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RESTAURI E RITROVAMENTI A VENTIMIGLIA

SAN  MICHELE IN AURIVEU

DOPO IL RESTAURO DEL 1950

Prof. Nino Lamboglia

    Il famoso documento apocrifo dell’anno 954, che sta alla base della storia del Comitato di Ventimiglia, ci da la prima notizia della ecclesia Sancti Michaelis extra mœnia civitatis Vintimilii, che forma ancor oggi uno degli elementi più caratteristici del paesaggio e della topografia monumentale della vecchia Ventimiglia. sull’alto dello « Scoglio».1

    Le sue vicende storiche sono state delineate con ogni possibile ricchezza di particolari da Girolamo Rossi in un apposito capitolo della ancora inedita «Storia dei Conti di Ventimiglia», che abbiamo recentemente pubblicato.2 chiesa prediletta e gentilizia dei Conti di Ventimiglia, essa fu concessa nel 1041 ai Monaci benedettini dell’isola di Lerino, i quali, insieme col feudo di Seborga, ne fecero un caposaldo della loro influenza monastica nel contado di Ventimiglia, con un priorato che sopravvisse sino al 1729, quando venne alienato a favore del Re di Sardegna. Il lavoro del Cais di Pierlas, pubblicato nel 1884, integra quello del Rossi e ci da una completa documentazione storica sulle vicende del monastero, la cui fine fu coinvolta in avvenimenti di più vasta portata, nelle relazioni fra Genova e i Savoia.

    La storia architettonica del monumento è invece ancora in parte da leggersi, e da porsi in relazione con la sua storia scritta,3 ciò è possibile soltanto ora. dopo che un programma radicale di restauri è stato attuato dalla Soprintendenza ai Monumenti della Liguria, sotto gli auspici dell’arch. Carlo Ceschi, in parte in collaborazione col Genio Civile di Imperia, negli anni 1948, 1949 e 1950, in conseguenza dei danni di guerra.  Abbiamo atteso finora a pubblicarne i risultati, nella speranza che la stasi nell’opera di rivalutazione e di restauro dei monumenti di Ventimiglia alta, subentrata dal 1950 allo slancio di ricostruzione postbellica, avesse termine e consentisse di portare in fondo i lavori. Ma credo ormai preferibile e doveroso esporre, a distanza di otto anni i primi risultati raggiunti, che sono quelli sostanziali.

    La chiesa di San Michele si presenta intatta e preziosa, come testimonianza dell’architettura romanica della Liguria occidentale, soprattutto nella parte absidale rivolta verso il ripido pendio che si affaccia sul corso del Roia, e costruita sul vivo scoglio. All’esterno essa conserva intatto il giro dell’abside centrale, col suo coronamento di archetti intrecciati, e il campanile nudo e massiccio come una torre di difesa, ornato solo in alto da due monofore anziché dai consueti piani di bifore dell’architettura lombarda, il campanile occupa lo Spazio dell’abside laterale destra, mentre quella di sinistra, semicircolare, è crollata insieme con tutta la navatella, e se ne vede soltanto l’attacco che consente di ricostruirne idealmente e graficamente la pianta.

Abside prima del restauro                                                                            Abside dopo il restauro 1950

    All’interno l’abside centrale è egualmente conservata intatta, col suo suggestivo catino in pietra a vista; e sotto di essa è pure intatta la cripta, costruita con colonne di rimpiego provenienti da edifici romani: due pietre miliari, altri rocchi di colonna in porfido e in marmi preziosi. Le tre navate sono ridotte ad una sola, per il crollo totale di quella rivolta a nord, in seguito al terremoto del 1564, e parziale di quella sud, rimasta da allora inutilizzata e nei secoli posteriori coperta di varie sovrastrutture e vani di abitazione.

