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Clarence Bicknell

Testo della conferenza tenuta da Enzo Bernardini il 18 aprile 1971 al Palazzo del Parco di Bordighera, nel ciclo delle manifestazioni culturali in occasione del Cinquecentenario della città.

 

... “Verso ponente, l’argentea striscia della strada ondulata fra case sparse qua e là, o tra boschetti di aranci e di palme, conduce l’occhio al promontorio di Bordighera: un masso enorme di smeraldo che chiude l’orizzonte, tagliato in forma di balena coricata con la sua larga coda sepolta nelle acque.

    Ivi in un piccolo spazio - vista veramente rinfrescante - vi si presenta ogni gradazione di verde che può rallegrare l’occhio; dal pallido grigio dell’olivo, alle scure foglie di cipresso ...

    Gruppi di piumate palme, con la cima illuminata dal sole e il resto nell’ombra, stendono i loro larghi rami come piume di elmetti guerrieri in cima; ove lo snello profilo della guglia torreggiante della chiesa si disegna spiccato nel cielo purissimo”. ...

    Con queste parole Giovanni Ruffini offre nel suo celebre “Dottor Antonio” una delle più affettuose e spontanee descrizioni di Bordighera, la città che, come egli ebbe a scrivere, “fu la sua prima fiamma”, e che più di ogni altra gli rimase nel cuore durante i tristi e difficili anni dell’esilio.

    Il romanzo di Giovanni Ruffini, apparso in Inghilterra nel 1855, oltre a contribuire a ristabilire un equilibrio di valutazione sulla condizione morale e civile degli Italiani, ebbe un effetto straordinario sui lettori, che da allora cominciarono a voler conoscere da vicino la Riviera e principalmente Bordighera, teatro della delicata vicenda sentimentale del dottor Antonio e di Miss Lucy.

 

L’ARRIVO DEGLI INGLESI

    Un flusso ogni anno più consistente, composto di agiate famiglie inglesi, giungeva a questa terra, che offriva un ambiente sereno, un paesaggio fantastico, un clima eccellente, fattori esclusivi che rendevano il soggiorno piacevole e interessante.

    Un turismo in embrione cominciò a svilupparsi. Sorsero i primi alberghi, le prime attrezzature furono create dagli stessi ospiti, che nel breve volgere di qualche decennio vennero a moltiplicarsi e ad assumere una fisionomia cosmopolita, con partecipazione della migliore società d’Europa.

    In concorrenza con Nizza, da poco passata alla Francia e particolarmente valorizzata, la nostra Riviera poteva offrire una ospitalità più genuina e riposante, in un ambiente irripetibile. In quei tempi la vita di Bordighera era ancora quasi completamente accentrata nel vecchio borgo cinto di mura, e le colline circostanti e la piana verso Ventimiglia erano lussureggianti di vegetazione: si calcola che non meno di 20.000 palme e 50.000 piante di ulivo circondassero Bordighera, che emergeva da una immensa ed armoniosa macchia verde per specchiarsi nel suo mare azzurro ed incontaminato.

    Dove la piana degli Orti Sottani e del nascente Borgo Marina iniziava a risalire dolcemente verso le colline, in un vero bosco di ulivi, lungo la via Romana appena tracciata, sorsero le prime ville dei “furesti”, come erano chiamati dai bordigotti gli ospiti stranieri.

    Una numerosa colonia di stranieri, composta principalmente da inglesi, (nel periodo di massimo afflusso raggiunsero le tremila unità) era stabilmente insediata nel territorio di Bordighera e nei primi suoi grandi alberghi, verso gli ultimi anni del secolo scorso.

    Pur non mancando residenze nelle zone vicine (la famiglia Hanbury alla Mortola ne è il più evidente esempio), i favori ricadevano quasi sempre su Bordighera, che attraversava davvero il suo periodo aureo.

