Ancöi l'è e i sun e ure
Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

 

 

PRESENTAZIONE

    Esattamente due secoli fa, giungeva a Ventimiglia l’onda lunga della Rivoluzione francese, destinata a provocare profondi mutamenti politici, sociali ed economici nella nostra Città e nel Distretto del Roia di cui essa assumeva la funzione di capoluogo.

    Un territorio che tornava ad essere quello della Magnifica Comunità, quale si configurava prima della secessione degli “Otto Luoghi”, e sul quale ora Ventimiglia cominciava ad esercitare la sua giurisdizione amministrativa per decreto della Repubblica Ligure. La quale, pur nel travaglio rivoluzionario di quel periodo, non aveva potuto fare a meno di riconoscere a Ventimiglia, fra l’altro città capoluogo di diocesi, quell’importanza sempre rivestita durante i secoli della sua lunga storia.

    Le idee rivoluzionarie di “Libertà Eguaglianza”, giunte nel 1797, indussero a facili entusiasmi, subito tradotti in grandi manifestazioni popolari di euforia. La convinzione generale, assai diffusa, era quella che gli spagnoli usano chiamare lo nuevo es bueno. Ma l’idea che il nuovo fosse necessariamente buono cominciò ben presto a scontrarsi con la cruda realtà di tutti i giorni, fatta di eccessi, tumulti, violenze, requisizioni, spoliazioni e, in definitiva, distruzione di ricchezza.

    Gli aspri contrasti fra i vari poteri, e soprattutto fra coloro che li detenevano, paralizzando spesso la vita amministrativa, portarono ad una disastrosa crisi finanziaria. Per far fronte alla quale non restava che il ricorso all’inevitabile imposizione di nuovi gravosi tributi, fra i quali l’impopolarissima “tassa sulle finestre”.

    Dopo l’invasione piemontese del giugno 1798 e l’aggravarsi della crisi economica, da Genova, il governo della Repubblica Ligure procede ad una ristrutturazione amministrativa del territorio, riducendo i distretti da 28 a 20. Ed è così che Ventimiglia perde, a favore di Sanremo, il suo effimero ruolo di capoluogo.

    Come l’autrice, Marisa Amalberti De Vincenti, dimostra in questa sua scrupolosa ricerca, corredata da numerosi documenti inediti d’archivio, il passaggio fra il vecchio e il nuovo regime avvenne a prezzo di un tormentoso travaglio che finì per lasciare delusi anche i più accesi rivoluzionari della prima ora.

    In questo senso, la vicenda ventimigliese di duecento anni fa può essere vista anche alla luce di quell’indirizzo revisionistico che caratterizzò una parte almeno delle celebrazioni per il Bicentenario della Rivoluzione francese, svoltesi nel 1989.

    Ma, a parte questo aspetto, sul quale - come dice l’autrice – ogni lettore potrà esprimere il proprio autonomo giudizio, merito principale della ricerca resta sempre quello di aver esplorato per la prima volta un periodo pressoché sconosciuto della storia di Ventimiglia, la cui divulgazione rientra fra gli scopi statutari della Cumpagnia d’i Ventemigliusi, che offrirà questo libro in omaggio ai suoi Soci con la tessera 1996.

    In ogni caso, anche ad operazioni limitate al campo locale, come questa, si addicono le parole del Manzoni, secondo il quale l’historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo.

Ventimiglia                                              Renzo VILLA                                                                           .

Console Rappresentante della “Cumpagnia d’i Ventemigliusi

 

PREMESSA

    La Repubblica Ligure fu a tutti gli effetti figlia della Rivoluzione Francese. Sospiro di libertà o ventata di follia, lasciamo ad altri l’arduo compito di darne un equo giudizio, la sua importanza storica è senz’alcun dubbio innegabile.

    Il suo nuovo ordinamento diede il definitivo colpo di grazia alle antiche caste privilegiate e spianò la strada all’affermarsi di un nuovo stato: la borghesia. Almeno in teoria, cercò di risvegliare in ogni individuo la consapevolezza del proprio valore sul piano umano e sociale.

    Purtroppo, come spesso avviene ad ogni cambiamento improvviso e repentino, non tutto si svolse in modo sereno e pacifico e pur senza arrivare agli eccessi, di cui si macchiò la Francia, la nostra storia dell’epoca è piena di avvenimenti più o meno turbolenti. Lo storico Girolamo Rossi non dedicò a quel periodo che poche pagine, forse preoccupato, come egli stesso ebbe a dire, di dover parlare di fatti e persone “troppo” a lui “vicini”.

    Ma, che cosa avvenne esattamente qui da noi in quegli anni ?

    Ventimiglia fu per circa undici mesi capoluogo del distretto del Roia col compito di dover amministrare, oltre che se stessa, altre undici “parrocchie”. Come provvide a questa sua nuova mansione ?

    Attraverso i documenti che si trovano presso l’Archivio di Stato della nostra città, ho cercato di rievocare la nuda cronaca di quei giorni, senza nulla aggiungere, ne inventare. Chi avrà la pazienza di leggere dirà se ne è valsa la pena.

 

L’AVVENTO  DELLA  REPUBBLICA  LIGURE

    Se il desiderio di libertà - che le notizie di quanto avveniva nella vicina Francia avevano risvegliato negli animi di alcuni nostri concittadini già all’inizio degli Anni Novanta 1 - era stato prontamente soffocato, quando nel maggio del 1797 scoppia a Genova la rivoluzione anche i Ventimigliesi si sentono finalmente liberi di inneggiare alle lusinghiere promesse di uguaglianza e fratellanza propagandate dal nuovo ordinamento.