    Totalmente falsa è invece la facciata che fu oggetto, nel 1875, di una rudimentale opera di restauro, eseguita con l’ispirazione e la guida di Girolamo Rossi, da un capomastro locale.4  Inventato e costruito di sana pianta è pure il portale in pietra vista con le sue sculture di imitazione romanica, ritenuto da tutti fino a ieri autentico. Il disegno degli archetti intrecciati ripete pedissequamente quelli dell’abside, e le bifore sono inventate. In origine la facciata della chiesa era di una campata più avanti (vedi la pianta), crollata fin dal 1628 e quindi arretrata per creare l’attuale piazza, con aspetto completamente disadorno.

    Così essa figura in un pittoresco quadretto di una festa dell’Ottocento, esistente a Ventimiglia alta, e che abbiamo pubblicato, come documento vivo dell’epoca.

    La chiesa fu seriamente ma non irreparabilmente danneggiata in seguito ai bombardamenti dell’ultima guerra, che per fortuna colpirono solo le sovrastrutture moderne della navata sud e resero necessario il rifacimento del tetto. Affrontando, nel 1947, i primi restauri, si posero quindi il quesito e l’esigenza di analizzare a fondo la storia architettonica del monumento, di isolarne e di stonacarne tutte quelle parti che presentavano interesse al riguardo.

    Il lavoro preliminare di demolizione delle sovrastrutture della navata sud. addossate al campanile, mise in evidenza tutti i particolari costruttivi della navata stessa: non soltanto gli archi a pieno centro, i capitelli e i pilastri dell’originaria costruzione romanica, ma anche la base del campanile, che ha rivelato un’interessante serie di elementi nuovi. Dalla navata laterale, mediante un dislivello di m. 0,85 a cui doveva corrispondere una serie di gradini, si scendeva al piano del campanile e della cripta, cui dava accesso una porticina laterale di pura costruzione romanica. All’interno del campanile si accedeva, dalla navata, mediante una porta ad arco tondo quasi monumentale, sostenuto da mensole in aggetto: quella di sinistra sagomata a quarto di cerchio, quella di destra costituita di due parti, delle quali l’una. in pietra della Turbia, proviene certo da un monumento antico e l’altra, in pietra di puddinga come tutto il campanile, ne imita e ne riproduce fedelmente le sagome: interessante saggio di influenza classica sull’arte del secolo XII. Inoltre in questa parte più bassa della navata, da cui si scendeva alla cripta, esistono due sovra passaggi di età successiva, destinati evidentemente a mettere in diretta comunicazione col presbiterio e con l’altare i vani attigui del monastero scomparso.

    Il muro esterno della navata verso sud è conservato quasi in tutta la sua altezza, ma con un notevole strapiombo, che rende staticamente difficile il problema del ripristino del tetto; in esso si apre una porta originaria, assai interessante per il suo architrave romanico, su mensole a quarto di cerchio, e che pure doveva immettere ai vani del monastero. Fuori, a lato del campanile, si è scoperta e smurata una vasca in pietra della Turbia, forse un’antica urna cineraria, con fronte incorniciata e iscrizione abrasa.

Rimessa in funzione l'antica scaletta alla cripta

    La chiave per lo studio e la determinazione delle due fasi costruttive fondamentali del monumento è venuta però dalla cripta, le cui pareti e le cui volte erano state completamente intonacate nei secoli posteriori. La liberazione delle murature a vista ha messo in evidenza due distinte epoche di costruzione: quella che chiameremo proto-romanica, del secolo XI, tutta la pietra arenaria sbozzata, e quella tardo-romanica, tutta in pietra di puddinga. Queste due fasi hanno una netta corrispondenza all’esterno, dove si vede l’abside in pietra di puddinga. a grandi blocchi riquadrati, della fase tardo-romanica, poggiante su alcuni filari di quella precedente in blocchetti di arenaria, che ora le fanno da basamento sulla roccia. Si vede pure che l’abside minore della navata crollata, verso ovest, conserva inserito nella muratura della fase tardo-romanica in puddinga tutto l’attacco e l’inizio del semicerchio in arenaria, conglobato fino in alto nella ricostruzione tardo-romanica. Dal lato opposto l’abside minore, che pure doveva esistere, è stata sostituita dal campanile, tutto in puddinga e appartenente dunque, come l’abside centrale, alla fase tardo-romanica.

