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TOPONOMASTICA di BORDIGHERA - BORGHETTO - VALLEBONA

 

I BAUSSI

Non andrebbe mai stravolta la toponomastica,

un dato culturale locale con implicazioni di valore pratico.

 

        La rimostranza della “Bausséira” apparsa a pag. 9 de “LaVoce Intemelia” del dicembre scorso (1991), merita, sia pure con notevole ritardo, un piccolo approfondimento. I nostri vecchi, infatti, non davano nomi ”a caso” alle località, come accade oggi, ma con lo scopo preciso di segnalare qualche particolarità degna di attenzione o per ricordare qualche evento straordinario verificatosi proprio in quel luogo. Ben lo sanno gli studiosi che, per mezzo della toponomastica, magari un poco distorta (stropià), di ogni cima, collinetta, sentiero, avvallamento, ritano, carùgio, rione, sanno ritrovare tracce talvolta importanti del nostro passato!

        Abbiamo così a Bordighera la collina di Sapergu, sul cui vertice si trovano, a detta degli esperti, i resti di un ”castelliere” ligure e, sotto una leggera coltre di terra, per un ampio raggio, le rovine di una antica città romana: Sepelinum, (i casuali, ripetuti rinvenimenti di tipico vasellame, subito finito nelle mani dei ricettatori, avrebbero costituito una prova confermativa. L’attiguo: ”Int’u Pussu” ricco di acque, convalida la possibilità di un vicino insediamento abitativo nel passato. ”A Cupèira” invece, ci ricorda che in quel luogo un tempo esisteva una fornace per la fabbricazione dei coppi. Sempre in territorio bordigotto, ”U Viuràu” non si riferisce ad un appezzamento coltivato a viti, come alcuni erroneamente ritengono, bensì a terreni nei quali si ”viurava”, cioè si deviava l'acqua del vicino torrente mediante i ”beài” o bedali per irrigare gli orti. E ”E Caribe” vallecrosine ci rammentano un antichissimo smottamento di ragguardevoli proporzioni: ”Chi, e tèrre i s’èira agaribàe” e, per i vecchi, era ”a Gariba”. ”A Cava”, oggi Villa Cava, ci indica che lì era stata rinvenuta la terra più idonea per fare mattoni, pentole, giare ecc.

        E veniamo ai ”Bàussi”; questo termine denomina più di una località, nella nostra zona Ligure-Provenzale. In Vallecrosia c'è monte Bàussu, a confine col territorio Bordigotto; (i Borghettini anticamente però dicevano: ”Se ne andàmu in pé si Bàussi!”j. Visto dal mare esso ha il singolare aspetto di un vecchio signore che protende le sue braccia (le collinette di Bellavista: bordigotta l’una, l’altra vallecrosina) verso l’antistante piana e la spiaggia. Il suo ”capo”, un tempo era ”incoronato” da un castelliere preromano. Nel suo grembo ad anfiteatro (l’attuale Conca Verde) nove sorgenti fornivano l’acqua anche per la coltivazione della terra, soleggiata e difesa dai gelidi venti o da eventuali nemici, dalla sommità coronata situata a nord. È facile supporre che questo sito ameno fosse intensamente abitato: infatti, oltre ai terreni coltivi, giù a valle le acque defluenti avevano formato, incontrandosi col mare, un ampio "burdigà” ricco di pesci; trenta anni fa’ ne rimaneva ancora un piccolo lembo: ”u lagu d’Ansermu” nel quale impigriva qualche anguilla, situato ad est del Seminario Vescovile. In seguito alla conquista Romana, nuovi abitanti si sostituirono agli sconfitti sulla collina e, forse per tentare di arginare l’erosione del suolo mediante una regimentazione delle acque, costruirono dei pozzi. Le tracce di uno di questi furono rinvenute durante lavori di scavo, in località ”Ca’ d’u Pussu” ... e orci ed anfore, di presumibile epoca romana, andarono a far compagnia ai reperti di Sepelinum. Anche nel ripido pendio della parte bassa della valletta che separa le due Belleviste, nascosto da fitto cespugliame, si rivelò ai ruspisti che tracciavano la cosiddetta ”Strada di Concaverde”, lo spaccato di un pozzo, eseguito con arte in blocchetti di pietra viva (della Turbìa?), scalpellinati con esemplare precisione. L’imboccatura di questa gigantesca "giara” era a circa cinque metri di altezza rispetto al livello del terreno della strada: tanto avevano scavato le acque sorgive in forse neppure duemila anni! Di queste interessantissime tracce nulla rimane: il grembo della collina che un tempo ospitò con tutta probabilità un piccolo, prospero insediamento degli antichi Liguri, una ” vecchia capitale della Casa Principesca dei Baussi” è tornato ad essere abitato, ma niente hanno in comune i nuovi residenti con quelli del passato: non identità di stirpe, non spirito di fratellanza o di gruppo. Neppure omogeneità di interessi per salvaguardare il loro angolo di paradiso in terra.

        La denominazione comune dei “Baussi” nostrani e di quelli provenzali fa supporre quasi sicuramente una chiave di identificazione oltreché alla conformali territorio , all'importanza luoghi in questione (o di chi li abitava) rispetto ad altri insediamenti umani esistenti nella medesima epoca. Jules Canoge in ”Histoire de la Ville des Baux en Provence” così si esprime: «A trois lieues d’Arles, au sommet rocailleux d’un versant des Alpilles, sont épars les debris d’une ville qui, par le grandiose du site, par 1’ancieneté de sa fondation et l’inportance du róle qu’elle a joué dans les annales du pais, attire les  pas du voyageur, exalte l’iagination de l’artiste, offre a la curiosité des archeologues une abondante pâture, irrite et confond leur docte sagacité».

       Le rovine dei ”Baux”, infatti non furono più toccate da mano umana e sono ancore visibili nella loro grandiosa desolazione. Dei nostri ”Baussi” rimane, perché conservato nei secoli da coloro che ci precedettero, solamente il nome a ricordare il passato degli antichi dominanti. La ”Bausséira” o ”Baussenca” R. Squarciafichi ha quindi perfettamente ragione quando chiede (perché lo chiede, vero?) che la denominazione del vetusto centro storico del suo paese rimanga quella che è sempre stata. Lo chiede in nome dì coloro che lo fondarono, in nome di coloro che tramandarono questo e tutti gli altri nomi delle nostre località. Essi, di generazione in generazione, hanno voluto trasmetterci dei preziosi avvertimenti, frutto della loro esperienza.

        «Attenti, qui c'è l’acqua… là è consigliabile coltivare alberi per consolidare il terreno… lì c'è la buona terra per fare le giare... in questo luogo, un tempo, abitarono genti di valore forti, unite... I nosci antighi

Nel rispetto del nostro passato, mi unisco alla "Bausseira”. Squarciafichi: "Lasciàiri sta, si nomi! I ne vegne da de tempi tropu indarré.;. I sun céi de sapiensa... e nesciùnu l’à u deritu de scangiàri!

                                                                             Augusta BIANCHERI

                                                                        LA VOCE INTEMELIA anno XLVII - n. 9 - settembre 1992

 

 

 

 

 

 

TOPONOMASTICA BORDIGHERA