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TOPONOMASTICA URBANA

LA  NOMENCLATURA  STRADALE

VENTIMIGLIESE

Emilio AZARETTI  - 1988

    I criteri di una valida nomenclatura stradale dovrebbero fondarsi in primo luogo sulla geografia, dando cioè l’indicazione del luogo o dei luoghi che, seguendo una strada iniziante nella città, si possono raggiungere.

    Trovandomi a far parte in questo dopoguerra di una Commissione incaricata di dare un nome a varie strade che avevano subito trasformazioni o raddoppi ed anche ai tronchi di queste strade che attraversavano località in fase di crescente urbanizzazione, mi ero attenuto a questi criteri. Avevo perciò proposto il nome di Largo Torino all’inizio della strada nazionale SS 20, che congiunge appunto Ventimiglia con la capitale del Piemonte - seguendo l’esempio di Torino, che da tempo aveva denominato via Ventimiglia l’importante strada iniziante lo stesso percorso in senso inverso - e facendo poi seguire Largo Torino dai Corsi Limone Piemonte e Cuneo. Analogamente avevo proposto il nome di Corso Francia, Corso Mentone e Corso Monaco o Montecarlo alla nuova arteria che, attraverso la galleria aperta sulla strada di Bevera e il raddoppio a mare dell’Aurelia fra Latte e Mentone, ne faceva la più comoda via d’accesso verso la frontiera con la Francia.

    Questo criterio era stato seguito già nella Ventimiglia medievale, cinta di mura, dando l’attributo geografico alle Porte Piemonte, Nizza e Marina. Un secondo criterio nomenclatore, non meno importante, consiste nell’indicazione topografica all’interno della città, com’è ad esempio A Cola, italianizzato in La Colla, cioè il colle esistente fra U munte d’ê Muneghe e la città medievale, che si attraversa passando dalla Porta Nuova; e così A Culeta, nome tradizionale del sagrato antistante la Chiesa di San Michele, che forma anch'esso un piccolo colle, rispetto al passaggio per raggiungere la Porta Piemonte. Altra indicazione topografica è A strada d’u Cavu, oggi via del Capo, diretta al belvedere di Ventimiglia Alta e il Vico del Lago in ricordo del lago, esistente un tempo a monte del Ponte stradale sul Roia, al quale le navi potevano accedere facendo spostare la passatoia di legno, che ne sostituiva l’ultima arcata di ponente, ancora visibile nella stampa inglese di Fisher Son & C. del 1837. A questo gruppo appartiene anche l’antico toponimo de I Funtanin "per le numerose sorgenti esistenti o esistite nella zona” - un identico toponimo è conservato a Perinaldo - ma da noi Funtanin è stato da tempo interpretato come un diminutivo singolare e tradotto erroneamente in Fontanino.

    Ci sono poi i nomi dialettali dei carrùgi, indicanti le loro caratteristiche, come I Scüri, che attraversano al buio, sotto le case, per economizzare il limitato spazio esistente fra le mura cittadine, in un tratto della salita dal Burgu alla Ciassa; come I Chibi di Pigna, nome che continua il plurale dell’aggettivo latino cupu: cübu delle nostre frazioni, appunto per dire “scuro”. A Muntà d’i Rivai dal latino riparii, con significato simile al dialettale rivàssi, indica la larga zona in ripida pendenza, lungo la quale si svolge questa salita; U carrugiu de mezu ora via Giudici, che si trova a mezza altezza fra la Ciassa e il Vico dell’Ulivo, seguito da U Carrugiu longu, ora via Piemonte. La via Falerina, nome erroneo in luogo di via Falerna, appellativo della tribù Romana a cui erano iscritte numerose famiglie della Ventimiglia Romana, che potrebbe perciò essere conservato riportandolo alla sua forma corretta; ai tempi in cui frequentavo il ginnasio nella città vecchia, questa strada era però chiamata dai ventimigliesi A muntà de l’Uspeà, dato che l’Ospedale si trovava sulla sua continuazione, al piano superiore del Convento delle Canonichesse Lateranensi.

    E parliamo ora della Ciassa: in effetti una città nella quale esistevano soltanto carrùgi e chintàgne - il Piazzale della Colla è stato costruito soltanto nel 1859 - non c’è da stupirsi che una strada larga come via Garibaldi fosse considerata “Piazza” e così chiamata. Non ritengo perciò giusto l’aver sostituito questo motivato nome tradizionale, prima con via Lascaris e poi con via Garibaldi, ai quali si sarebbero potute dedicare strade nuove, esterne al nucleo cittadino, limitando questo genere di dediche a persone storicamente legate alla città vecchia. Seguendo questo principio ho fatto dedicare due chintagne, ripidi passaggi fra carrùgi posti a diverso livello e in genere senza nome, ai Consoli Roderico Borsa e Gandolfo Cassolo, che avevano nel 1185 obbligato il conte Ottone a giurare la Compagna del Comune; ed una terza che scende dal carrugiu Colabassa alla Ciassa e prosegue poi verso via Giudici, a Lucangelo Pignone che nel 1833 aveva contribuito a portare in salvo, oltre frontiera, Giovanni Ruffini, ricercato dalla polizia, e recentemente la piazzetta che la Ciassa ha fatto dedicare a monsignor Antonio Borea, per il suo eroico comportamento durante l’ultima guerra.