    La stessa differenziazione si è quindi facilmente osservata stonacando l’interno e i resti delle navate. Appartengono alla fase proto-romanica del secolo XI le due navate laterali, in gran parte crollate; la navata centrale fu invece ricostruita e rialzata nella fase tardo-romanica in pietra di puddinga, con una volta d’influenza gotico-provenzale, impostala su grandi contrafforti a semipilastri, con capitelli su cui poggiano le costolature della volta stessa. Questi contrafforti, per rendere staticamente indipendente la navata centrale da quelle laterali rimaste intatte nella struttura proto-romanica, furono fondati sulla viva roccia, e quelli in corrispondenza della cripta partono perciò dal livello di essa e ne hanno forato e trapassato la volta; cosicché anche sulle pareti interne della cripta si alternano e si sovrappongono le strutture proto-romaniche in arenaria e tardo-romaniche in puddinga. Con lo stesso accorgimento statico furono conservate in efficienza le arcate romaniche primitive, dividenti la navata centrale da quella laterale, sebbene non più esattamente simmetriche con gli intervalli fra i pilastri. Nei restauri è stato cosi possibile rimetterle in evidenza per intero: ciascuna arcata è retta da semicolonne con capitelli cubici marmorei, che possono considerarsi come prototipi del romanico primitivo in questa parte della Liguria occidentale.

    Chiarita questa distinzione cronologica e strutturale di fondamentale importanza, eliminati gradualmente tutti gli intonaci interni ed esterni della chiesa, demolite le sovrastrutture, e stato possibile interpretare il monumento in tutti i suoi particolari e darvi una sistemazione di restauro adeguata e coerente. Possiamo quindi ora fissare nei dettagli la descrizione delle varie parti del monumento come si presenta oggi, illustrando al tempo stesso la natura e il criterio dei restauri eseguiti.

Prima del restauro                                                                                   Dopo il restauro 1950

La cripta

    Come e noto, la cripta di San Michele, con le sue colonne romane di rimpiego 5 era considerata da molti come una chiesetta di età longobardo-franca, anteriore al resto della chiesa e utilizzata poi come cripta. Questa ipotesi e caduta da sola dopo lo scrostamento delle pareti: le voltine a crociera che si dipartono ad arco tondo da ciascun capitello e che sorreggono il pavimento del presbiterio fanno corpo con la costruzione della chiesa proto-romanica; esse sono del sec. XI e tolto l’intonaco bianchissimo che le deturpava, si vedono ora con la calce originaria e danno all’ambiente un tono rustico e genuino. Sono costruite in modo simile le volte delle cripte romaniche del sec. XI conservate in ambiente ligure, ad esempio quelle di Perti a Finale e quella di S. Paragorio a Noli, e quelle più numerose del romanico provenzale e catalano.

NOTE:

1)  II documento è pubblicato e discusso in E. Cais di Pierlas, I Conti di Ventimiglia, il Priorato di S. Michele ed il Principato di Seborga, Memoria documentata, in Miscellanea di Storia Italiana, N. S. VIII (1884). Sulla sua interpretazione storica è fondamentale il recente articolo di U. Formentini, Conti e Visconti di Luni e Conti di Ventimiglia, in questa rivista, N. S. VI (1951), pp. 1-5.

2)  Girolamo Rossi, Il Priorato di S. Michele di Ventimiglia e il Principato di Seborga, in questa rivista, IV (1949), pp. 44-49 e V (1950), pp. 30-34. Altre notizie più brevi il Rossi pubblicò nella Storia della Città di Ventimiglia, 2a ed., pp. 45, 336 e passim. Da non dimenticare F. A. Bono, I Benedettini ed il Priorato di S. Michele in Ventimiglia, Ricerche Storielle, Alba, 1921.

