tutto l’anno.

      Le comunicazioni con i comprensori, confinanti a Levante e Ponente, anche queste correnti su mulattiere, poco più ampie di sentieri, usavano l’Escarène, il Turinì, Collardente, Langan, il Ghimbegna e Montenero.

      Una via, servita da qualcosa che poteva chiamarsi una strada, percorreva il litorale da Capo Nero al Colle della Turbia, anche prima che i conquistatori Romani la pavimentassero, per rendere più agevole il cammino verso le Gallie. Si ha notizia che questo tracciato potesse essere chiamato “via Eraclea”, che avrebbe unito Marsiglia a Piacenza.

      Nell’anno 109 a.C., il console Marco Emilio Scauro rigenerava, nei materiali e nella percorribilità, quella strada, sul medesimo tracciato, che da allora si chiamerà “via Aemilia Scauri”. In seguito, l’imperatore Augusto rigenererà il tracciato, che scavalcando la Turbia, porta a Cimella, presso Nizza, e la strada comincerà a chiamarsi Julia Augusta. Proprio sulla Turbia, dedicato ad Augusto, verrà edificato il mausoleo che ricorda la sottomissione delle intere Alpi a Roma.

 

ANTICHISSIME USANZE

      Lo storico greco Posidonio, vissuto nell’ultimo secolo prima di Cristo, assicurava che gli Intemeli, per l’asprezza del territorio, non bevessero che acqua e si nutrissero di carne ricavata, sia da bestie domestiche, sia selvatiche, accompagnandola con le erbe che crescevano spontaneamente, nella regione.

      Plinio il Vecchio, naturalista comasco, vissuto nel primo secolo dell’Era Volgare, nel suo trattato “Storia naturale”, parla d'alcune piante raccolte nel Ponente ligure; specialmente del Levistico selvatico, adatto a preparare un infuso diuretico; mentre dal Nardo celtico, detto Saliunka, si estraeva un prezioso olio cosmetico.

      Columella, naturalista spagnolo, vissuto anch’egli nel primo secolo, descriveva il metodo per insaporire il vino con una speciale pece nematurica. Raccomandava il metodo di piantare le vigne a favore di tramontana ed il sistema, usato nella nostra Riviera, per conservare l’uva seccata al sole, poi avvolta in fasci di giunchi e chiusa in orci, suggellati con gesso.

                                                                                                  Luigino Maccario  1990

 

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