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Ponte ferroviario per la Francia  

    All’avvio della Zona Franca Urbana, Ventimiglia richiama alla memoria la vicenda della Zona Franca Intemelia, proposta da Emilio Azaretti nel 1946, al termine della Seconda Guerra Mondiale, a favore di un territorio completamente distrutto. La Voce Intemelia, oggi mensile di informazione a difesa degli interessi locali; è stata proprio il foglio ufficiale della Unione Democratica Federalista Intemelia, che era allora l’associazione predisposta per perorare l’attuazione della proposta.

 

LA ZONA FRANCA INTEMELIA

                                                                                                         L.M.

    A fine maggio del 1945, da poco conclusa la Seconda Guerra Mondiale, Ventimiglia era occupata dalle truppe franco-senegalesi; intanto che la politica ed i militari francesi cercavano di annettersi l’intera Valle Roia, fino a Piani di Borghetto. Approfittando di questa momentanea extra territorialità, il dottor Emilio Azaretti lanciava l’idea della costituzione di una “Zona Franca intemelia”, che avrebbe dovuto ricostruire, almeno dal punto di vista economico-doganale, l’entità dell’antica Contea.

    Per raggiungere questo scopo, Azaretti fondò “L’Unione Democratica Federalista della Liguria Intemelia”, associazione che aveva il proprio organo d’informazione nel giornale locale “LA VOCE INTEMELIA”; quindi, a fine ottobre a Roma, il Sindaco Scullino pare abbia portato a termine, in valori assai ridotti, quello che era stato uno dei sogni lungimiranti, proposti dal nostro fondatore.

    Azaretti sognava una Zona Franca che rigenerasse l’esausta economia locale, legata però a tutto l’entroterra, compreso quello passato alla Francia. Le politiche d’allora, in coda ad un conflitto fratricida, non riuscirono a portare a buon fine l’idea, lasciando la nostra città, compresa la zona d’influenza rimasta italiana, in mano ad una politica extra territoriale che la portò a diventare la “zona più meridionale della Liguria”.

                        Ponte Roia

    Non per niente, oggi, Ventimiglia si trova a beneficiare dell’accordo per le Zone Franche Urbane, con altri ventidue comuni meridionali; con l’intento di favorire lo sviluppo economico e sociale di aree depresse, sperando nella creazione di nuovi posti di lavoro; o meglio per la conservazione dei posti di lavoro che ci apprestiamo a perdere in Monaco Principato.

    Ben venga dunque la Zona Franca Urbana, siglata il 28 ottobre, a Roma, dalla delegazione presieduta dal sindaco Gaetano Scullino e composta da: Marco Prestileo, Achille Maccapani, Tito Giro, il Presidente Giuseppe Campagna e dai consiglieri: Franco Ventrella, Roberto D’Andrea, Maurizio Rea, Gianni Ascheri, Filippo Maria Bistolfi e Mauro Merlenghi.

 

                                     Stazione ferroviaria                                                            Via Giovanni Ruffini

    L’interessamento alla pratica da parte del ministro Claudio Scaiola, non ha fatto altro che stemperare gli interventi non sempre positivi dei governi della Prima Repubblica, a cominciare dagli Anni Cinquanta; intanto oggi, il Sindaco Scullino può dichiarare: “Il Governo centrale ha riconosciuto quanto fosse importante per noi, un’opportunità del genere. Ora ci mettiamo a disposizione di quanti vorranno investire nella nostra città, portando competenza e lavoro. Ci sono già centinaia d’imprenditori pronti a sfruttare la nostra “Zona Franca”. Nei prossimi due mesi, fino alla fine dell’anno, lavoreremo ai preparativi per essere pronti a soddisfare le esigenze delle aziende dal primo gennaio”.

    Dopo sessant’anni di politiche filo-sanremesi e filo-imperiesi, una “Città Martire” quale è stata Ventimiglia, meritava persino di più d’un ordinario tampone.

                                                                                                LA VOCE INTEMELIA anno XXIV  n° 11  -  novembre 2009

                                       Sottostazione elettrica ferroviaria                                                                                  Ferrovia Blocco est

 

LETTERA APERTA AD ALCIDE DE GASPERI

                                                                                                     Sabato 12 gennaio 1946

Signor Presidente,

    In questo momento in cui l’A. M. G. riconsegna i nostri paesi al Governo da Lei presieduto, riteniamo che sia giunta l’ora di rivolgerci solennemente a Lei per parlarLe in modo franco e leale della tragica situazione in cui si trova la nostra regione e del vergognoso abbandono in cui è stata fin’ora lasciata dalle nostre autorità.