3)  L’unico tentativo di studio del monumento - a parte le descrizioni nelle numerose guide turistiche - è quello di R. De: Lespinasse e H. De Flamare, Les églises romanes de la région de Nice, in Bulletin de la Société Niçoise des Sciences Naturelles et Géographiques, II A, 1878, pp. 73-87, con una pianta sommaria e alcuni prospetti particolari.

4)  G. Rossi, Storia di Ventimiglia, 2a ed., p. 336. Ivi è detto testualmente:”La chiesa ... non segnava anno per anno che nuovi guasti; ne essendo state riparate le gravi offese arrecatele dal terremoto del 1564, la prima arcata precipitava nel 1628. Quale però è a noi pervenuto questo monumento del Medioevo è di tale importanza, da svegliare giustamente l’attenzione degli intelligenti; ne occorrendo ripetere qui, per quello che riguarda la parte artistica, quanto si è scritto, noterò essersi dallo scrivente, nella sua qualità di ispettore dei monumenti, concertati col capo mastro Muratore Dionisio, priore della confraternita di N. D. del Carmine dalla quale è officiata la chiesa, il disegno della facciata e i restauri necessari per impedire un’imminente rovina; ed essere stati da questo abilmente eseguiti nel 1885”. Il Rossi seguì probabilmente i consigli dell’arch. Arborio Mella, che dieci anni prima aveva restaurato la Cattedrale di Ventimiglia.

5)  Fila di destra: Una pietra miliare di Caracalla DXC, con la stessa cifra dell’altra di Augusto usata come acquasantiera; .... I capitelli sono tutti lavorati ex novo, ma. di dimensioni e materiali diversi.

ESTRATTO da R.S.L. - I.I.S.L. Bordighera 1958

 

 

ORIENTAMENTO  SACRALE

delle Chiese Romaniche Intemelie

di Luigino Maccario

    Tra gli antichi monumenti che caratterizzano lo “Scögliu”, il centro medievale ventimigliese, ci sono due chiese di fattura romanica, edificate entrambe attorno all’XI secolo, che mostrano un orientamento sacrale molto dissimile, pur rispettando le consuetudini del tempo.

    I costruttori d’allora erano molto attenti ad orientare i luoghi sacri con l’abside rivolta ad Oriente, verso un’ideale Gerusalemme; ma soprattutto a ricevere il levare mattutino del sole. Nel corso dell’anno, il levar del sole varia dal Nord-Est del Solstizio estivo, al Sud-Est del Solstizio invernale; col levare all’Est mediano degli Equinozi.

    Delle due chiese ventimigliesi, quella sul poggio della Coleta, San Michele è rivolto al Solstizio estivo, mentre quasi protesa verso il Cavu, N.S. Assunta, la Cattedrale è rivolta al percorso del Solstizio invernale, con il centro dell’abside al mezzogiorno di quel periodo, quando il raggio solare entra dalla monofora centrale dell’abside principale.

    Quell’orientamento pone la monofora d’oriente rivolta al sorgere di fine anno, che è allineato col sito di Gerusalemme; mentre la monofora d’occidente sarebbe in grado di ricevere il raggio del tramonto dall’Esterel, allineata com’è alle alture dell’Atlante.

    Altre chiese ponentine sono sottoposte al percorso solare solstiziale estivo; come la chiesa cattedrale di Albenga, dedicata a San Michele, che tiene identico allineamento col San Michele ventimigliese, così come lo fanno San Michele a Pigna, San Michele a Dolcedo e N.D. del Poggio a Grasse; lungo una linea geografica del percorso solare apparente, sulla costa ligure e in Provenza.

    Rivolti verso il percorso al Sostizio invernale, come la Cattedrale di Ventimiglia, con differenti gradi d’angolo, sono San Michele di Mentone, San Michele di Tenda, San Siro di Sanremo, San Peiru di Camporosso, e San Rocco di Vallecrosia.

 

Festa sulla Colletta di fronte a San Michele - fine Settecento