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STUCAFISCIU  Â

BRANDACUGLIUN

    Lo stoccafisso secco si mette a bagno quattro o cinque giorni prima di farlo cuocere; cambiando l’acqua due o tre volte al giorno; meglio se disposto in acqua corrente.

Ingredienti per quattro commensali:

  700 grammi di stoccafisso già ammollato

  un decilitro circa di olio d’oliva, oltre all’olio per eventuali aggiunte                                   

  due spicchi d’aglio  -  un mazzetto di prezzemolo

  dodici gherigli completi di noci, spezzettati

  trenta grammi di pinoli

  il succo di due limoni succosi

  quattro patate corpose

  sale e pepe  -  acqua q.b.

Attrezzatura: pentola alta con due manici e coperchio abbastanza ermetico  - zuppiera media per l’intingolo  - mortaio e pestello.

Cottura: bollire lo stoccafisso e le patate  - intingolo a freddo.

    Riporre lo stoccafisso nella pentola, aggiungere poi le patate tagliate a pezzettoni e far bollire fino all’ammollo delle patate stesse.

    Intanto, lavorare al pestello, nel mortaio, gli spicchi d’aglio, il prezzemolo ed in seguito i gherigli delle noci ed i pinoli, fino ad ottenere una pastetta non omogenea.

    Versare la pasta ottenuta in una piccola zuppiera, dove si aggiunge, il succo dei limoni, il sale ed il pepe, lasciando riposare mentre le patate stanno andando in cottura, indi aggiungere l’olio.

    Ottenuta la cottura delle patate, scolare queste e lo stoccafisso, avendo cura di mondare il tutto dalle spine e dagli ossicini.

    Quando è ben mondato, riversare il tutto nella pentola di cottura, senza aggiungere liquidi, ma versandovi invece il contenuto della zuppiera.

    Fissare bene il coperchio, con l’aiuto di uno strofinaccio ai manici della casseruola, abbrancare la medesima e lo strofinaccio sulle maniglie e sbattere energicamente il contenuto controllandolo tra le gambe, facendosi aiutare dai commensali, fino a quando non si sentirà all’interno un unico impasto omogeneo.

    Se il risultato si dimostra troppo asciutto, aggiungere schizzi controllati d’olio fino ad ottenere l’omogeneità. Servire tiepido.

    Nella moderna ristorazione, sovente, il rituale del “brandare” non viene più applicato, traendo una grave perdita di folclore ma, ancor peggio, un risultato non conforme nel gusto.

    Molti preparatori preferiscono relegare questo manicaretto a infimo prodotto da spalmare, pur di poterlo passare al frullatore, rovinandone l’esito. Peggio quando, per praticità, viene usato il baccalà, battezzandolo "Branda". 

    Un sostegno meccanico accettabile per facilitare la “brandata”, anche se non ottimale, può riferirsi all’uso dell’impastatore planetario.

 

Amalgama ideale di Brandacugliun

 

 

    BRANDACUGLIUN, O CHE ALTRO

                                                                                           Luigino Maccario

        Nel campo delle specialità culinarie locali,  è ormai evidente come la quasi totalità dei nostri "chef" metta in lista il prelibato e tipico "Stoccafisso alla brandacugliun", per poi servire all'avventore un semplice "Frullato di stoccafisso e patate". Applicare il rituale del "brandare" è considerato ineseguibile tra il personale d'una moderna cucina tecnologica; dotata peraltro di attrezzature che potrebbero condurre ad un risultato accettabile, evitando la poltiglia prodotta dal frullatore.

        Dagli Anni Sessanta, la pro­posta di una corposa serie di antipasti, tratti da piatti tipici locali, ha fatto sì che il "brandacugliun" finisse relegato ad un semplice miscuglio da spalmare su variegate tartine, come è capitato al "brandacujun regionale"; fino a smarrire del tutto l'originaria consistenza derivatagli dalla opportuna "brandata"; considerando anche che, potendolo frullare, un oculato surplus di patate possa favorire i ricavi. La portata di "brandacugliun" deve risultare un "composto", dove la piccola scaglia di stoccafisso risulterà ancora ben presente, assediata da ridotti brandelli di patata, il tutto punteggiato di prezzemolo e inframmezzato da stille di noci e pinoli, con la netta separazione dei gusti, espressi da ogni ingrediente per proprio conto; prevedibilmente non soffocati da soverchiante succo di limone, ma valorizzati dal deciso "bouquet" sprigionato da abbondante olio di "rugliu", invariabilmente estratto da olive di qualità "taggiasca", maturate sulle alture del secondo entroterra, nella Zona Intemelia costiera. A Levante di questa nostra Zona Intemelia si sono già dati da fare per aprire DE.CO. al brandacujun, quello di derivazione regionale, che non ha nulla a che vedere con la primigenia genesi provenzale che distingue il "nostro" manicaretto. Quindi, diventa immediatamente necessario provvedere ad una nostra DE.CO., che ne tuteli l'indubbia originalità.

        Per ulteriori informazioni si rimanda al numero 16 del 2010 di "Intemelion", quaderno annuale di studi storici dell'Academia Ventemigliusa, dove è contenuta la ricerca "Stucafisciu â brandacugliun, il maschio manicaretto, originario della Liguria Intemelia costiera".

                                         LA VOCE INTEMELIA anno LXXII n. 9  - settembre 2017

 

 

… E LO CHIAMANO “BRANDA” !

                                                                                      Luigino Maccario

      Abbiamo assistito a come, poco per volta, si è giunti a bistrattare la ricetta dello “Stucafisciu â Brandacugliun”, anche nella buona parte dell’indubitabile ristorazione locale, fino a farlo diventare un semplice composto per farcire tartine, usando come ingrediente di base il “baccalà”. Magari, evitando di aggiungere noci o pinoli, sia per economizzare che per sottrarsi alla loro omogeneizzazione nella pappetta voluta e ottenuta.

       Avendo loro fatto notare come non si trattasse più di “Brandacugliun”, ne’ tanto meno di “Stucafisciu”, caso mai, hanno deciso di presentarlo col generico nome di “branda”, qualche volta arrivando persino a chiamarlo “brandacujun”, alla levantina, ma evitando però di nominare l’inesistente stoccafisso, giustamente.

       Molti clienti non si ribellano a questa vera e propria frode “di ricetta”. Quindi dovremo assistere alla sparizione del gustoso manicaretto nostrano, a meno di non fornire alla esecuzione corretta il sostegno di una rispettabile, quanto inviolabile DE.CO. intemelia.

        Ma non avete mai fatto il raffronto gustativo tra un realistico “Brandacugliun” e una di quelle ignobili pappette di baccalà che vi presentano ?  Provateci; poi ne riparliamo !

                                                LA VOCE INTEMELIA anno LXXIII n. 7 – luglio 2018

 

 

 

    Un affollato incontro pubblico, nell’ambito del XVI CICLO DI CONFERENZE: “VENTIMIGLIA E IL SUO TERRITORIO DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI”, ha avuto luogo nel pomeriggio di sabato 28 novembre 2009, nella “Sala polivalente Emilio Azaretti” del Civico Museo Archeologico “Girolamo Rossi”, Ridotta dell’Annunziata; trattando l’argomento: “Lo “impertinente” brandacujun e altre leccornie ventimigliesi”.

    Al termine, gli intervenuti hanno potuto gustare la ricetta “brandata”, che per evitare gli ingombranti accessori, quali piattino e forchettina di plastica, era stata introdotta in apposite bignole tiepide, a cura del Ristorante DOPOLAVORO FERROVIARIO, per l’inventiva dell’ottima Maria.

 

INTEMELION