    Desideriamo parlarLe in modo franco e leale, perché Lei conosce meglio di noi le conseguenze che un tale abbandono può produrre sul nostro avvenire.

    Noi eravamo abbandonati e tenuti in disparte dal fascismo, perché eravamo sempre stati antifascisti e non avevamo dato al regime alcuna collaborazione.

    Ma se potemmo capire e sopportare la rappresaglia di un governo tirannico, non possiamo capire e sopportare la noncuranza di quello che dovrebbe essere un Governo nostro.

    Alla liberazione, come lei sa, gran parte della Liguria Intemelia fu occupata dalle truppe francesi.

    Problemi immensi, in gran parte ancora insoluti, incombevano sulla regione.

    Le comunicazioni praticamente inesistenti, le ferrovie inservibili, la strada litoranea e quelle di Val Roia, Val Nervia e Vallecrosia rese impraticabili dalla distruzione di gran parte dei ponti e dei terrapieni. La città di Ventìmiglia, le sue frazioni, i comuni di Olivetta, di Airole e di Piani di Camporosso col 95% degli edifici, compresi quelli dei cimiteri, distrutti in parte o completamente. L’acqua, la luce, il gas, le fognature, i telefoni, i telegrafi, gli uffici pubblici e l’ospedale inservibili. Le strade cittadine ingombre di macerie. Le spiagge, le campagne, le case ed i sentieri seminati dì mine che ancor oggi mietono sempre nuove vittime. Le botteghe ed i magazzini annonari vuoti.

    Ed in più una popolazione decimata dai bombardamenti, dagli stenti e dalle malattie. Immiseriti dai furti dei tedeschi e dei fascisti e da ben tre sfollamenti subiti nel corso di questa guerra, con i suoi averi ridotti a meno del venti per cento della media prebellica.

    Che cose hanno fatto le autorità italiane per aiutarci ? Hanno immediatamente impedita l’entrata dei rifornimenti alimentari e dei materiali per la ricostruzione nella nostra zona. Hanno ritardato di mesi la rimessa in funzione degli impianti di pubblica utilità che, come quelli dell’energia elettrica, del telegrafo e delle ferrovie, dipendevano direttamente o indirettamente da loro. Ed hanno pianto lacrime di coccodrillo sulla povera Ventimiglia strappata dalle broccia della patria, fatte eco dalla stampa vicina e lontana.

    E così abbiamo avuto soltanto dai francesi i primi e più necessari aiuti. Sotto la guida del Col. Romanetti, un gentiluomo ed un sincero amico dei nostri paesi, le principali strade furono provvisoriamente riattate e le macerie allontanate.

    Si cercò di rimettere in funzione alla meglio i pubblici servizi ed i francesi, che certo non nuotavano nella abbondanza, divisero cavallerescamente con noi i loro rifornimenti.

    Poi il 12 luglio i francesi partirono.

    La nostra regione tornò in grembo alla patria, si asciugarono come per incanto le lacrime sulle sorti della povera Ventimiglia e, perdoni signor Presidente l’espressione volgare, siamo ridiventati i figli di nessuno.

    Che cosa è stato fatto in sei mesi ?

    Nulla o quasi nulla si è fatto per sistemare le sommarie riparazioni eseguite dai francesi alle strade, cosicché, com’era prevedibile, le piogge invernali hanno nuovamente ridotto le comunicazioni in Val Roia, in Val Nervia ed in Vallecrosia a quelle che erano il giorno della liberazione.

    Nulla o quasi nulla si è fatto per dare alla popolazione il mezzo di intraprendere l’opera di ricostruzione. Perché non si può seriamente pretendere che una regione, che ha il 95 per cento degli edifici colpiti e la popolazione ridotta alla miseria, possa ricostruire con la legislazione ordinaria esistente. Anche se le liste dei prezzi del Comitato Comunale per le riparazioni Edilizie, non fossero state respinte più volte dal Genio Civile di Imperia ed approvate soltanto dopo molte riduzioni e disquisizioni bizantine il 12 ottobre, di modo che a tutt’oggi non si è ancora erogato un soldo di contributo. Anche se la promessa di distribuire 300.000 tegole in conto riparazioni entro il 15 dicembre e che si ridussero a tutt’oggi a 70.000, non avessero seriamente intralciata l’iniziativa privata invece di aiutarla.