    I cittadini ed i “particolari”, che per generazioni avevano sopportato vessazioni e soperchierie da parte dei magnifici, accolgono ora con entusiasmo le nuove idee e nell’esaltazione del momento e nell’eccitazione degli animi abbattono i busti che ornano la sala del parlamento e corrono ad atterrare o scalpellare gli stemmi gentilizi non meno sulle porte delle abitazioni che dentro le chiese e sulle stesse sepolture.2

    I quartieri della città vengono ribattezzati con nuovi nomi: la piazza si chiama Rigenerazione, l’oliveto è detto Temperanza, il borgo Amore e la piazza della Colletta Piazza di Marte. L’albero della libertà, sormontato dal berretto frigio, è piantato in piazza della Cattedrale e vi danzano attorno cittadini di ogni ceto sociale non esclusi i preti e le donne.3 Il 2 luglio, grande banchetto nella chiesa di S. Francesco, nel corso del quale anche quei magnifici e quei mèmbri del clero che avevano cercato di fraternizzare coi patrioti sono oggetti di scherno e di dileggio. Il 14 luglio, solenne celebrazione della festa nazionale con statua vivente della libertà impersonata - sempre a detta del Rossi - da una certa Margherita Boeti.

    Fra l’euforia generale, la situazione del momento concede inevitabilmente a molti l’opportunità di vendicare le patite offese, dando libero sfogo ad antichi odi e mai sopiti rancori.

    A Genova, intanto, instaurato il Governo Provvisorio della Repubblica Ligure si delibera che tutta quanta la regione venga divisa in ventotto distretti, ognuno dei quali sede di una amministrazione centrale.

    Ventimiglia è così scelta a capoluogo del distretto del Roia che comprende Airole, Bevera,4 Camporosso,5 Borghetto, Bordighera, la Penna, San Biagio, Sasso, Soldano, Vallebona e Vallecrosia, con un totale di poco più di diecimila abitanti. Dopo oltre un secolo di vita viene sciolta così la Magnifica Comunità degli Otto Luoghi.

    A organizzare il nostro distretto Genova invia, ai primi di agosto, il commissario Gaspare Saoli (o Sauli, come riportano alcuni documenti), il quale con la collaborazione di due cittadini ventimigliesi, il medico De Carli ed il negoziante Nicolo Abbo, nomina la prima Amministrazione Centrale del distretto del Roia. Ne vengono chiamati a far parte: Antonio Francesco Rossi, Gio Batta Rossi fu Saverio, Gio Batta Biamonti fu Bemardo, Bartolomeo Bonsignore e Domenico Biancheri.6 Ad amministrare la giustizia, secondo i nuovi statuti provvisori, sono eletti: Gio Batta Viale, giudice civile;7 l’avv. Pietro Antonio Aprosio, giudice criminale; il canonico Filippo Viale, giudice di pace. Per i comuni, già facenti parte della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi, vengono inoltre nominati i seguenti giudici di pace: Pietro Lanfredi, notaio per Camporosso; Giacomo Aprosio, notaio per la valle di San Biagio; Lorenzo Rossi per la valle del Borghetto; avv. Agostino Noaro per la valle di Bordighera e Carlo Antonio Trucchi per il luogo di Airole.

 

Odor di polvere e di scontento

    Il nuovo ordinamento non porta ne la tranquillità ne il benessere sperato e il primo anno della Repubblica Ligure è per il distretto del Roia un periodo piuttosto travagliato. Se da una parte coloro che rimpiangono gli antichi privilegi mal si rassegnano al nuovo stato democratico, dall’altra, passata l’euforia dei primi mesi, molti incominciano a rendersi conto che troppo spesso le belle parole “libertà, fratellanza e uguaglianza” diventano sinonimi di disordine e amoralità.8 Perplessità ed inquietudine amareggiano gli animi; in città aleggia un clima di timore e insicurezza. Apprendiamo, infatti, dalla lettura dei verbali che l’amministrazione centrale è piuttosto preoccupata nell’udire che il cittadino Gio Batta Chiarle ha nella sua casa tre rubbi di polvere da sparo che egli dice comprata da un genovese per rivenderla ... e dubitando che si trovi in molte botteghe di questa città una quantità di detta polvere, invita la municipalità a prendere sopra di ciò le misure più opportune a scanso di ogni disordine.

    Ma il caso non è unico ed un delatore informa che nel condotto dell’abitazione del cittadino Nicolo Olignani, posto sotto la Colla Bassa di questa città ve ne sono all’incirca dodici rubbi. Si intensifica la vigilanza, si susseguono gli interrogatori fatti sotto giuramento 9 e ad questi risulta che la polvere sarebbe dovuta servire per darci fuoco per offendere la città. Senza ricorrere, per quanto possibile, alle maniere forti e senza troppo reprimere, si incita la cittadinanza all’obbedienza verso il nuovo regime.

    La municipalità ha l’ordine di far levar i ferri della berlina e tortura apposte al Palazzo Nazionale, vergognosa testimonianza del vecchio stato aristocratico, ed anche di vigilare che si cantino le canzoni patriottiche 10 con proibire però che siano cantate in modo che possa disturbare la pubblica quiete senza individuare le persone o direttamente o indirettamente.

    Vengono nel frattempo abolite le gabelle del grano e del vino. La cultura non deve più essere appannaggio di soli pochi privilegiati ed i conventi che hanno biblioteche vengono esortati a metterle a disposizione della comune utilità e di affiggere in un cartello l’orario in cui resteranno aperte.11

    Si ha l’impressione che, almeno nei primi tempi, tutto venga fatto con mano guantata di velluto, quasi ad evitare violente reazioni ed incresciosi scontri.

 

Il  progetto  di  Costituzione

    La Commissione Legislativa nominata dal Governo 12 ha nel frattempo preparato un progetto di costituzione da mandare alle parrocchie di tutti i distretti per l’approvazione popolare. Con decreto del 23 agosto, la consultazione viene fissata per giovedì 14 settembre. Ma il clima non è dei più tranquilli; ovunque fra la popolazione serpeggiano malcontento e diffidenza. Le polemiche e le critiche, soprattutto a Genova, durante la stesura del documento costituzionale si estendono in breve tempo nelle varie zone del territorio ligure. Le nuove leggi che, a detta del presidente della Commissione Legislativa, Cottardo Solari, avrebbe dovuto rendere i Liguri più felici, fomentano, invece, l malumore e lasciano alquanto perplessi i benpensanti.