    In questa cornice naturale ed umana, giungeva a Bordighera nel 1880 un personaggio in apparenza strano: pastore protestante,  appassionato e colto botanico, pittore sensibile e delicato, amante del bello, semplice e riservato: il suo nome era Clarence Bicknell.

 

CLARENCE BICKNELL

    Egli contava allora 38 anni. Nato a Herne Hill, presso Londra, il 27 ottobre 1842, si era laureato in matematica a Cambridge. Iniziata la carriera ecclesiastica, era stato pastore a Londra, ma poi, anche a seguito di una cospicua eredità, aveva parzialmente abbandonato l’attività religiosa per darsi allo studio delle scienze naturali.

    Qualche tempo dopo, anche spinto da motivi di salute, iniziò a viaggiare per il mondo. Fu a Ceylon, nella Nuova Zelanda, in Marocco, a Maiorca, e finalmente nel 1878 scese in Italia. Dopo un breve soggiorno a Finale giunse a Bordighera, se ne innamorò e decise di fissare qui la sua residenza.

    “Piuttosto alto e tarchiato, colpiva a prima vista nel suo aspetto una espressione di bontà e di simpatia, che era in perfetta armonia con gli atti di una vita semplice e operosa. Negli occhi azzurri e limpidi, nel sorriso bonario, non  solo traspariva la benevolenza, ma anche l’ingegno sagace e il carattere gioviale”. Così Arturo Issel, che gli fu intimo amico, ne descrisse i tratti essenziali.

    Stabilitesi a Villa Rosa, tra la strada Romana e la strada della Cornice, si diede subito a una vita di studio e di ricerca. Si dedicò principalmente alla conoscenza della flora locale, iniziando una meticolosa e sistematica catalogazione di tutte le specie che riusciva a trovare sulle colline circostanti Bordighera. Allargando gradualmente il raggio delle sue escursioni, non vi fu vallata o montagna della Riviera, da Ventimiglia a San Remo che non visitò. Fu così in grado, nel 1885, di pubblicare quella che resta la sua opera botanica più prestigiosa: “Flowering plants and ferns of the Riviera”, splendida e grossa opera con 82 tavole a colori da lui stesso dipinte dal vero, che illustrano e descrivono scientificamente tutta la flora della Riviera.

    In questo periodo il Bicknell abbandonò l’attività religiosa. Poiché la causa è legata a Bordighera, vale la pena di ricordarla. Egli era solito celebrare la messa per i connazionali la domenica mattina, in una cappelletta che sorgeva nel luogo in cui in seguito venne edificata la chiesa protestante. Una domenica, ricorrendo la festa di Sant’Ampelio, il Bicknell durante la funzione recitò una preghiera, da egli stesso composta, in onore del santo patrono della città, tra lo stupore dei presenti che gridarono allo scandalo. Si era allora in un periodo in cui le chiese cattolica e protestante vivevano in aperto contrasto, e il fatto non mancò di suscitare vivo scalpore. Ufficialmente biasimato, invitato a fornire precisazioni e scuse, Clarence Bicknell dichiarò di non voler rettificare quanto fatto per rispetto e devozione al Santo di Bordighera, e chiese di non venire più chiamato “reverendo”. Egli rimase piuttosto amareggiato da questa vicenda, abituato com’era a valutare i fatti da un alto piano spirituale, al punto da far costruire nella sua proprietà, che era prossima alla cappella, un alto muro che la nascose completamente alla vista e intensificò gli studi scientifici.

    Ma se la botanica assorbiva le sue cure maggiori, il Bicknell trovò modo di occuparsi di molte altre attività.  Temprato dai primi anni di vita religiosa, naturalmente portato allo studio delle scienze e alla contemplazione del bello, instancabile camminatore, egli univa al tempo stesso le qualità di uomo d’azione e di persona umanissima dominata da idealità superiori.