    E anche se complicazioni ed ostruzionismi burocratici di ogni genere, non cercassero di snervare la tenace volontà di lavoro del nostro popolo.

    Nulla o quasi nulla si è fatto per la ricostruzione dei pubblici servizi, se si esclude la ricostruzione delle carceri mandamentali di Ventimiglia eseguita, contro la volontà del popolo, nella storica sede di una biblioteca cittadina. E siamo tutt’ora senza telefoni, senza gas, senza ospedale, con l’impianto d’acqua provvisorio eseguito dai francesi, con le tombe scoperchiate, ed i pubblici edifici sinistrati.

    E tutto questo nonostante che le amministrazioni locali, dotate del più alto spirito di sacrificio e di civismo, abbiano fatto e cacciano tutto il possibile per rendere le condizioni della popolazione meno disagiate.

    Ma non Le completeremmo questo quadro sommario, signor Presidente, se non Le accennassimo allo scherno che rappresenta per le nostre miserie la rinascita della bisca fascista di Sanremo.

    Sanremo ha vissuto, durante il lungo periodo della tirannia, un’età dell’oro, incensando il fascismo con gli applausi dei suoi Consiglieri Nazionali e dei corifei della sua bisca ed ha approfittato di questi suoi ingiusti privilegi per cercar di annientare con sacro egoismo, il turismo ed il commercio floreale di Ospedaletti, di Bordighera e di Ventimiglia.

    Ora credevamo che giustizia si dovesse fare anche in questo campo, che le concessioni di gioco dovessero essere destinate alle città umiliate dal fascismo e rovinate dalla guerra ed il loro provento dedicato a lenire le miserie dei derelitti e non ad impinguare le tasche di chi già aveva profittato.

    Avremmo ancora molte cose da dirle, Signor Presidente, ma ci accorgiamo che la nostra lettera è già troppo lunga e che, se l’allungassimo ancora, non potremmo più avere la ragionevole speranza che fosse letta interamente da Lei o per lo meno da uno dei suoi segretari.

    E per concludere Le diciamo quindi quello che noi chiediamo come un’atto di elementare giustizia verso le nostre popolazioni e come un indispensabile viatico alla sentinella avanzata.
    1) La costituzione ed in finanziamento da parte del nostro Governo di un Ente Autonomo per la ricostruzione della Liguria Intemelia, con sede in Ventimiglia in seno al quale siano rappresentati i comuni interessati e che assuma in proprio la ricostruzione, secondo un piano regolatore prestabilito.

    2) Il rilascio a tale Ente Autonomo di una concessione trentennale di gioco, con l’obbligo di destinare i proventi oltre che alla ricostruzione, anche all’attrezzatura ed allo sviluppo turistico della regione intemelia.

    3) Che, fino a quando questa concessione non sarà entrata in fase di sfruttamento, e qualora nel frattempo si giochi a Sanremo anche se in forma provvisoria, si faccia obbligo al Casinò di quella città di versare il 70 per cento dei suoi proventi all’Ente Autonomo per la ricostruzione della Liguria Intemelia.

    Memori delle disillusioni passate, non Le avremmo scritto, se non condividessimo pienamente la fiducia che ripone oggi in Lei la grande maggioranza degli italiani e degli stranieri che sono in relazione con l’Italia. E prima di presentarle i nostri sinceri e doverosi ossequi, vogliamo ancora informarla che a Breglio e negli altri comuni del cuneo francese di Val Roia, si sta lavorando molto, molto seriamente alla ricostruzione.

                                                                                                          LA DIREZIONE

                                                                                                            LA VOCE INTEMELIA anno I n°1  - gennaio 1946

 

    Nei primi giorni del maggio 2013, la Regione Liguria ha riproposto la volontà di realizzare una Zona Franca Urbana a Ventimiglia, sulla falsariga del progetto varato nell'estate del 2008; al fine di rilanciare la città, sempre inserita nel gruppo di altre ventidue località liguri che dovrebbero beneficiare della richiesta presentata al Governo Letta.