    Con l’abolizione delle classi dominanti, che per secoli avevano goduto di ogni sorta di privilegi, anche la Chiesa riceve ora un duro colpo. Proclamata la libertà di coscienza, la religione cattolica perde la sua posizione di religione protetta e viene declassata a livello di qualsiasi credo religioso.13

    I mèmbri del clero sono privati dei diritti di cittadino in quanto facenti parte di un ordine religioso (art. 23) ed esclusi dalle liste elettorali perché astretti a celibato (art. 48). (Questi articoli sono quelli del testo definitivo di Costituzione).

    Altro motivo d’inquietudine, gli articoli 398, 403, 404 - essi verranno poi soppressi per suggerimento dello stesso Napoleone - che, oltre a decretare proprietà dello Stato tutti i beni ecclesiastici (in caso di bisogno essi potrebbero essere destinati ad uso che non sia quello di servire alle spese del culto e al mantenimento dei sacerdoti), stabiliscono il distacco della Chiesa Genovese dalla Curia Romana.

    Sulla scia delle idee propugnate dalla Rivoluzione Francese, tramonta la figura del pater familias, capo e padrone del nucleo famigliare. Oltre all’abolizione del maggiorascato, questione che tra l’altro non tocca la massa del popolo contadino e nullatenente, ciò che più preoccupa le famiglie è l’eccesso di libertà che sembra emanare da ogni rigo del progetto costituzionale e la cui interpretazione potrebbe favorire il libertinaggio.

    E tutto un capovolgimento di princìpi che molti non riescono a capire ne tanto meno ad accettare. Ovunque, oltre allo scontento, si diffonde ora una aperta disapprovazione.

    Da noi l’episodio di monsignor Domenico Maria Clavarini, vescovo di Ventimiglia, destituito dalla sua carica per essersi rifiutato di scrivere una lettera pastorale atta a calmare le inquietudini dei timorosi e degli ignoranti sui nuovi articoli della costituzione che si riferiscono alla religione, non è certo un fatto isolato anche se il più eclatante di tutto l’anno 1797.14

    Lo stesso Gio Batta Clavarini, nipote del suddetto vescovo viene denunciato dal cittadino Sebastiano Gibelli fu Pietro per aver sparlato del governo democratico il giorno 24 agosto al dopopranzo. Secondo le testimonianze di Agostino Pallanca, Diego Viale e Francesco Trucchi, egli avrebbe detto che «la democrazia non può andare avanti se tutti gli individui dello Stato non sono virtuosi e che lo proverebbe con vari autori che andava leggendo». La risposta di Sebastiano Gibelli a queste parole si commenta da sé: «gli autori che parlano dello stato democratico, che devono difenderlo e conservarlo sono: lo schioppo, la baionetta e la sciabola !».

    Battibecchi, dunque, litigi, diversità di opinioni che ad una prima lettura possono sembrare poca cosa, ma che ad un più attento esame rivelano lo stato di estrema tensione di quei giorni e l’animosità che avvelena gli animi di tutti.15

    Non molto dissimile la situazione a Bordighera, dove Patron Gio Batta Amalberti si fa lecito di subornare varie persone del basso popolo dicendo loro che la Costituzione, impedendo ai padri di castigare i propri figli ancorché facessero male non era cattolica, bensì contro Dio e che devono esser pronti a non accettarla. Anche il parroco di quella città, don Bartolomeo Morraglia, il 26 settembre viene dichiarato reo di aver calunniato il progetto di Costituzione con discorsi ed opinioni 16 e a tenor dei decreti del governo provvisorio, condannato alla pena di mesi tre di relegazione nella Fortezza di Savona.

    A Vallecrosia Pietro Lamberto di Francesco minaccia di dare un’archibugiata al capitano Paolo Aprosio se questi continua ad esortare il popolo ad accettare il progetto di costituzione e, a Vallebona, Marco Antonio Guglielmo di Luca sparla per tutte le contrade di detto luogo del nuovo ordinamento della Repubblica Ligure, istigando i paesani a rigettarlo perché contro la religione.

    Nel tentativo da calmare un po’ gli animi gli amministratori, a loro volta, incaricano i sacerdoti delle varie cittadine di spiegare alla popolazione il tanto discusso progetto nel suo vero senso, ma, mentre i parroci di Camporosso, Giuseppe Rossi, di Bordighera, Giuseppe Ballauco e Vallebona, Gio Batta Guglielmi, assicurano che faranno in ciò ogni loro sforzo, il cittadino provicario Filippo Viale ed il parroco di Vallecrosia rispondono di non volersi ingerire in quello che riguarda il politico e in quanto riguarda la, religione cattolica, che occorrendo la spiegheranno come la sentono.

    Il governo centrale, che già aveva rinviato le votazioni del 14 settembre, preoccupato per tutti questi fatti di netto sapore antirivoluzionario, manda a Ventimiglia due commissari, l’ex-prete Sebastiano Biagini 17 e il prete Tommaso Repetto, incaricati di provvedere in merito. Questi procedono senza indugio al fermo del parroco Morraglia, di Gio Batta Clavarini, dei giudici Filippo Viale e P. Antonio Aprosio 18 e a deporre dalla carica l’anziano vescovo.

    I metodi repressivi adottati non tardano però a dispiacere al governo stesso che richiamerà tosto a Genova i due commissari.

 

La Forza Armata 19

 

TRUPPA ASSOLDATA

     In base alle nuove disposizioni, si sta intanto organizzando la truppa assoldata  che deve rimpiazzare la guarnigione di stanza un città 20 e vengono eletti gli ufficiali delle varie compagnie che, a loro volta, procedono alla scelta dei loro sergenti e caporali, le cui nomine saranno poi approvate dai mèmbri dell’Amministrazione Centrale.