    A proposito dei nomi tradizionali dei carrùgi, avevo suggerito all’amico Robert Boisson, quando era presidente del Comitato delle tradizioni monegasche, di farli scrivere sullo Scögliu de Munegu accanto ai nomi moderni e il sindaco Jean Louis Médecin, accogliendo la sua richiesta, lo ha fatto con la bravura che contraddistingue, in tutti i campi, la sua amministrazione.

    Penso che i dirigenti del Sestiere Ciassa dovrebbero predisporre una lista di questi nomi e chiedere al Sindaco di Ventimiglia un finanziamento che renda possibile realizzare questo lavoro anche sul nostro Scögliu.

    Tornando alla dedica personale di strade a illustri cittadini ventimigliesi, in altre parti della città, avevo proposto il nome città, avevo proposto il nome di Marco Emilio Basso, personalità della Ventimiglia Romana, che era stato fra l’altro Governatore della Giudea, quello di Giulio Agricola, di madre ventimigliese, conquistatore della Britannia, di Marco Celio Rufo che aveva coperto a Roma importanti cariche pubbliche, e quello del grande storico Publio Cornelio Tacito, imparentato con Giulio Agricola, di cui aveva sposato la figlia, e che aveva riportato, sulla Vita di Agricola e sulle sue Storie, notizie della nostra città, all’inizio dell’era cristiana. Nella zona della Ventimiglia romana, dovrebbe anche venir dedicata una strada, degna del suo nome, a Nino Lamboglia, come ho chiesto; in occasione della giornata di studio in suo onore organizzata nel giugno '88 dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri per commemorare il decimo anniversario della sua tragica scomparsa, al sindaco Albino Ballestra.

    In questa stessa zona dovrebbe inoltre essere ricordato il famoso storico e geografo greco Strabone (60 a. C. / 20 d. C.) il quale nel libro IV della sua Geografia ha dato notizie della nostra città, riportandone fra l’altro il nome in antico ligure: Albion Intemelion e descrivendola, tenuto conto delle sue frazioni rurali, come città abbastanza grande. Fra le altre personalità che meritavano una dedica stradale avevo ricordato in seno alla Commissione a cui ho accennato, il nostro illustre concittadino Alessandro Varaldo, che oltre ad essere autore di una rilevante produzione di romanzi, novelle, commedie e di critica letteraria, aveva anche scritto racconti in ventemigliusu, pubblicati negli Anni Trenta sulla Barma Grande, ed era stato nel 1920 fondatore della Società degli Autori, dirigendola fino al 1928. Avevo chiesto però che la strada fosse quella dove esisteva la villa della madre, in cui era nato ed aveva passato la sua gioventù, strada prevista in piano regolatore a ponente dell’attuale sede della USL, che soltanto ora è stata iniziata nel suo innesto sulla Passeggiata Trento e Trieste. Avevo anche chiesto che fosse dedicata una delle nuove strade a Filippo Rostàn, autore di teatro dialettale, della Storia della Contea di Ventimiglia e coautore della rivista A Barma Grande.

    Sarebbe anche necessario che venissero rifatte decentemente in marmo le iscrizioni di alcune strade dedicate a illustri e altamente benemeriti concittadini. Abbiamo ad esempio una delle solite insegne di plastica col nome via Biancheri, che indica la strada fra la Piazza Costituente, che, fra parentesi, non riesco a capire che cosa significhi, e la curva del Cavu. Un po’ poco, mi sembra, per ricordare Giuseppe Biancheri, Presidente della Camera dei Deputati fra il 1870 e il 1907, al quale Ventimiglia deve fra l’altro la costruzione della strada carrozzabile della Val Roia, ottenuta malgrado la vivace opposizione torinese, che avrebbe voluto una diretta Torino-Nizza e l’opposizione di Oneglia, che voleva in esclusiva la comunicazione fra la Riviera di Ponente e Torino, attraverso il Colle di Nava; e limitandoci alle sue benemerenze in fatto di strade, la costruzione della carrozzabile di Val Nervia. Un analogo discorso si può fare per la via Aprosio, da dedicare non a un Aprosio qualunque, ma a Padre Angelico Aprosio letterato, critico letterario e creatore della famosa biblioteca che porta il suo nome, ed il cui patrimonio librario, in rilevante parte asportato, deve essere rivendicato dalla nostra città, che ne è la legittima erede. E così si deve fare anche per la via Chiappori, da completare in via Ernesto Chiappori, ricordando che ha lasciato nel 1905 una cospicua eredità per dotare Ventimiglia del Ricovero per i vecchi di Latte.

    Ora, a quanto mi è stato detto dal Sindaco, è prevista la creazione di una nuova Commissione per la nomenclatura stradale, essendo state aperte nuove strade e, come al solito, c’è da temere che i vari partiti rappresentati nel Consiglio Comunale vogliano applicare il collaudato sistema italiano della spartizione. Ricordo in proposito che nella Commissione di cui ho fatto parte, alla proposta di una via Turati, sono state subito affiancate, come contrappeso, la via Giovanni XXIII e la via Gramsci.

    Auguriamoci perciò che i membri della nuova Commissione evitino nelle eventuali proposte di dediche personali, quelle di natura politica, a meno che si tratti di politici che abbiano onorato o beneficato in qualche modo la nostra città.

                                                   Da: LA VOCE INTEMELIA anno XLIV  n. 23  -  febbraio 1989