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Categoria: SECOLI DI STORIA
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 EVO  ANTICO  A  VENTIMIGLIA

L’incidenza Visigota

sull’Intemelio

    Nel 398, il sempre vigile Stilicone, valutando che la situazione in Italia esigeva la sua presenza, inviava in Africa, contro l’usurpatore Gildone, lo stesso suo fratello Mascezel, che era riparato alla corte di Milano. Anche Claudiano descrive la partenza della flotta da Pisa, nel suo “De bello Gildonico”. Dando notizia di come il reclutamento fosse avvenuto in Gallia ed in Liguria, parla anche di “ausiliari nerviani”.

    Nell’anno 399, l’imperatore bizantino Flavio Arcadio assoldava Alarico, re dei Visigoti, nominandolo magister militum dell’Illiria; ossia Governatore dell’Epiro, territorio che già occupava. Riarmatisi negli arsenali bizantini, nel 401, i Visigoti conquistarono  Aquileia e si prepararono ad attaccare Milano, dove viveva Onorio, imperatore d’Occidente.

      Nel 402, Stilicone sconfiggeva i Visigoti a Pollenzo, nel Basso Piemonte, poi confermando ad Alarico il titolo di magister militum, li rimandò in Epiro.

       Nel 403, i Visigoti tornarono ad assediando Verona, dove vennero sconfitti da Stilicone, che li costrinse nuovamente in Epiro, da dove si trasferirono tra il Norico e la Pannonia, per rimanervi fino al 23 agosto 408, giorno nel quale moriva Stilicone.

    Intanto, nel 407, dopo aver eletto ed ucciso Marco e Graziano, le legioni di Britannia eleggevano a Cesare il soldato Costantino. Questi, sbarcando a Boulogne, riconquistava la Gallia, fino a Vienne. Qui veniva attaccato dal goto Saro, inviato da Stilicone, che temeva per la corte di Ravenna. Dopo sette giorni. di inutile assedio, l’esercito imperiale in ritirata, dovette comprare un passaggio sicuro attraverso le Alpi, dai locali Bagaudi.

    Con l’imperatore Onorio trincerato in Ravenna, il 24 agosto del 410, per la terza volta, i Visigoti saccheggiarono Roma, per tre giorni. Carichi di bottino, dopo essere scesi in Calabria, dove Alarico moriva, volsero sulla strada verso la Gallia, dove entrarono nella primavera del 412, attraversando il Colle del Monginevro.

    In quel periodo, Albintimilium subiva una devastante distruzione.

 

 

    Giunti in Gallia, i Visigoti si stabilirono tra la Provenza e l’Aquitania, guidati da Ataulfo, che promise ad Onorio la riconsegna della sorella, Galla Placidia, rapita a Roma nel 410; in cambio delle terre e dei rifornimenti. Onorio non mantenne le consegne, attivando la risposta di Ataulfo, che non liberò Galla Placidia, attaccando Marsiglia. Resistendogli questa, occupò Narbona, Tolosa e Bordeaux.

    Nel gennaio del 414, Ataulfo sposò Galla Placidia, e progettò una politica di fusione fra Goti e Romani, ma il generale Flavio Costanzo, bloccando i porti gallici e le strade verso la Provenza, costrinse i Visigoti ad arretrare prima a Narbona e poi, valicati i Pirenei, a ritirarsi verso la Tarraconese, occupando Barcellona.

    Nel 415, i Visigoti tentarono nuovamente di impossessarsi dell’Africa, senza esito. Allora il nuovo re, Walia siglò un trattato di pace con il generale Flavio Costanzo; in cambio di rifornimenti e del territorio d’Aquitania, dai Pirenei alla Garonna, in qualità di foederati. Nel 418, Costanzo li fece stanziare anche nella Valle della Garonna e Walia stabilì la propria corte a Tolosa, per il resto del quinto secolo. Nel 415, Flavio Costanzo provvedeva alla ricostruzione di Albenga, mentre non veniva citata la ricostruzione dell’Albintimilium nervina.

