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Paleogeografia Intemelia

 

MEDITERRANEO: DERIVA EST

del Blocco Sardo-Corso

 

      Nell’analizzare la costa marina intemelia, per valutare la formazione della fossa che si presenta immediatamente molto profonda, tanto da accogliere oggi il Santuario dei Cetacei “Pelagos”, tra Provenza, Corsica e Toscana, bisogna rifarsi a trenta milioni di anni orsono. Nell’Era Pleistocene il Blocco comprendente le isole di Sardegna e Corsica si è staccato dalla costa della Provenza, Placca Europea, con una rotazione verso EST, quindi in senso antiorario, con punto di rotazione nel centro del Golfo di Genova. Intanto le Isole Baleari, che facevano parte di quello stacco si sono adagiate a metà del Mediterraneo tra la costa spagnola e il Magreb.

      Tale evento ha marcato la nostra paleogeografia privandoci di parecchi kilometri di territorio bordo mare che avrebbero caratterizzato la costa ligure in quel punto, allo medesimo tempo stabilendo che la nostra Ventimiglia fosse una città in riva al Tirreno - Ligure, con le coste che si inabissano decisamente verso fondali profondi, a pochi metri dalle spiagge o dai promontori, 

     Valutando la conformazione della Sardegna, salta all’occhio come la più estesa pianura regionale, il Campidano, possa esser stata formata da un grande fiume quale il Rodano, quando l’isola si trovava ancora collegata alla costa provenzale, in un allineamento strutturale a dir poco sorprendente.

 

 

 BLOCCO SARDO-CORSO

 

MODALITA' E CAUSE DELLA DERIVA

 

GEOLOGIA REGIONALE

 

CAUSE GEOLOGICHE

 

LA NASCITA DELLE ALPI LIGURI

 

 

LA TERRA VISTA DI PROFILO

 

CARATTERISTICHE MAR MEDITERRANEO

 

 

 

 

 

 

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          Scögliu Autu

 

U Giardin d’ê Strie

 

      Alle rovine de U Scögliu Autu, abbattuto dai marosi il 17 febbraio 1917, è toccato di rimanere conglobate col riempimento per la realizzazione della Passeggiata Marconi, proprio sotto il tondo belvedere affacciato su A Pria Margunaira. Ben lo documenta Adriano Maini, postando una testimonianza del 1950; una delle ultime foto nella quale si può intuire la presenza dei resti de A Pria Naviglia, mandata in rovina da una mareggiata nel 1932.

      Nel blog di Adriano, un’altra foto certifica in bell’evidenza la presenza de U Giardin d’ê Strie sul culmine dello Scoglio Alto, che riusciamo a cogliere nella sua interezza dall’immagine fornita da Andrea Niloni, ripresa da U Cavu.

     A parte lo stregonesco toponimo, pare proprio che il muretto a secco ubicato da secoli a quell’altezza inusuale, per cingere alberelli di olivastro e caprifico assediati da ciuffi di gariga mediterranea; possa costituire il residuo d’un ben più prolungato muretto adagiato sul pendio argilloso che in epoche remote incorporava il nostro possente scoglio, congiuntamente a Naviglia e Margunaira, costituendo un ubertoso declivio, rivolto verso il mare, a partire dall’altura del Cavu, fino alla Punta d’a Roca e oltre, celando alla vista anche tutti I Scöglieti.

    Si può azzardare un’epoca sull’innalzamento di quel muretto, non antecedente all’Età del Bronzo, quando agricoltura e allevamento hanno iniziato a convivere sul nostro territorio, demarcando i primi confini.

       La prassi accertata de A Buca d’a Scciümàira di conseguire il suo sbocco rivolta verso Levante, avrebbe potuto concedere per secoli a quelle argille di declinare, caso mai, in direzione del suo ultimo tratto di corso, appoggiate a quella parte de U Scögliu * sul quale oggi sono costruite le case affacciate su Via Biancheri, a patire da Porta Marina. Verso Nord, non più argille, ma terreni quanto basta sfaldabili costituivano i declivi a copertura degli attuali Rivai, e quelli che occultavano U Cioussu e Peglia fino a Ripa San Steva e forse oltre Manéira.

       Dunque, quelle pendici inconsistenti e quelle argille potrebbero aver cominciato a sgretolarsi, mettendo in luce l’attuale aspetto di Levante dello Scögliu, l’inaffondabile base a sostegno della Città Alta, quando la portata della Roia ha definitivamente captato le consistenti piene fornite dall’affluente A Bevera, rese potenti dalla costrizione de L’Avaudurin. Si tratterebbe dell’Era in cui quella rivaira, dopo aver smesso di sfociare nel mare a Latte, ha potenziato la Roia tanto da dare inizio ad epoche con frequenti inondazioni per gli ampi pascoli invernali della transumanza, ospite de I Paschei e oggi porta a temere l’allagamento degli scantinati di buona parte del Sestiere Cuventu, eretto sulle ghiaie alluvionali, ovvero il centro della Città Ottocentesca.