    Si inserì immediatamente nell’aspra e dolce terra ligure, l’amò profondamente come una seconda Patria; e Bordighera ne divenne subito la figlia prediletta. Per il suo progresso materiale e intellettuale mise ben presto a disposizione la propria vita e le proprie sostanze. La colonia inglese di Bordighera intanto continuava  ad  accrescersi, anche per effetto della letteratura europea e dei libri di viaggio di fine secolo che esaltavano la Riviera e Bordighera in particolare, conosciuta come “meraviglia del Mediterraneo”, e grazie specialmente al libro di Frederick Fritzroy Haroilton, “Bordighera and the western Riviera”, del 1883, il quale costituisce a tutt’oggi la più completa e documentata storia della città, ricco in appendice di informazioni per i turisti e dotato di una parte supplementare dell’architetto Charles Garnier, “I motivi artistici di Bordighera”; opera che sarà tradotta in francese, ma mai in italiano.

 

IL PRIMO MUSEO DELLA LIGURIA OCCIDENTALE

    Ai numerosi connazionali colti e interessati alla storia e alle tradizioni locali, Clarence Bicknell offrì nel 1888 un luogo ove riunirsi e coltivare gli studi, in un ambiente raccolto e sereno: un museo, il primo Museo della Liguria occidentale, un edificio che fondeva armoniosamente il caratteristico stile di chiesa protestante col portico e le decorazioni di tipo mediterraneo, in un parco che rappresentava in sintesi la ricchezza botanica della regione, che allora tutti ci invidiavano.

    Nel grande salone centrale si succedettero presto conferenze, concerti, esposizioni, riunioni, serate di beneficenza, mentre le sue pareti venivano popolandosi di vetrine ove erano raccolte le più diverse testimoniante storiche e naturalistiche della regione; colleziosi botaniche, mineralogiche, faunistiche, (in particolare, i reperti romani provenienti dagli scavi di Albintimilium, che in quegli anni Girolamo Rossi stava conducendo, ma che i proprietari dei terreni circostanti vendevano a privati; salvando così un prezioso patrimonio, e oggetti preistorici provenienti dalle caverne del Finale), e contemporaneamente veniva costituendosi il primo nucleo di una biblioteca.

    Accanto a questa attività esemplare, che fece di Bordighera un centro culturale vivo e poliedrico, ove si incontravano felicemente la scienza e la divulgazione, la cultura e l’educazione, un’altra attività del Bicknell, sempre discreta e spesso segreta, era quella costante della beneficenza.

 

LE BENEFICENZE

    Scrisse a questo proposito ancora l’Issel: “Un infelice non ricorreva mai a lui senza ottenere un soccorso efficace e duraturo che non aveva mai il colore d’elemosina. Ad uno studioso elargiva i mezzi perché potasse pubblicare una opera provvista di tavole dispendiose e fosse così in grado di migliorare la sua carriera; s’incaricava delle spese per provvedere alla cura di certi operai infermi a lui noti come persone meritevoli di aiuto e di compassione. Colpito dalla voce sonora di un giovane muratore, lo manda a studiare a proprie spese al Conservatorio di Milano; lo Zeni, così ha nome, diventa un celebre tenore e conquista successi teatrali sulle principali scene d’Europa. A Bordighera promuove ogni nobile iniziativa, ma le sue beneficenze, fatte in stretta collaborazione con Padre Giacomo Viale, erano il più delle volte segretissime, e in certi casi gii stessi interessati ne ignoravano l’autore. Quest’uomo tanto benefico e generoso viveva nella massima semplicità, disprezzava gli agi e d’ordinario viaggiava in terza classe !”

    Quando fondò il Museo, Bicknell non aveva ancora iniziato lo studio di ciò che doveva consacrare alla scienza la sua fama maggiore: le incisioni rupestri preistoriche di Monte Bego.

