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Gianchete 1881

 

SEPOLTURE  A  VENTIMIGLIA

CAMPOSANTI  NELLA  STORIA

    Le sepolture più antiche, quelle paleolitiche ritrovate ai Balzi Rossi, sono tra le prime al mondo, poi le disseminate inumazioni nel periodo dei “castellieri”, fino all’accettazione dei costumi romani, con le tombe lungo la nervina “Via dei Sepolcri”, quella che era la strada verso l’Occaso; fino all’adeguamento col modello cristiano attorno alle chiese di città, per arrivare al Decreto napoleonico rivolto ai terreni periferici.

 

    A fine anno, nel 1868, i lavori di sterro per impiantare la sede dei binari, veniva scoperta e dissotterrata la prima parte della Via dei Sepolcri che accompagnava l’entrata nella antica Albintimilium, per il viaggiatore proveniente dalla Gallia; rispettando la tradizione romana che poneva i cimiteri lungo le strade rivolte all’Occidente, presunta sede del regno dei morti.

    Con l’avvento del Cristianesimo i morituri gradivano essere sepolti nelle vicinanze delle chiese, per essere vicino alle reliquie dei Santi. Dai primi secoli cristiani, sono molte le tombe rinvenute attorno alla chiesa di Santa Maria, in Nervia, cattedrale costruita sul terreno che aveva ricoperto il Foro e le Terme romane; ma con l’esodo della popolazione sul promontorio alla foce del Roia, i cimiteri si addensarono attorno alla chiesa longobarda dello “Scögliu”, o a quella romanica di San Michele.

    Sulle sepolture del Basso Medioevo si ha notizia il 15 maggio 1145, con la bolla di papa Eugenio III, riferentesi alla lunga ed agitata controversia tra i canonici della cattedrale ed i monaci di San Michele, per causa del cimitero. Vertenza ancora viva l’8 giugno 1182, giacché papa Lucio III, inviando privilegi al Capitolo, ordinava di non contrastare i funerali eseguiti dai canonici nella chiesa costruita entro il cimitero, presso San Michele.

    Il cimitero di San Michele venne messo in discussione nel 1656, quando una epidemia di peste che provocò, in Ventimiglia, duecentottantaquattro morti, spinse il vescovo Promontorio a pretendere che venisse trovato un sito, fuori le mura, onde poter provvedere all’emergenza. Il luogo venne trovato in località Bastida, presso le “barme”, dietro la chiesa di San Simeone.

    Superata l’emergenza seicentesca, si tornò a seppellire attorno alla chiese, site all’interno delle mura, fino all’avvento della morìa di “febbre” nel 1735. La moria era talmente diffusa, da provocare la saturazione delle arée cimiteriali; si scavarono dunque due fosse comuni, all’interno dell’Oratorio di San Giovanni, per sopperire alla esiguità dello spazio antistante lo stesso.

    Le due fosse stavano per essere colmate, a causa di una inumazione frettolosa e alla rinfusa; quando gli incaricati nella Confraternita della Buona Morte, i Gianchi; si estraniarono «non potendosi soffrire né reggere omninamente alla puzza, che non solo in loco Loci ma nelle vicinanze strade provoca chiunque a grandissima nausea».

    Il 12 febbraio 1735, i consiglieri Carlo Lorenzo Olignani, Domenico Maria Porro e Vittorio Porro, interessavano il vescovo Bacigalupi sul progredire della morìa, proponendo tre nuovi siti cimiteriali. «Stanti li pubblici schiamazzi che continuamente si sentono e si risentono per il fetore grande, che tramandano le sepolture ubicate ed erette col vs. caritatevole consentimento nell’Oratorio di San Giovanni, quali in oggi, attesa mortalità dei Spagnoli, si ritrovano piene e quasi costretta questa povera Città a non trovare più chi voglia sepellire e dar mano all’opera di misericordia».

    Tra un esiguo spazio in quartiere Lago e uno decentrato ai Due Cammini, il vescovo Bacigalupi, sceglieva la proposta dell’Olignani di aprire il cimitero in «loco idoneo e perenne» oltre il Roia «ove dicesi Bastia». Tornando in quel luogo usato nell’emergenza seicentesca, dopo alcuni secoli di funzio-namento si chiudeva per sempre il «Cœmeterium Sanctae Mariae apud Ecclesiam Cattedralis». Nel 1742, il cimitero alla Bastia è stato spostato verso Nord-Est di parecchi metri, giacché durante la Guerra di Successione Austriaca, un significativo tratto di terreno adibito a fosse era stato militarizzato con la costruzione di un fortilizio per postarvi una batteria di cannoni.