       Intaccate com’erano state dalla Scciümàira le argille hanno cominciato a cedere anche all’impeto delle mareggiate di Rebossu, arrivando a mettere in luce A Ciàsa suta â Cola, così com’era decorata dei suoi scogli e scoglietti. Non hanno però mancato di serbare il nostro Giardino delle Streghe, sul culmine dello Scoglio Alto, fino al fatidico 17/2/17, dal gusto seriamente scaramantico.

 

*) Il toponimo Scögliu è assegnato alla struttura rocciosa che sorregge l’abitato di Ventimiglia Alta, dalla Punta del Cavu alle pendici di Forte San Paolo.

                                                                L.M.

                                                    da U BERRIUN n. 11 - 2019

 

 

 

 

 

LA BEVERA SFOCIAVA A LATTE

 

EVOLUZIONE STORICO TERRITORIALE

 

CENTRI ABITATI INSTABILI

Frana del "Funtanin"-"Suta a Cola", pag. 128

 

 

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NELL’ANTICHITÀ

 

LA  BEVERA  SFOCIAVA

NEL  GOLFO  DI  LATTE

 

     La cattura della Bevera, il flusso torrentizio proveniente dal Col de Turini, da parte del Fiume Roia, potrebbe essere avvenuta nel corso dell’Età del Ferro, attraverso la lenta erosione delle falde Sud di Monte Pozzo, incuneate nella pendice Nord-Est di Cima Gavi. A causa di quell’evento, la draira di transumanza per le greggi provenienti da Tenda, avrebbe subito un progressivo abbassamento di quota, che nel Medioevo l’avrebbe portata a livello del greto, col conseguente doversi inerpicare delle greggi verso il Passo dello Strafurcu, attraverso il quale si transitava fin dall'antico, con la draira di crinale.

    Le pendici Nord della Cima di Gavi, il monte oggi completamente eroso dai prelevamenti della Cava Bergamasca, erano connesse con le pendici Sud di Monte Pozzo, nel punto dove l’Ottocentesca Cava Acquarone ha lasciato quella profonda escavazione, che oggi assume la quota di almeno 170 metri. | Nel lento erodere delle sue nuove sponde le acque della Bevera potrebbero aver dato forma a un qualche lago, forse anche di ampia entità che comunque interessava i siti che oggi contengono Calvo, San Pancrazio e Torri. |

    In antico la Bevera dopo aver lambito il sito che oggi contiene il Serro, avrebbe tracimato dai 165 metri dell’attuale Passo di Sant’Antonio, tra le pendici Ovest della Cima di Gavi e quelle Est della Cima di Terca; saltando ai 115 metri, nella bassa valle del Ruassu, che proviene dal Granmondo, ed inserirsi così in quella che è la Valle del Latte. | Il dolce profilo di detto Passo è stato certamente determinato dall’escavazione prodotta dai detriti litici provenienti dal Col del Turinì. |

    Il solo apporto idrico del Ruassu avrebbe erosa la parte alta della vallata del Latte ad una quota meno profonda di quella scavata dalle acque abbondanti e precipitose della Bevera; anche perché, sempre per l’apporto del solo Ruassu, la Piana sedimentaria di Latte non potrebbe avere la vastità che presenta. Infatti, alle analisi geologiche le ghiaie alluvionali della Piana risultano provenienti dal territorio di Sospello, con i caratteri litici del Turinì, del Ventabren e del Braus.

    La continua erosione, oppure un semplice sconvolgimento territoriale avrebbe scavata la connessione tra Pozzo e Gavi, fino ad una quota inferiore ai 160 metri, permettendo al letto della Bevera di indirizzarsi verso Levante e raggiungere le acque della Roia, nel sito prospiciente le Porre.

 

 

VARIAZIONI DI QUOTA DELLA DRAIRA

    In seguito al cambio di letto della Bevera, la Draira dello Strafurcu, dal Pozzo verso la Maglioca, ha cominciato ad attraversare in guado la variazione del corso d’acqua, emissaria forse di un qualche lago creatosi a quote lievemente inferiori, progressivamente all’allargarsi piuttosto dinamico del varco torrentizio verso la Roia, fino a quote assai basse che riportavano in ogni caso verso la sicura “posta” di Seglia, su terreni per i quali, nell’antichità, il raccordo collinare tra Pozzo e Gavi avrebbe rappresentato l’estensione ideale della draira transitata dalle greggi in transumanza, dopo la percorrenza sul crinale del Pozzo, in quota, verso il raggiungimento delle pendici ovest della Magliocca, l’attuale San Lorenzo, il crinale del Colle d’Appio, del Monte, del Colle e la discesa sullo Scoglio.