 

L’OPERA DI BICKNELL A MONTE BEGO

    Già nel 1881, salito in Val Fontanalba alla ricerca di fiori alpini, ebbe l’occasione d’imbattersi casualmente, nei pressi del Lago Verde, con alcune rocce incise. Ma in quegli anni i suoi maggiori interessi erano rivolti alla botanica (localizzò, tra l’altro, la famosa Sassifraga florulenta, una rara specie endemica del gruppo di Monte Bego), e pertanto si ripromise di ritornare sul posto in un secondo tempo. Fu così che nel 1885 raggiunse nuovamente quella località, ove ritrovò le figure notate quattro anni prima, che ricalcò, assieme ad altre. Il loro mistero lo turbò profondamente ed egli, intuendone tutta l’importanza, decise di approfondirne la conoscenza.

    Intanto, nel 1896 pubblicava il secondo grande studio sulla flora locale: “Flora of Bordighera and San Remo”, opera che testimonia la completa conoscenza della zona, costituisce ancor oggi il più ricco e dettagliato catalogo botanico della regione. Il volume è tra l’altro corredato da un dizionarietto nel quale i più comuni fiori spontanei di Bordighera vengono indicati anche coi loro nomi dialettali, particolare che dimostra come nulla trascurasse par la completa conoscenza dell’ambiente e che i contatti personali coi bordigotti dovevano essere frequenti.

    Variamente occupato col suo Museo, impegnato in viaggi e in attività diverse, Clarence Bicknell tornò in Val Fontanalba qualche altra rara volta, finché si decise, nel 1897, di trascorrere l’estate a Casterino. Le esplorazioni condotte in  compagnia del collaboratore Luigi Pollini lo convinsero definitivamente che su quelle rocce stava scritta, in maniera enigmatica ed affascinante, la storia delle antiche popolazioni di pastori e di agricoltori liguri. Diede immediata notizia delle sue prime osservazioni al mondo scientifico, e da quell’anno ogni estate lo vide instancabile esploratore, prima di tutta la Val Fontanaiba e del Monte Santa Maria, poi degli altri versanti di Monte Bego, dalla Vallauretta alla Valle delle Meraviglie, dalla Valmasca al più distante Colle del Sabbione.

    La sua prima ampia relazione è del 1902, e quella dell’anno successivo  è  arricchita dalle prime dieci tavole di disegni: volumi che egli stesso fa pubblicare a Bordighera e diffonde negli ambienti scientifici internazionali, i cui maggiori esponenti  iniziano con lui intensi rapporti di collaborazione e d’amicizia.

    Nel 1905, ormai consapevole di dover consacrare il resto della sua vita alle incisioni preistoriche di Monte Bego, fece costruire a Casterino, la Casa Fontanalba, non solo per sua comodità, ma soprattutto per offrire agli amici e agli studiosi che sempre più numerosi lo raggiungevano annualmente da ogni parte d’Europa, un punto di partenza ed una base per le esplorazioni nella impervia regione,  allora felicemente sprovvista di strade (quella più vicina passava a San Dalmazzo di Tenda).

    Nel 1913, dopo aver battuto tutta la regione, scoperto, classificato e riprodotto 14.000 figure, fece stampare a Bordighera dalla Tipografia Bessone la sua famosa guida “A guide to the prehistoric Rock Engravings in the Italian Maritime Alps”, la quale costituisce a tutt’oggi il libro fondamentale sulle incisioni di Monte Bego, attualmente in corso di traduzione nelle lingue italiana e francese a cura dell’Istituto di Studi Liguri, che offrirà così un altro prezioso contributo culturale nell’ambito del Cinquecentenario.