 

     Nel 450, i Vandali di Genserico tentarono di formare, in Gallia, una coalizione anti-imperiale con Burgundi e Visigoti, ma l’imperatore, Maggioriano, radunato un esercito in Liguria, nel mese di novembre, si recò in Gallia facendola fallire. Poi passati i Pirenei, avanzò su Saragozza e sul porto di Cartagena. Al suo rientro dalle Alpi, a Tortona, Maggioriano perse la vita in una battaglia contro Ricimero, il 7 agosto 451.

    Nel 467, l’imperatore d’Oriente, Leone I, nominò il nuovo imperatore d’Occidente, Antemio e lo fece scortare a Roma da Marcellino, governatore indipendente dell’Illiria. Da quell’anno, i Vandali di Genserico cominciarono ad attaccare le coste dell’Illiria, dell’Epiro, della Grecia e dell’Egitto.

    Nel 468, dopo aver sconfitto le flotte di Oriente e d’Occidente, i Vandali di Genserico rimasero signori incontrastati del Mediterraneo occidentale dallo stretto di Gibilterra alla Tripolitania. Nel 476, oltre al possesso di tutta la provincia d’Africa, ottennero le isole Baleari, la Corsica, la Sardegna e la Sicilia.

    Alla morte di Genserico, il 25 gennaio del 477, il figlio Unerico, di fede ariana, dal 481, iniziò a perseguitare manichei e cattolici per incamerare tutti i loro possedimenti, se non avessero abbracciata la fede ariana. I dissidenti furono esiliati in Corsica e in veri e propri campi di concentramento nell’entroterra africano. Nel 484, Unerico moriva di peste, mentre i Berberi dimezzarono i possedimenti africani dei Vandali; intanto che Visigoti e Bizantini toglievano a quelli Sicilia, Sardegna e Corsica.

    Nel 437, il generale Flavio Ezio aveva permesso ai Burgundi di insediarsi nella regione del lago Lemano; nella contrada chiamata Sabaudia, la successiva Savoia. Pare che questo popolo, nel corso del V secolo, alla ricerca di uno sbocco al mare, giungesse fino ad Albintimilium, procurandovi gravi danni.

    Nel 451, i Burgundi e i Visigoti combatterono a fianco con Flavio Ezio nella battaglia dei Campi Catalaunici, dove sconfissero definitivamente Attila.

    Nel 456, i Burgundi, confidando nel loro crescente potere, negoziarono un’espansione territoriale verso il sud-ovest dell’area Rodano-Saona.

    Nel 457, Maggioriano tolse ai Burgundi le terre che avevano acquisito, ma nel 461, i Burgundi occuparono definitivamente Lione; terminando però l’influenza sull’impero, soltanto nel 476. Nel 478, i territori dei Burgundi si estendevano fino al fiume Durance. Sotto pressione dai Franchi, a Nord e dai Goti e Visigoti da Sud, Gundobado consolidò il regno attraverso matrimoni con i re dei regni vicini. Nel 493, la figlia Clotilde divenne la moglie di Clodoveo, re dei Franchi, che convertì al cristianesimo.

    Intorno all’anno 500, Gundobado era rimasto l’unico re dei Burgundi, che nel 507, aiutava i Franchi nella loro vittoria contro i Visigoti di Alarico II, consolidando il suo potere, fino alla sua morte, nel 516.

    Il successore, Sigismondo, da ariano si convertì al cattolicesimo, aggravando le tensioni con gli Ostrogoti, che i Franchi sfruttarono, occupando la parte Nord del Regno, mentre Teodorico occupava la parte Sud, nel 523. Nel 534, il Regno venne spartito tra i re merovingi.

    Come imperatore d’Occidente, Giulio Nepote cercò di consolidare i territori dell’Italia e della Gallia che ancora si trovavano sotto il controllo dell’Impero d’Occidente. Coi Visigoti di re Eurico, che avevano occupato la Provenza nel 474, Nepote la scambiò con la città di Alvernia, già nel 475, allargando il territorio dell’impero verso la Gallia, che intendeva riunificare alla Britannia.