    Sul libro pubblicato seguono i nomi di tutti gli ufficiali e sottufficiali delle sette compagnie, ingaggiate a Ventimiglia

 

GUARDIA NAZIONALE

    Contemporaneamente, a seguito d’istruzione verbale dei commissari genovesi Biagini e Repetto, si va formando la Guardia Nazionale che come cita l’art. 266 della Costituzione della Repubblica Ligure, e «composta di tutti i Cittadini e figli di Cittadini in istato di portare le armi». L’arruolamento è implicitamente obbligatorio,21 per cui ogni comune ha il compito di trasmettere al più presto il ruolo di tutti i suoi cittadini maschi abili a portare le armi dai 17 ai 60 anni. Si fa inoltre invito ai parroci dei vari comuni di predicare che la Guardia Nazionale ad altro non deve servire che per l’intema tranquillità della Repubblica e per la difesa dalle aggressioni in caso d’urgenza.

    Si chiedono a Genova le armi da dare in dotazione, ma il mantenimento e le paghe sono a carico del rispettivo distretto. E poiché a detta degli amministratori la spesa che porta la guardia di tre posti della città è ragguardevole 22 l’amministrazione centrale delibera d’invitare la Guardia Nazionale a voler interinalmente guarnire detti posti gratis ... e liberare il distretto dalla quotidiana spesa.23

 

La Guardia Nazionale a Genova

    Nel mese di ottobre, per decreto del Governo Provvisorio, il distretto ha il compito di scegliere 60 individui atti al servizio militare che dovranno recarsi a Genova a concorrere con gli altri cittadini alle guardie che esige la guarnigione della Centrale unitamente ad altri individui che sino in numero di 500 si staccheranno contemporaneamente dagli altri luoghi dello Stato.24

    Vengono estratti a sorte gli ufficiali che li accompagneranno. Il sorteggio viene fatto dai cittadini Gio Batta Rossi, Biamonti e Bonsignore, mèmbri dell’Amministrazione Centrale, ai piedi dell’albero della libertà che si trova davanti al Palazzo Nazionale. La sorte decide per il capitano Francesco Viale q. Domenico delle Torri, per il tenente Giuseppe Lupi q. Antonio di Vallebona ed il sottotenente Vittorio Porro q. Giuseppe di Ventimiglia.

    Poter far parte della guarnigione delle Guardie di stanza a Genova è senza dubbio per molti un ambito traguardo 25 e lo dimostrano due documenti dell’epoca. Il primo è una petizione dei cittadini Antonio Francesco Trucchi q. Emanuele, Emanuele Guglielmi q. Lorenzo e Antonio M.a Trucchi di Carlo, 26 i quali a nome di tutti gli ufficiali del luogo di Airole lamentano di non aver ricevuto copia della lettera che l’Amministrazione Centrale avrebbe dovuto inviare a tutte le municipalità del distretto per informarle della richiesta di sessanta guardie da inviare a Genova e chiedono spiegazione di detta omissione. La Municipalità si premura di rispondere che, lungi da lei l’intenzione di ledere i diritti della Guardia Nazionale di Aijrole, parte, di questo comune aveva fatto a suo tempo fare le grida di quanto contenuto nella lettera, credendo che questo sarebbe bastato.27

    L’altro documento è la risposta a sei portabandiera di Ventimiglia che chiedevano di essere ammessi a far parte dei sessanta volontari diretti a Genova. Poiché gli ufficiali ed i due sergenti sono per ora bastanti, l’Amministrazione Centrale propone di far menzione onorevole della premura che li suddetti dimostrano di servire la Patria e di sottoporre alla deliberazione se vi sia luogo in questa spedizione detti portabandiera.

    Il trasferimento dei volontari a Genova costerà in totale all’Amministrazione lire 120, in ragione di lire 10 il giorno per dodici giorni fra andata e ritorno, che saranno pagate al cittadino Agostino Viale, incaricato di effettuare il trasporto colle sue bestie.

 

I compiti degli Amministratori

    Supponendo di dover elencare per argomenti quanto fatto dagli amministratori del distretto del Roia nell’anno 1797, potremmo citare alla voce varie i preparativi per la giornata dell’ 11 novembre e l’esecuzione dei provvedimenti riguardanti i forestieri, i residenti all’estero e le loro proprietà, naturalmente oltre all’acquisto di numero 4000 coccarde nuovo modello fatte venire da Genova in mancanza - in loco - di fabbricanti delle stesse.27

    Leggiamo, infatti, nei verbali che «a scanso di disordini che i perturbatori della pubblica quiete potrebbero far succedere nella festa di San Martino da farsi da tutti i bravi patrioti e particolarmente dagli ufficiali della Guardia Nazionale, l’Amministrazione Centrale decreta: di “raddoppiare” le Guardie al Palazzo che serviranno anche alle porte della Chiesa Cattedrale, ove si celebrerà la gran Messa e che poi in numero di 6 con un caporale andranno ad assistere alla piantagione del nuovo albero da piantarsi in Piazza d’Armi con mantenervi ivi il buon ordine...» e che «una pattuglia di otto comuni ed un ufficiale muova in tempo di detta funzione per la città, facendo osservare sotto la responsabilità dell ‘ufficiale destinato per la stessa il buon ordine militare per la sicurezza in ogni posto». Per sorvegliare l’esecuzione di quanto su esposto viene incaricato il comandante della Guardia Nazionale del distretto.

    Anche per i rifugiati politici, che durante la rivoluzione francese avevano trovato da noi asilo sicuro,28 la vita torna a farsi difficile e in vista dei decreti emanati dal Governo francese continuano giungere inviti sottoscritti dal console Fedenath a scacciare dal distretto tutti gli emigrati francesi di qualunque sorta.29 Inoltre, dietro insistente richiesta del Comitato delle Finanze, le varie municipalità del distretto devono denunciare tutti i beni, esistenti nel loro territorio, di proprietà dei forestieri e dei cittadini liguri che da oltre tré anni dimorano fuori della Repubblica, poiché, in ottemperanza ai decreti del 25 agosto e 7 ottobre, detti proprietari sono tenuti al pagamento del 50% dell’annuale reddito sopra i suddetti beni.