    Ricco di 46 tavole di disegni e fotografie, è un raro esempio di modestia, per quanto riguarda la valutazione di quell’immane mole di lavoro e per le osservazioni scientifiche e storiche, e mezzo prezioso ancor oggi per ricalcare i suoi passi alla ricerca delle incisioni. A questo proposito il Barocelli scrisse: “Il Bicknell non osò ipotesi che non fossero corroborate dai fatti. Modesto e coscienzioso, egli presenta i risultati delle sue esplorazioni: descrive, confronta e classifica le figure, interpreta quelle di più chiara significazione, riferisce le ipotesi altrui, ne fa una prudente critica, ma si astiene da ogni affermazione non documentabile. Nessuno può dire le pazienti ricerche da lui fatte per scoprire fra quei monti e in fondo a quei valloni .altre tracce delle genti che ivi, forse per parecchi secoli, continuarono a battere sulle rocce levigate le punte delle loro asce o scalpelli”.

 

 LA BIBLIOTECA INTERNAZIONALE

    Durante gli inverni, intanto, la vita al Museo di Bordighera si svolgeva sempre più intensa, e verso i primi anni del nuovo secolo nacque tra le sue pareti il primo abbozzo della Biblioteca Internazionale a carattere circolante, rivolta a soddisfare le esigenze intellettuali degli ospiti di Bordighera. Nel 1913 il Bicknell, anche col volontario aiuto della colonia inglese, fece costruire un edificio distinto sulla via Romana, destinato appunto alla Biblioteca Internazionale, erigendola in ente morale gestita dagli inglesi residenti a Bordighera e legalmente riconosciuta dallo Stato.

    In questo periodo i rapporti di collaborazione benefica con Padre Giacomo Viale, cui il Bicknell era legato da sentimenti di profonda stima ed amicizia,  si intensificano e giungono anche alla realizzazione delle ultime opere terrene di colui che è il secondo Santo di Bordighera.

 

RAPPORTI CON PADRE GIACOMO VIALE

    Già nel 1907 il Bicknell aveva donato a Padre Giacomo la campana della chiesa protestante per l’erigenda chiesina di Montenero; pochi mesi dopo il nipote Edward Berry invierà, a nome dell’intera colonia inglese, la somma di lire 1000 per le spese incontrate nella costruzione.

Un giorno di marzo il Bicknell incontrò padre Giacomo nella piazza della Fontana, mentre questi era intento ad osservare la casa che doveva presto diventare il ricovero per i vecchi poveri. Padre Giacomo mise al corrente l’amico del progetto, e gli manifestò le sue preoccupazioni per l’acquisto, per il quale occorrevano inizialmente almeno cinquemila lire. Il 21 marzo 1911 il Bicknell così scriveva a Padre Giacomo Viale: ...”Un ricovero per i vecchi poveri è quello che più occorre. Vedere i vecchi, senza figli, senza la forza per lavorare, soffrire e tribolare e aver ricorso a cercare elemosine è una cosa che fa pietà. Ho già parlato dell’affare a mia nipote signora Berry. Essa è d’accordo con me che non sarà difficile raccogliere del denaro, e che tutti gli inglesi qui aiuteranno . ... Se crede, io mi faccio responsabile per lire 5000, per comprare una seconda casa, ma non parli di me. Lo dico a Lei, per far coraggio a Lei, e per dimostrare che tengo a cuore questo affare, e che non lo lasceremo andare a nulla. Forse verrò oggi da Lei per parlarne: se non oggi, domani”.

    Difatti andò, ma non trovando il Padre, così gli scrisse: ... “ho le 5000 lire per Lei. Queste le manderò subito, se crede. Verrò anch’io, se Lei lo desidera, ma non pare necessario che io sia presente per assistere alla compera.  Dev.mo Clarence Bicknell”. Il 26 marzo il santo frate faceva il primo acquisto per l’ospizio dei suoi cari vecchi.

 

L'ESPERANTO

    Al Museo, già da diversi anni, accanto agli studi botanici e preistorici, il Bicknell coltivava con alacrità l’esperanto, e si adoperava per la diffusione di questa lingua, la quale, a parer suo, avrebbe dovuto esercitare un’azione potente e benefica affratellando le stirpi e le nazioni.