    Terminata quella guerra, il cimitero rioccupò i suoi spazi, quando nel 1821 ricevette persino un appropriato muro di cinta, completato però nel 1866, a causa del colera. Poi arrivò la ferrovia, che nel 1870 lo ha costretto al trasloco in località Gianchette. Già nei primi mesi del 1871, entrambe le fasi delle sepolture dietro il Cuventu erano state dissotterrate mentre i binari del treno avanzavano imperterriti, giacché il colera si presentò soltanto nel 1883, ma venne fermato in un lazzaretto, in quel di Latte.

    Marisa De Vincenti Amalberti, nelle sue proficue ricerche nell’Archivio di Stato di via Hanbury, ha ritrovato questa insolita notizia su “Cimiteri e colera”. La Giunta Comunale, il giorno 6 settembre 1866 «... nel caso che l’epidemia colerosa invadesse anche questa contrada», deliberava: «la costruzione di un muro di cinta nella parte superiore e in quella posta a Levante dell’antico cimitero e, accettando l’offerta del prezzo di Lire 7,50, fatta dal Maestro da Muro GioBattista Palmero, affida allo stesso la costruzione dell’anzidetto muro, che dovrà avere l’altezza di metri due e lo spessore di almeno 40 centimetri».

    Il 30 aprile 1871, i resti delle salme riesumate alla Bastia vennero sepolti in una gran fossa alla Gianchette e da quel giorno i funerali si dirigevano verso quel sito, intanto che gli operai della ferrovia livellavano il terreno alle falde di Siestro, dove l’anno appresso operava già una baracca in legno con funzione di stazione.

 Aprile 1871 - Si dà principio alla costruzione del nuovo Cimitero coll'acquisto de terreno dei fratelli Orengo. I fondi vengono forniti dall'Amministrazione delle strade ferrate che ci paga il vecchio cimitero colla somma di L. 50/m. (R° Decreto 30 marzo)

Girolamo Rossi    CRONACA VENTIMIGLIESE 1850-1914   -   Alzani 1989

 

                          Nuovi colombari Gianchete                                                           Monumentale di Latte              

I  CIMITERI  FRAZIONALI

    In aggiunta al Camposanto delle Gianchete, in frazione Roverino, che contiene anche le sepolture del capoluogo; nel Comune di Ventimiglia sono presenti dieci cimiteri frazionali, rivolti alle diciotto frazioni e ai trenta casali annessi.

Da circa metà Ottocento, sono forniti di camposanto gli abitati di:

Bevera-Varase: sito in località San Rocco.

Calvo-Serro-San Pancrazio: nei pressi della maestosa collegiata, sul poggio.

La Mortola-Ciotti-Grimaldi: a belvedere sul poggio soprastante la salita della Croce.

Latte: che ospita anche le sepolture delle frazioni e dei casali presenti nella bassa vallata Ruassu.

Sant’Antonio-San Lorenzo: sul crinale verso la Palmeira, oggi usato da Sant’Antonio soltanto.

Sealza: verso Çima d’i Sögli, in direzione Longoira.

Torri e Torri Superiori: ai piedi del poggio rivolto a Pian del Pozzo.

Trucco-Porre: lungo la Strada Statale Venti, in faccia a

Varase; sottostante il vecchio cimitero.

Verrandi: alla volta di Trinità, frazione di Camporosso, con la quale ne condivideva l’uso.

Villatella: sulla strada verso il Granmondo.

 

                       Panoramico ai Ciotti                                                                          Trucco sulla Statale 20

 

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Tempio Crematorio

in   Valle  Armea

 

 

 

         Il 21 ottobre 2022, presso Sanremo, in Valle Armea ha iniziato ad operare il Forno Crematorio dell’estremo Ponente ligure. Attesa per decenni, dalle famiglie di questo lembo estremo d’Italia, questa virtuosa realtà concede loro la possibilità di seguire localmente le esequie cremazioniste.

 

FORNO CREMATORIO di SANREMO