 

Turbolento inizio del 1798

    I cambiamenti avvenuti coi Comizi Primari del 26 dicembre e colle elezioni del 4 gennaio, elezioni che segnano la sconfitta del partito estremista e la vittoria dei moderati,30 già si riscontrano nei primi verbali degli amministratori del distretto del Roia. Caratterizzano quel periodo tutta una serie di sostituzioni.

    Alessandro Galleani viene eletto dal popolo Comandante delle Forze Armate e, quando il 28 dicembre egli da le dimissioni da tale carica, la Centralità le ignora, non avendo la competenza di accettare ne quella di negare.

    In assenza di Sebastiano Gibelli, portato a Genova in seguito ai tafferugli successi il 26 dicembre, il citt. Antonio Galleani viene nominato Comandante Provvisorio dagli ufficiali di questa Guardia Nazionale. Anch’egli rassegna le dimissioni per a lui ben visti motivi con esibirsi a servire la patria in altra maniera e la sua petizione viene indirizzata al Commissario Gandolini, il quale a sua volta la inoltra al Direttorio Esecutivo. Nel frattempo il Gibelli ritornerà e quindi le dimissioni dalla carica temporanea verranno automaticamente accettate.

    In assenza dei cittadini tradotti nella capitale, si procede ai vari rimpiazzi. In vece di Gio Batta Viale, cancelliere del tribunale civile, si nomina il citt. Giacomo Aprosio. Il citt. Antonio Viale, copista presso la Centralità, viene sostituito da Gaetano Amalberti q. Nicolo e la carica di giudice criminale, già assegnata a Paolo Viale, è ora ricoperta da Giuseppe Ballaucco di Bordighera.31

    Vengono peraltro rimborsate lire 35.10, dovute al sergente dei gendarmi Gio Batta Brichetto e al comune Rambaldo per spese di trasporto dei detenuti a Genova, somma che era stata a suo tempo anticipata dal Cap.no Antonio Galleani q. Pasquale.

    La situazione non è delle più chiare e tranquille; se da una parte ci sono ancora i nostalgici che rimpiangono l’antico regime, dall’altra i giacobini più accesi fomentano il malumore, scontenti dei risultati delle recenti elezioni. Si chiede pertanto al Governo una sufficiente guarnigione di truppe di linea per poter far eseguire gli ordini del governo e sostenere l’amministrazione e nell’attesa, onde tenere costantemente difesa la città e alleggerire il compito dei volontari, si accetta l’offerta del Cap.no Comandante della Truppa Assoldata Gaulis di far ricoprire i posti di S. Francesco e Castello dai suoi soldati.

    Si delibera inoltre di far rimettere ai loro primitivi posti i cannoni della batteria del Capo e quella del Forte San Paolo che nelle fatali giornate del 27 dicembre e successive, allorché il Comitato di Polizia si eresse in Supremo Magistrato, erano stati girati verso il ponte per mire ostili verso quei di Camporosso ed Otto luoghi accorsi in aiuto ai patrioti.

    E un periodo di travaglio e di inquietudine e da ogni pagina delle relazioni amministrative trapelano dubbi e sospetti.

    Numerosi sono i frati, addetti alla cura delle anime delle diverse parrocchie del distretto, provenienti dal territorio della Repubblica Francese e si teme che non pochi siano quelli che, invece di mantenere la tanto necessaria tranquillità nei circondari a loro affidati, tentano di fomentare nuove discordie. Gli amministratori decidono di prendere le dovute informazioni e di mandare a chiamare i cappellani delle chiese di San Bartolomeo di Latte, di San Luigi delle Torri, di San Mauro della Mortola, degli Angeli Custodi delle Grimalde e dei Santi Pietro e Paolo del Trucco. La decisione viene in seguito sospesa fino all’arrivo del commissario Gandolini, richiamato urgentemente da Taggia.

    Si viene inoltre a sapere dal citt. Giovanni Ballestra q. Filippo che alle Torri si fabbricano cartucce in quantità. Il Ballestra asserisce di averne fatte circa 70 e di essere ancora in possesso di circa due libbre di polvere 32 per fame altre. Le cartucce, egli dice, gli sono state commissionate dai giovani del luogo, ma si sa che nella sola regione di Torri vi sono circa 50 uomini abilissimi nel maneggiare le armi ed altrettanti fucili a loro disposizione. Poiché, fatte le dovute indagini, non risulta che nelle vicinanze vi siano Barbetti, le armi potrebbero avere solo scopo offensivo.33 Quindi, come già accennato, si chiede al commissario Gandolini, partito per Taggia, di rientrare al più presto e si invita il comandante della Truppa di linea che qui si trova in distaccamento a invigilare al mantenimento della pubblica tranquillità. Il comandante, a sua volta, lamenta lo scarso numero di cartucce a sua disposizione, in quanto gli sono state trafugate dai soldati per ordine del Comitato di Polizia in seguito agli avvenimenti del 27 dicembre, giornata in cui anche i circa cinquanta fucili in deposito presso il citt. Sebastiano Gibelli erano stati requisiti.

    Se nella regione delle Torri non vi sono Barbetti, in compenso il citt. Giacomo Bianchero di Aijrole relaziona che in quelle vicinanze abbia intenzione di fermare la sua dimora il cosiddetto Contino, capo dei Barbetti, per cui la Municipalità viene invitata a prendere i dovuti provvedimenti per allontanare detto assassino e se nel caso arrestarlo.

 

NOTE:

  1) Nell’aprile del 1797, come scrive il Rossi, il passaggio nel nostro territorio del gen. Massena con diecimila uomini che risalivano il Nervia per prevenire le mosse austro-sarde e attaccare la fortezza di Saorgio, suscitò, infatti, qualche velleità di rivolta ed alcuni patrioti, subito dispersi, cercarono di piantare in città l’albero della libertà.

  2) GIROLAMO ROSSI, “Storia della città di Ventimiglia”, cap. 21.