    È facile intendere quanto fosse addolorato dallo scoppio della prima guerra mondiale, che deludeva così crudelmente le sue aspirazioni umanitarie. Non  mancò di prestare la propria opera, con tutti i mezzi che erano in suo potere, allo scopo di lenire i mali della guerra (era solito, tra l’altro, inviare ai prigionieri italiani calze di lana che egli stesso lavorava a maglia), ma non visse abbastanza per salutare la fine del conflitto.

 

LA SCOMPARSA

    Il 17 luglio 1918, si trovava nella sua casa di Casterino, essendo stato colto fin da tre giorni prima da improvviso malore, desiderò ricrearsi con la vista delle dilette montagne, e si fece trasportare sulla veranda ove spirò serenamente, nella contemplazione delle Alpi a lui tanto care.

    Clarence Bicknell fu sepolto con estrema semplicità nel cimitero di Tenda, non essendo possibile rispettare le sue ultime volontà che esprimevano il desiderio di riposare per sempre a Casterino, per essere più vicino ai monti tante volte percorsi e accanto alla fedele compagna miss Alice Campbell. Laggiù giace ancor oggi, essendo risultati vani recenti tentativi di traslarne la salma a Casterino; ogni anno è tradizione che gli amici dell’Istituto di Studi Liguri vi si rechino a deporre fiori sulla sua tomba.

    Le sue ultime disposizioni testamentarie costituiscono un ultimo atto d’amore alla Liguria e a Bordighera in particolare.  Egli lasciò all’Istituto Universitario di Genova (purtroppo non a Bordighera !) i calchi cartacei delle incisioni, mentre restò al Museo il suo erbario. Alla città di Bordighera lasciò il Museo, volendo indirizzare con gesto lungimirante e altruistico la sua destinazione a scopo pubblico, per gli studiosi che avrebbero frequentato Bordighera; invece la Biblioteca Internazionale, col suo carattere circolante, rimaneva a disposizione delle necessità culturali dei forestieri e dei bordigotti.

    L’atto di liberalità del Bicknell prevedeva già allora che il Comune di Bordighera assicurasse il buon funzionamento e la continuità della via tracciata e che studiosi italiani ne fossero i continuatori.

    Quanto accade a questo punto è quasi incredibile, se non ci si riporta a quel particolare periodo dell’immediato dopoguerra 1918-19. Dapprima il Comune si sentì estraneo a un tale compito di altissimo livello culturale; poi qualcuno pensò di utilizzare il Museo per farvi una cinematografo, altri propose una scuola, altri ancora chiese che divenisse sede del municipio, senza considerare che i locali non potevano essere trasformati per altri usi. Legittimamente insorsero gli ospiti inglesi sdegnati e molta parte dei bordigotti si oppose a tanta insensibilità.

    Dopo ben cinque anni di lotta e di trattative condotte principalmente da Edward Berry, nipote del Bicknell, il quale a nome dei connazionali chiedeva che il Museo venisse aggregato alla Biblioteca Internazionale, e fosse finanziato dalla stessa comunità britannica, la richiesta venne accolta, il Comune fece atto di rinuncia all’eredità a favore della Biblioteca Internazionale, e i coniugi Berry poterono così continuare l’opera dello zio.

                                                                Da: LA VOCE INTEMELIA anno XXVI  n. 4  -  aprile 1971

 

 

Bicknell botanico e pittore

LA FLORA DELLA RIVIERA

 di  Renzo Villa  1984

    Le piante spontanee della nostra terra in una guida illustrata, pubblicata a Londra cento anni fa  -  Preoccupazione dell’Autore per il depauperamento del patrimonio naturalistico: i Narcissi di Mentone, il Tulipano giallo dell’Esterel e l’Iris nero di Bordighera, “alcune tra le migliori vecchie piante amiche”, già in via di estinzione sul finire del secolo scorso.