    L’attraversamento del guado in quota ha avuto una durata assai lunga nei secoli; potrebbe essere stato in uso ancora nell’Alto Medioevo. La necessità di transitare con le greggi per quei terreni alberati e paschivi, gli ha fatto conservare il toponimo de “i Franchi”, anche se, alcune improbabili leggende, per quel toponimo, ci tramandano la visita di antichi sudditi carolingi; di paladini intenti a dar nomi a luoghi e paesi e persino di esuli Albigesi, in fuga dalla Provenza.

    Il primo cammino avrebbe rispettato le necessità del tempo; quest’ultimo diventava imprescindibile. Il punto d’arrivo della strada di transumanza, con l’entrata nei rigogliosi Paschei, era sacralizzato dalla presenza di una “crota” dedicata ad una dea agreste. Il termine “draira”, localmente, indica il tratturo.

    La discesa su Varase, San Rocco e Bevera, al guado verso le pendici di Seglia, e sempre in fondovalle tutta la Maneira fino a San Steva, da dove il cammino riprendeva a risalire verso lo Scoglio, sulle falde dell’Aurignagna è stato un percorso intrapreso soltanto nel XI secolo con la relativa sicurezza tutelata dal Libero Comune, eppoi dai genovesi.

 

 

 

SULLA  FOCE  DEL  BEVERA  A  LATTE

    Qualche ventimigliese, poco attento alle notizie progressivamente rese pubbliche dagli studiosi locali, non ammette che, nell’antichità, il Torrente Bevera potesse sfociare in mare sulla spiaggia di Latte, scavalcando l’altura di Sant’Antonio; anche quando ne venisse ordinatamente informato.

    Riportiamo la citazione che il dottor Emilio Azaretti ha pubblicato a pagina 48, nella RIVISTA INGAUNA e INTEMELIA - anno XLI - n. 1-4 - Ist. Int. St. Lig. Bordighera 1986; nell’articolo sulla TOPONOMASTICA DELLA COSTA VENTIMIGLIESE:

2.16 Inizia poi u Cian de Laite «la piana di Latte» una estesa formazione deltizia che contrasta con la modesta, saltuaria portata del Valùn de Laite «rio Latte», che l’attraversa. La spiegazione del contrasto è stata individuata, dai geologi B. Limoncelli e M. Marini, nella cattura del torrente Bevera, che aveva anticamente la sua foce a Latte, da parte del fiume Roia. La sella di spartizione fra l’alveo del Bevera e quello del rio Latte, poco rilevata e a dolce inclinazione, in netto contrasto con l’aspra morfologia della zona circostante, conferma chiaramente l’avvenimento.

                                                     Pubblicato in una prima stesura su: LA VOCE INTEMELIA del maggio 2007

 

 

Il bacino del Rio Latte

 

L'ANTICO BACINO DEL RIO LATTE

2.4 Idrogeologia - pagina 24

Piano di Bacino dell’Ambito N° 1 “ROIA”

 

REVISIONI sul testo:

  2.4 IDROGEOLOGIA: La Carta idrogeologica con la gerarchizzazione del reticolo idrografico è rappresentata nella TAV.3. Il reticolato idrografico dell’area in esame costituisce, per le sue caratteristiche morfostrutturali, una nota particolare del paesaggio: infatti spesso i corsi d’acqua scorrono molto incassati in valli piuttosto strette. Analizzando il percorso delle due aste principali ci si accorge subito che esiste uno stretto rapporto fra le diverse aste. I problemi Bevera-Latte non possono essere disgiunti dai problemi più complessi che hanno comportato e guidato l’evoluzione spazio temporale del ben più ampio sistema Roia-Bevera. Appare evidente che il sistema Roia - Bevera ha risentito in modo determinante di attività tettoniche locali che si sono sovrapposte all’assetto strutturale regionale, attività che, peraltro, sembrano tuttora non del tutto quiescenti. Se è vero che il Roia ha catturato il Bevera può anche essere vero che il Rio Ruassu ha operato la cattura dell’alto corso del Rio Sgorra, mentre il bacino del Rio Latte rappresenta la naturale continuazione del Bevera.

 

Carta geoitologica schematica della Provincia di Imperia: 1) Calcari mesozoici dell’alta Val Tanaro. 2) Calcari giurassici del Grammondo. 3) Calcari marnosi del Cretaceo sup. 4) Flysch ad Helmintoidea a prevalenza calcareo - Cretaceo sup. -. 5) Flysch ad Helmintoidea a prevalenza arenaceo - Cretaceo sup. -. 6) Calcari nummulitici del Luteziano. 7) Calcari arenaceo-marnosi del Luteziano. 8) Lembi calcarei - Paleocene-Eocene -. 9) Conglomerati ed argille del Pliocene. 10) Flysch (flysch a blocchi, Flysch di Ventimiglia).

 

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U GIARDIN D'E STRIE

 

IL PASSO DELLO STRAFURCU

 

TRANSUMANZA INTEMELIA

 

PASTORIZIA

periodizzazione