  3) Il nuovo Governo aveva in effetti decretato la soppressione di tutti i titoli nobiliari e la conseguente rimozione delle corone e degli stemmi araldici che adornavano le chiese ed i palazzi. Onde, però, evitare inutili vandalismi, aveva affidato ai nobili stessi l’ingrato compito di provvedere in merito e di sopportarne le relative spese. Detto accorgimento, purtroppo, non bastò ad arginare la furia popolare che un po’ ovunque provocò disastri e danni irreparabili.

  4) Airole e Bevera diventeranno “Comuni” coll’approvazione della Costituzione alla fine del 1797 (art. 11). Nel 1803 Bevera chiederà di essere incorporata a Ventimiglia, causa troppo breve suo perimetro.

  5) Camporosso, quale comune del distretto del Roia, non viene menzionata dal Rossi ed è citata da Rostan con un punto interrogativo. Di detta cittadina, però, non solo si parla ripetutamente nei verbali delle sedute dell’amministrazione centrale, per cui possiamo senz’altro ritenere che dovesse fame parte, ma c’è anche l’approvazione di una lettera da inviarsi al Comitato di Corrispondenza Interna per lamentare la mancanza (ossia menzione) trovata nel progetto di Costituzione della popolazione del luogo di Camporosso, parte di questo distretto. Già dal 1794 facevano invece parte del dipartimento delle Alpi Marittime con capoluogo Nizza, il distretto di Mentone, il cantone di Perinaldo, i comuni di Perinaldo, Apricale, Pigna, Rocchetta, Isolabona, Dolceacqua e Seborga.

  6) II primo verbale delle sedute di amministrazione porta la data del 6 agosto. Le nomine dei mèmbri della prima Amministrazione Centrale erano avvenute il giorno prima.

  7) In una prima elezione del 5 agosto era stato eletto il cittadino prete Benedetto Rajneri. Nel 1797 non troviamo traccia di Luigi Noaro avv. citato dal Rossi e dal Rostan.

  8) È probabile inoltre che anche nel nostro distretto, come in altre parti della Repubblica Ligure, anche i ceti meno abbienti, smaltita la prima ubriacatura di democratizzazione e forse anche sobillati dai sacerdoti, si rammaricassero per la detronizzazione di quelle famiglie per le quali avevano sempre lavorato e che per generazioni erano state la loro unica fonte di sopravvivenza. È infatti storicamente accertato che a volere tutti questi cambiamenti non fosse stato tanto il popolo quanto la nascente borghesia.

  9) Abbiamo anche le deposizioni giurate (toccando le scritture) delle cittadine suor Adelaide Orengo e suor Elena Costanza Orengo che due mèmbri dell’amministrazione centrale erano andati ad interrogare nel monastero.

10) Detti canti, ci dicono gli storici, erano componimenti senza pretese, scritti per lo più da autori improvvisati, utilizzando la musica delle canzoni rivoluzionarie più in voga (La Carmagnola, il Ça Irà e La Marsigliese). Tema costante: la critica al passato regime aristocratico e l’esaltazione della libertà. In questo periodo, in cui l’immenso bisogno di esprimersi vede finalmente la sua realizzazione, questi ritornelli costituiscono uno straordinario mezzo di comunicazione e di propaganda destinato a quel vasto auditorio popolare che i libelli propagandistici non potrebbero forse raggiungere.

11) Già il 1° luglio a Genova la Municipalità, appena entrata in funzione, ordinava che i libri delle pubbliche biblioteche venissero dati in lettura a chiunque li chiedesse. All’epoca, la percentuale degli analfabeti era ovunque alquanto alta e non solo fra la classe contadina. All’inizio del XVIII secolo a Ventimiglia le scuole erano ancora a livello elementare e l’istruzione affidata ai Reverendi maestri delle Scuole Pie.

12) Facevano parte della commissione legislativa: Cottardo Solari, Giuseppe Laureri, Leonardo Benza, Filippo Busseti, Giuseppe Tommaso Cavagnaro, Sebastiano Biagini, Tommaso Langlade, l’abate Nicolò Mangini, Gian Battista Serra, fra Benedetto Solari, vescovo di Noli, Giambattista Rebecca.

13) L’art. 4 della Costituzione, infatti, sia nella prima stesura: «La Repubblica Ligure conserva la Cristiana Cattolica Religione e il di lei pubblico culto» che in quella riformata, a cui veniva aggiunto l’ambiguo aggettivo “intatta” (La Repubblica Ligure conserva intatta la Religione cattolica che professa da secoli) non garantiva alla Chiesa quella sacrale dignità, di cui aveva sempre goduto. Con l’art. 382, in cui si legge: «La Repubblica Ligure per gli effetti civili, politici ed economici non riconosce che i Poteri costituzionali, ne altre leggi fuori di quelle che emanano dal suo Corpo Legislativo. Queste leggi sono le stesse per tutti i Cittadini senza alcuna distinzione», come giustamente sottolinea Antonino Ronco nella sua opera “Storia della Repubblica Ligure 1797-1799”, il nuovo ordinamento si premurava di annullare ogni giurisdizione episcopale e con l’art. 384 aboliva tutte le dispense concesse fino ad allora la clero, compresa l’esenzione dal servizio militare.

14) Fallito il tentativo dei missionari patriottici che, per incarico del Governo avrebbero dovuto spiegare al popolo il vero significato degli articoli costituzionali, Genova aveva deciso di inviare nelle varie zone dei commissari col compito di sondare l’opinione pubblica sui motivi di malcontento e contemporaneamente faceva appello ai vescovi di tutte le diocesi perché, con una loro pastorale, invitassero la popolazione ad accettare la Costituzione.

15) Già ottuagenario e debole di salute il presule morirà prima di poter essere condotto al tribunale di Genova, a cui era stato deferito.

16) Secondo quanto risulta dai verbali, egli avrebbe sostenuto che la Costituzione era contro la religione perché non permetteva al padre di famiglia di correggere i propri figli allorché dessero in eresia e mangiassero carne nei giorni proibiti in sua presenza, e perché “quando passava il Sacro Viatico era permesso a chiunque di sparlare contro (di questo)».