    Un secolo fa, nel 1885, presso l’editore londinese Trübner & Co., in Ludgate Hill, appariva l’opera monografica FLOWERING PLANTS AND FERNS of THE RIVIERA and NEIGHBOURING MOUNTAINS drawn and described by Clarence BICKNELL, un titolo piuttosto lungo e complesso che, tradotto in italiano, suona “Piante Fiorite e felci della Riviera e delle montagne vicine disegnate e descritte da C. Bicknell”.

    Nel libro, oggi rarissimo, l’Autore elenca e descrive 280 specie, raccolte in 14 famiglie, della flora spontanea rivierasca e dell’entroterra montano, corredando il testo di 82 squisite tavole di nomenclatura a colori, ognuna delle quali può essere considerata una piccola delicata opera d’arte. Tutto ciò grazie al fatto, non comune, che egli era un botanico-pittore o, se si preferisce, un pittore-botanico il che non cambia la sostanza della cosa.

    La brevità di questa nota, suggerita dal centenario del libro e ad esso esclusivamente dedicata, non consente di soffermarsi sulla vita e sull’intensa attività dello staordinario e poliedrico personaggio Bicknell.

    I lettori, eventualmente interessati a più complete notizie biografiche, si rimandano alla esauriente conferenza di Enzo Bernardini, tenuta al Palazzo del Parco, in occasione del Cinquecentenario di Bordighera, il 18 aprile 1971 ed interamente pubblicata ne La Voce Intemelia di quello stesso mese.

    Per noi basterà dire che Clarence Bicknell, nato a Londra il 27 ottobre 1842, già pastore protestante, filantropo, naturalista, instancabile viaggiatore, esperantista, fondatore dell’omonimo Museo, pittore ed, in seguito, studioso, fra i primi, delle incisioni rupestri del Monte Bego, si stabilì a Bordighera nel 1880 quando era in piena espansione il boom del turismo inglese in Riviera di cui la Città delle Palme sarebbe diventata uno dei più significativi e fortunati esempi.

    Ed è proprio ad uso dei connazionali in vacanza invernale sulla Riviera  - amanti delle escursioni e del contatto con la natura mediterranea  - che Bicknell prepara la sua guida alla conoscenza della flora locale lavorando di penna e pennello (e non è un gioco di parole) per sette anni consecutivi, in pratica dal giorno del suo arrivo a Finale, nel 1878, fino a quello della pubblicazione datata Villa Rosa, Bordighera, 15 settembre 1885.

    In realtà le tavole a colori erano molte di più di quelle pubblicate, che rappresentano soltanto il frutto di una selezione fra il ragguardevole numero di millecento disegni, eseguiti dal vivo e, per lo più, in situ.

    In calce alla descrizione botanica di ogni pianta non manca mai la meticolosa e quasi rituale indicazione del giorno, mese, anno e luogo in cui l’esemplare era stato da lui raccolto.

    Ma, al di là del valore scientifico, il libro rivela, con lo stile, la veste tipografica e le illustrazioni, il gusto tardo romantico e la sensibilità dell’Autore per il mondo della natura.

    Per preparare il suo trattato, Bicknell percorse in lungo e in largo la Riviera e la Costa Azzurra dalle valli del Roia e del Nervia a quella del Feglino, da San Remolo alla Caprazoppa e al Capo Noli, da Ventimiglia e Bordighera sino a Loano e Finalmarina e, di là, a Pegli e Sestri Ponente.

    E, nella direzione opposta, da Mentone a Sainte-Agnès, alla Turbia, all’Authion, a Grasse e, lungo la costa, a Monaco, Nizza, Antibes e Cannes, soltanto per citare fra le molte località visitate da Bicknell, sempre alla paziente ricerca di piante e fiori da disegnare e da descrivere.