    Nel frattempo doveva cedere le Baleari, la Corsica, la Sardegna, la Sicilia e l’Africa, ai Vandali di Genserico, che avevano siglato la pace con l’Impero d’Oriente e non ritenevano necessario scendere a patti con Nepote.

    I territori sottostanti l’autorità imperiale erano ormai assai ridotti. Nepote coniò moneta a Roma, Ravenna, Milano e ad Arles, in Gallia, mentre Siagrio, magister militum per Gallias, che governava il Dominio di Soisson, solo formalmente legato a Roma, coniava monete d’argento nel nord della Gallia. Coniò persino solidi recanti le effigi degli imperatori bizantini Zenone e Leone II, per dimostrare il legame personale e politico con la corte d’Oriente.

    Il 28 agosto 475, il generale Flavio Oreste, con l’appoggio del Senato Romano, prese il controllo di Ravenna e costrinse Nepote a fuggire in Dalmazia. Oreste, che era di origini germaniche e non poteva quindi diventare imperatore, fece acclamare imperatore suo figlio, tredicenne, Romolo Augusto, di madre romana.

    Pur essendo considerato l’ultimo imperatore d’occidente, quando venne deposto da Odoacre, il 4 settembre 476, Romolo Augusto non lasciò l’impero acefalo, giacché Giulio Nepote regnava de jure col sostegno dell’Imperatore d’Oriente, Zenone.

    Odoacre aveva tentato di farsi riconoscere come rappresentante imperiale in Italia; ma Zenone aveva subordinando quel riconoscimento alla volontà di Giulio Nepote; così questi, dalla Dalmazia, regnava nominalmente sull’Impero d’Occidente, mentre Odoacre governava effettivamente, coniando monete a suo nome, in qualità di Augusto.

    Nel 476, Odoacre venne nominato «rex gentium» dalle sue truppe; questi, invece di nominare un imperatore fantoccio, decise di inviare le insegne imperiali al bizantino Zenone, chiedendo per sé il solo titolo di patrizio. L’impero romano cadde quindi per un colpo di stato militare di mercenari germanici. Questa caduta, che per i moderni costituisce lo spartiacque fra la storia antica e quella medievale, non sembra abbia suscitato eccessivo interesse negli storici dell’epoca, probabilmente perché, essendo ancora in vita Giulio Nepote, ufficialmente il legittimo imperatore d’Occidente, che morirà nel 480, la portata dell’evento venne sottostimata.

 

 Odoacre

      Coi ritrovamenti archeologici fino al 1950, l’ultimo strato di occupazione della Città Nervina portava la data del 450 o comunque di pochi anni dopo; quest’ultima fase di decadenza e di abbandono della città romana era stata oggetto, prima del 1956, di osservazioni generiche e di congetture prettamente teoriche. Ritrovamenti eseguiti attorno agli anni 1990/94, suggerirono a Françisca Pallares di fissare nel primo decennio dell'anno 400, quanto era già stato avanzato. La vita della città nervina subiva un brusco arresto conseguente ad una o più azioni distruttrici. La vita della Città Nervina subiva un brusco arresto conseguente ad una o più azioni distruttrici. Le case verranno nuovamente abitate, anche se il tenore di vita decadde costantemente, sia dal punto di vista civile che economico. Gli abitanti presero a cercare rifugio sicuro nelle valli e sulle alture circostanti, in specie sulla collina presso la foce della Rotuba, presidiata da armati bizantini. Nella campagna di scavo del 2003, Daniela Gandolfi ritrovava un muraglione della cinta muraria di tramontana, dove la parte superiore era stata rialzata con l’uso di grossi sassi rotondi di torrente, in una stratigrafia databile al V secolo. Questo ritrovamento ha definito la continuità nell’abitabilità della Città Nervina almeno fino a tutto il VII secolo. Inoltre, il muraglione della cinta di tramontana, che pareva fosse stato realizzato quale muraglia di sostegno al continuo sollevamento del terreno alle falde dei Collasgarba, dovuto principalmente al deflusso dell’acqua, ma anche al vento; contiene invece una ulteriore porta, che lo assegnerebbe a protezione militare.