17) Sebastiano Biagini (Lerici 1755 - Genova 1799) membro della prima commissione legislativa (giugno 1797) e moderatore del Circolo Costituzionale (1799) fu uno dei fondatori e redattori del giornale “Il Censore”. Acceso giacobino, fu assassinato con una pugnalata da Domenico Queirolo il 26 febbraio 1799 nel corso di una accesa discussione per il rinnovo di un terzo del Consiglio dei Sessanta. Verrà sepolto con ampi onori ed il Queirolo condannato alla pena di fucilazione.

18) In data 29 dicembre 1797, con una lettera al Governo Provvisorio, sottoscritta da 514 cittadini del comune di Ventimiglia, si chiederà la liberazione del giudice Pietro Aprosio, detenuto nel forte di Savona per sentenza dei commissari Repetto e Biagini.

19) In base all’art. 264 della Costituzione della Repubblica Ligure la Forza Armata si distingue in Guardia Nazionale ed in Truppa assoldata. «La Forza Armata è istituita per difendere lo Stato contro i nemici esterni e per assicurare nell’interno il mantenimento dell’ordine e l’esecuzione della Legge» (art. 262).

20) La Truppa assoldata si forma per arruolamento volontario ed in caso di bisogno nel modo che la Legge determina» (art. 277).

21) Art. 267 della Costituzione della Repubblica Ligure: «I Liguri che sono atti a portare le armi non possono esercitare i diritti di Cittadino, se non sono iscritti al ruolo della Guardia Nazionale».

22) Apprendiamo dal conto spese che quattro giorni di paga di dette guardie ammontano a L. 70.18.8.

23) A Genova, in un primo decreto riguardante la Guardia Nazionale e pubblicato sul primo numero della “Gazzetta Nazionale Genovese” il 17 giugno 1797, si invitavano tutti i cittadini che possono prestare senza paga il loro servigio alla Patria e singolarmente quelli che, benemeriti della stessa, componevano gli inaddietro Corpo Volontari ... a presentarsi alle rispettive parrocchie per essere organizzati in battaglioni. Ovviamente, data la gratuità del servizio, l’appello non aveva dato i risultati sperati. La Costituzione, quindi, estende ora a tutti i cittadini maschi atti a portare le armi il dovere di essere iscritti al ruolo della Guardia Nazionale, pena la perdita dei diritti di cittadino.

24) Articolo 72 della Costituzione della Repubblica Ligure: «Vi sarà presso il Corpo Legislativo una guardia di Cittadini presi dalla Guardia Nazionale sedentaria di tutte le giurisdizioni, e per ora di tutti i distretti, e scelti dai loro fratelli d’armi. Questa guardia non può essere minore di quattrocento cinquanta uomini in attività di servizio. Essa dipenderà interamente dal Corpo Legislativo, il quale determinerà il modo del suo servizio e la sua durata».

25) Senz’altro in virtù della paga di lire 1 assegnata ad ogni volontario.

26) Di questo documento non abbiamo l’originale, ma solo il verbale dell’Amministrazione Centrale che ne sintetizza il contenuto e la relativa risposta.

27) Porta la data 28 ottobre la petizione del popolo di Airole al Governo Provvisorio di Genova per potersi erigere a municipalità, staccandosi dal comune di Ventimiglia. Sappiamo solo, come risposta, che la petizione è stata presa in considerazione dal Governo.

28) Molti di questi emigrati risultavano residenti a Bordighera.

29) L’art. 367 della Costituzione: «Non vi sono luoghi immuni dalle esecuzioni della Giustizia nel territorio della Repubblica», negherà definitivamente il diritto di asilo politico a chiunque sia considerato nemico della Repubblica e delle nuove idee rivoluzionarie.

30) I cinque mèmbri del Direttorio, eletti a scrutinio segreto dal Corpo Legislativo sono: Luigi Corveto, Paolo Costa, Niccolo Littardi, Agostino Maglione e Giorgio Ambrogio Molfìno.

31) Anche il giudice Paolo Viale ritornerà al mese di marzo e riprenderà la sua carica, premurandosi di ringraziare Giuseppe Ballaucco per averla ricoperta in sua assenza per ben due mesi !

32) Il prezzo di detta polvere: soldi 40 la libbra.

33) I Barbetti erano bande di partigiani Savoiardi, a cui col tempo si erano uniti uomini di ogni risma, che si erano dati alla macchia e alla guerriglia, anche feroce, quando Nizza era stata incorporata alla Francia (1792). Essi infestavano già da tempo le nostre zone, rubando, sequestrando e compiendo anche assassini! ed erano quindi assai temuti dalla popolazione.

 

 

La Repubblica Ligure

CORPO LEGISLATIVO

Consiglio dei Sessanta Mèmbri (età minima trenta anni).

Ha il compito di proporre le leggi.

Consiglio dei Seniori, Trenta mèmbri (età minima 40 anni, vedovi o ammogliati).

Ha il compito di approvare o rigettare le leggi proposte dai Sessanta.

 

- Ogni anno si rinnova 1/3 dell’uno e dell’altro Consiglio. I mèmbri non possono essere rieletti se non dopo un intervallo di tre anni.

Essi vengono rinnovati per elezione.

Presso il Corpo Legislativo vi è una Guardia Nazionale sedentaria di tutte le giurisdizioni o distretti non minore di 450 uomini in attività di servizio.

- Ogni Consiglio ha un Presidente e un Segretario; la loro funzione non può durare più di un mese. I mèmbri del Consiglio Legislativo ricevono annualmente un indennizzo di lire 10 al giorno.

- Le proposte adottate dei Sessanta si chiamano deliberazioni; le deliberazioni approvate dai Seniori si chiamano leggi.

 

POTERE ESECUTIVO

Direttorio formato da cinque mèmbri eletti a scrutinio segreto dal Corpo Legislativo (età minima 40 anni, non astretti a celibato).

- Il Direttorio nomina un Presidente da rinnovarsi ogni due mesi.

- Il Direttorio è rinnovato per 1/5 ogni anno. I mèmbri non possono essere rieletti che dopo un intervallo di cinque anni.