* * * * * * * * * *

    Nell’affrontare lo studio della nostra bella d’erbe famiglia, egli prese esempio e ricevette incoraggiamento ed aiuto da altri botanici suoi amici, autori di varie opere in materia quali Contributions to the Flora of Mentone(1864) di J.T. Moggrigde, la Flore Françise di Gilet et Magne e la Flore des Alpes Maritimes dell’Ardoino.

    Particolare riconoscenza egli esprime, nella prefazione, al suo caro amico Cav. Francesco Panizzi di San Remo, al quale l’opera è dedicata, al Prof. Giovanni Arcangeli dell’Università di Pisa, autore della Flora Italica, e al Prof. Allman Presidente della Linnaean Society.

    Con legittima soddisfazione 1’Autore può affermare che, botanicamente parlando, con le ricerche dei suoi amici e sue, si è “coperta” tutta la zona tra Marsiglia e La Spezia comprese le montagne adiacenti. Un arco di circa 500 chilometri lungo il quale erano state studiate tutte le piante conosciute.

    Ma, nel prefazionare il libro, Bicknell non può fare a meno di esprimere rammarico e deplorazione per il depauperamento del patrimonio botanico locale, già iniziato fin da quei tempi con le sconsiderate razzie dei “raccoglitori”.

    “Molte di queste piante - egli lamenta - non possono essere trovate ed altre stanno iniziando a diventare particolarmente scarse a causa dei saccheggi commessi dagli agenti inviati dagli orticoltori e dai visitatori invernali, i più recenti dei quali, ahimè, scavarono radici e bulbi mentre le piante erano ancora in fiore e le spedirono in quantità a morire in climi alieni. Ogni autunno, inoltre, ritorno a scoprire che una nuova strada o villa o vigna ha causato la sparizione di alcune tra le migliori vecchie piante amiche”.

    E si chiede ancora con trepidazione: “È troppo tardi per sperare che in ogni incontro con piante rare come alcune specie di Narcissus a Mentone, il tulipano giallo dell’Estorel, il cosiddetto Iris nero o la Bellevalia Webbiana a Bordighera o il rosso Tetragonobulus e il Convolvulus pentapetaloides, che una volta fioriva abbondante a San Remo, queste possano salvare le radici fino all’arrivo della prossima stagione ?”

* * * * * * * * * *

    Ma Bicknell, che già molto aveva fatto per la conoscenza e la salvaguardia della nostra flora, non si sentiva ancora pago dei risultati raggiunti. Nel decennio successivo concentrava i suoi studi nell’area dell’estrema Riviera occidentale e, nel 1896, pubblicava la Flora of Bordighera and San Remo, arricchendo la descrizione botanica di un dato linguistico locale di notevole interesse: il nome dialettale delle specie elencate.

    Per un caso del tutto singolare, doveva essere proprio la passione botanica ad allontanare Bicknell dal prediletto mondo delle piante e dei fiori per condurlo lungo una strada nuova ed impensata.

    Mentre si trovava in Val Fontanalba per eseguire le sue osservazioni naturalistiche sugli endemismi della zona del Monte Bego  - fra i quali individuò la rara e bellissima Saxifraga florulenta, che impiega più di vent’anni a produrre la sua unica spiga fiorita - fu colpito dalla presenza dei misteriosi segni tracciati sulle rocce circostanti.

    Da quel momento un nuovo predominante interesse - che non lo avrebbe più abbandonato per il resto della vita - cominciò ad impadronirsi di lui.

    Alla riproduzione, catalogazione e studio delle incisioni rupestri del Monte Bego, Bicknell dedicherà infatti tutte le energie fino alla morte, avvenuta “sul campo” (possiamo ben dirlo !) a Casterino, il 17 luglio 1918, da dove le sue spoglie mortali vennero trasportate a valle e sepolte nel cimitero di Tenda.

                                                                                   Da  LA VOCE INTEMELIA anno XL n. 10  - ottobre 1985