- Il Direttorio vigila sull’esecuzione delle leggi e se ne assicura per mezzo dei suoi Commissari.

- Il Direttorio elegge, fuori dal suo seno, i Ministri (età minima 30 anni) che non devono essere più di cinque.  Questi avranno una indennità di lire 15.000 all’anno.

- Il Direttorio ha la sua Guardia personale, composta di cento uomini è pagata a spese della Repubblica.

- I mèmbri del Direttorio hanno una indennità di lire 20.000 e alloggiano nel Palazzo.

 

 

TITOLI DEI CAPITOLI NON INSERITI ONLINE

- Riforma e approvazione della Costituzione

- La famiglia Viale

- Dissapori e denunce

- Comizi primari

- Doni Patriottici e tassa sulle finestre

- Mancano i soldi

- Si requisiscono gli ori e gli argenti delle chiese

- La disfatta di Porto Maurizio

- Dal copialettere della Municipalità

- Conclusione

- Giudicatura di pace del cantone di Ventimiglia

- Dal libro dei verbali del Giudice criminale

- Appendice di Documenti

- Negli atti delle Cause criminali il volgare subentra al latino

- Proclama: Pulizia strade e conservazione Acque pubbliche

- Abolizione del titolo di “Signore”

- Sulla chiusura notturna delle osterie

- Denuncia: Francese maltrattato

- Due relazioni mediche

- Obbligo di portare la Coccarda Bicolore

- Requisizione di schioppi e cartucce

- Lettera al Direttorio

- Requisizione di argenti e ori alle Chiese

- Lettera all’Amministrazione Centrale riguardante alcuni oggetti d’argento lasciati alle Chiese

 

- Lettera al Direttorio ossia richiesta di poter tenere il busto di San Secondo e alcune reliquie

- Elenco dei Preziosi Requisiti

- Preziosi venduti ai particolari

- Altre somme introitate dai Centrali

- Decreto: Marcia dei volontari in aiuto di Langlade

- La disfatta di Porto Maurizio

- Dal copialettere della Comunità

- Giudicatura di pace del cantone di Ventimiglia

- Il libro dei verbali del Giudice criminale

 

CORPOSA APPENDICE DI DOCUMENTI

 

COSTITUZIONE  DELLA  REPUBBLICA  LIGURE  1797

 

    Il Popolo Ligure considerando, che il passato suo avvilimento è provenuto dall’essere stato soggetto ad un Governo aristocratico, ed ereditario, e dall’essersi separato in classi differenti, ha stabilito di non formare in avvenire, che una sola Famiglia coll’adottare una Costituzione fondata su i veri principj della Libertà, e dell’Eguaglianza; pertanto riconosce, e proclama solennemente al cospetto di Dio i seguenti principj.

 

S o v r a n i t à     d e l     P o p o l o

  1. La Sovranità è l’esercizio della volontà generale: risiede essenzialmente nel Popolo: è indivisibile, inalienabile, imprescrittibile.

 2. Nessuno individuo , nessuna porzione del Popolo, può attribuirsi, la Sovranità. Niuno può essere escluso, dal parteciparne, se non nei casi determinati dalla Legge per pubblica sicurezza.

 3. Nessuno, senza una delegazione formale, e-legittima del Popolo, può esercitare alcuna pubblica autorità .

 4. I pubblici Poteri non sono proprietà di quelli che gli esercitano. Ogni Cittadino può essere eletto all’esercizio dei pubblici Poteri, nei modi, e forme, e. con i requisiti prescritti dalla Legge.

 5. La Legge è l’espressione libera della volontà generale, per mezzo della pluralità de’ Cittadini, o de’ loro Rappresentanti.  E’ fondata sulla giustizia, e sul bene comune. Protegge la Libertà pubblica, e individuale contro ogni attacco, ed oppressione.

 6. Ciò che non è proibito dalla Legge, non può essere impedito. Nessuno può essere costretto a fare ciò, che la Legge non ordina.

 7. Gli atti esercitati contro chiunque si sia fuori de’ casi, e contro le forme, che la Legge determina, sono arbitrarj, e tirannici.

 

Diritti  dell’Uomo  in  Società

 1. Il fine della Società è la felicità comune.

Il Governo è instituito per assicurare all’Uomo il godimento dell’esercizio de’ suoi diritti.

 2. Questi sono: la Libertà, l’Eguaglianza, la Proprietà, la Sicurezza.

 3. La Libertà è la facoltà, che appartiene all’Uomo di fare tutto ciò, che non nuoce ai diritti degli Individui, e del Corpo Sociale.

 4. L’Eguaglianza consiste nel diritto, che ha .ciascun Cittadino di essere trattato ugualmente dalla Legge sia che essa punisca, sia che essa protegga: Non conosce potere ereditario, ne distinzione di nascita.

 5. La Proprietà è il diritto, che ha ciascuno di godere, e di disporre de’ suoi beni del frutto del suo lavoro, e della sua industria. La di lui persona è una proprietà inalienabile.

 6. La Sicurezza risulta dal concorso di tutta la Società per difendere i diritti d’ ogni suo Individuo.

 

Doveri  dell’Uomo  in  Società

 1. I diritti altrui sono il limite morale dei nostri, e il principio dei doveri: Si adempiono questi col rispettar quelli. il loro fondamento è in questa massima: Fa costantemente agli altri il bene, che vorresti riceverne: Non fare ad altri il male, che non vorresti fatto a te stesso.

 2. I doveri di ciascheduno Individuo verso la Società sono: l’ubbidienza alle Leggi, la difesa della Libertà, e dell’ Eguaglianza; la contribuzione alle spese pubbliche; il servigio della Patria, quando lo esige, anche col sacrifizio delle sostanze, e della vita.

 3. Chi viola apertamente le Leggi, chi cerca di eluderle, dichiara sé nemico della Società.

 4. Nessuno è buon Cittadino se non è buon Figlio, buon Padre, buon Fratello, buon Amico, buono Sposo.

La pratica dei doveri privati, e domestici è la base delle virtù pubbliche.