Ancöi l'è e i sun e ure
Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

 

Camporosso                                               Bajardo                                                                        Monaco

 

Tradizioni   popolari   Intemelie 

 

INQUADRAMENTO

    Le tradizioni rituali che ancora sussistono in alcuni dei centri abitati della Zona Intemelia, si concentrano molto sulle celebrazioni solstiziali, siano esse estive o invernali; ricorrenze che si manifestano soprattutto con falò rituali. Per celebrare quello estivo, è in calendario un rilevante San Giovanni a Montecarlo; reminiscenze genovesi che ancora indugiano nel Principato. In Alta Valle Argentina, sono ripresi con intensità le camminate verso San Giovanni dei Prati, che la comunità di Triora pratica, come quando andava ad incendiare l’Osu, il grande falò rituale, sullo svettante crinale Nord di Monte Ceppo.

    Per tenere in vita i riti legati a quello invernale, in molti villaggi delle Valli Roia, Nervia e Bevera, ma anche nei borghi più vicini alla linea di costa, dove tornano ad essere accesi i Föghi d’u Bambin; ma si può accreditare al solstizio anche la combustione della barca di Santa Devota, nel Vallone della Cradausina, anche se la agiografia della patrona monegasca conduce ad antiche ritualità massaliote, come le cradefòrie di origine greca.

    Oltre al Principato; in gennaio, è vivace anche la Bassa Val Nervia, con le processioni di San Bastian a Camporosso e Dolceacqua, con protagonista l’albero d’alloro guarnito con le “nebule” colorate. Sopraggiunge poi il “Carnevale”, con la magnificazione dell’epopea legata alla locale, settecentesca, produzione di agrumi; che trova prolungato svolgimento a Mentone. Le maschere si vedono anche nelle Valli Mentonasche, in Alta Val Bevera, a Ventimiglia Alta e a Vallecrosia.

    L’equinozio primaverile si condisce di ritualità legate alla Pasqua, in tutti i centri del territorio, con culmini lodabili nei “Parmuréli” di Bordighera e lo “Strepito” di Vallebona. La Pasquetta riferisce molte mete di scampagnate fuoriporta. Ad inizio estate la “Barca baiocca” realizza un rito maggenco di grande spessore, il quale sminuisce la cultualità di molte cerimonie legate ai “Maggi”, che coinvolgono ogni vallata del Ponente.

    Ad estate inoltrata “la Maddalena” viene celebrata a Monaco, a Bordighera e a Isolabona, quindi segue la ferialità d’agosto, iniziando dal monegasco “San Roman” e proseguendo con le rievocazioni ventimigliesi.

    L’equinozio autunnale, non ha saputo conservare celebrazioni rilevanti, magari come quelle cui ci riporta la memoria dei “vendemmiali”, che pure sono stati anche rinomati, nei nostri paesi.

 

 

LE TRADIZIONI NEL

PONENTE LIGURE

di Enzo Bernardini - 1990

    Nella provincia di Imperia si parla un dialetto che, pur con le ovvie variazioni locali, rivela una matrice omogenea “ligure” di origine romanza, influenzata dagli apporti genovesi e provenzali, più tardi italiani e francesi, inevitabili in una terra di confine.

Ma lo spirito di indipendenza, come fece argine dai castellari alla colonizzazione greca e fu vinto da quella romana solo perché questa era troppo superiore in uomini e mezzi, si oppose all’avanzata della lingua dei trovadori e ricevette con secoli di ritardo la lingua italiana.

    Così il dialetto, espressione viva della cultura di ogni popolo, testimonia l’indissolubile legame fra una terra “difficile”, il carattere intimo degli abitanti e il loro idioma.

    Il dialetto intemelio, parlato nel bacino del Roja, è forse, a confronto con il sanremasco e l’imperiese, quello che ha conservato maggiore purezza.

    A Pigna soprattutto i caratteri arcaici, per ragioni di isolamento ambientale e storico (Pigna era Sabauda, spina nel fianco della Repubblica Genovese), si sono mantenuti più evidenti. A Pigna sì svolge ogni anno, durante la prima settimana di agosto, il “Festival della poesia e della commedia intemelia”, la maggiore rassegna del Ponente Ligure di letteratura, poesia, commedia e canto dialettale locale.

    Le tradizioni e le feste di antica origine si sono in parte mantenute, talvolta sostituite, specialmente nelle città costiere, da manifestazioni recenti di carattere turistico.

    Fino al secolo scorso, la vita di questa parte dì Liguria traeva le proprie risorse dalla terra e dal mare: marinai, contadini e pastori formavano il tessuto economico prevalente, poi modificato dal turismo.

    La società a sfondo contadino di ieri scandiva le principali ricorrenze dell’anno seguendo gli eventi stagionali e religiosi legati sia alla vita collettiva (Natale, Capodanno, Pasqua, Assunzione, patrono locale, ecc.), sia individuale (nascita, matrimonio, morte), giunte a noi in parte modificate, ma ancora riconoscibili.

    Il Natale veniva celebrato con solennità dappertutto, ma specialmente nei borghi dell’interno, dove i pastori offrivano l’agnello in chiesa, giungendo dalle montagne : questa semplice e toccante cerimonia si ripete ancora, ma non costantemente, a Pigna, Carpasio, Montalto; altrove è sostituita dell’accensione di grandi falò (Triora) o dalla cena in comune con piatti speciali (grano di Natale pestato, con porri, sanguinacci, dolci particolari, ecc.), ripetuta a Capodanno. Nel periodo pasquale le processioni del Venerdì Santo assumono carattere di grande spettacolarità a Ceriana; le quattro Confraternite animano con le loro processioni la notte e il giorno seguente, esibendosi in cori sacri i “Miserere” di antica data. A Ceriana diversi gruppi corali (fra cui uno esclusivamente femminile) propongono spesso anche repertori dialettali di autentico folclore locale, di grande valore e interesse etnologico e musicale. Anche le Confraternite di Imperia possiedono un repertorio sacro assai vasto; ogni cinque anni tutte le Confraternite del Ponente, con i loro grandi crocefissi lignei, ornati con decorazioni floreali in argento, si radunano a Pieve di Teco. La ricorrenza del Corpus Domini viene celebrata a Diano Marina con una “infiorata”: le principali strade cittadine vengono ricoperte da grandiose decorazioni floreali fatte con petali di fiori, su cui passerà la processione.

    La ricorrenza dell’Assunta, a ferragosto, corrisponde dappertutto al momento dei massimi festeggiamenti estivi: un tempo l’accensione di falò sulle alture e, nei paesi più ricchi, uno spettacolo pirotecnico, annunciavano questa festa. Di origine protostorica e pagana rimangono poche ma importanti celebrazioni. A Dolceacqua, come a Camporosso, nella domenica più vicina a San Sebastiano (20 gennaio), si svolge una singolare processione, aperta da un grande albero di alloro decorato da ostie colorate, che alla fine del percorso viene smembrato e distribuito ai presenti. E evidente la matrice contadina dell’antico rito della morte invernale della vegetazione e della sua resurrezione primaverile, celebrato mediante l’esibizione di un albero sempreverde (sacro a Celti e Romani) adorno di quei frutti che si invocavano abbondanti nei prossimi raccolti. La Chiesa ha adottato il rito, associandolo al martirio di S. Sebastiano (morto legato a un albero di alloro, secondo la tradizione); anche il taglio simbolico dei rami dell’alloro e la loro distribuzione ricorda l’analogo e più tardo rito dei rami d’ulivo pasquali.

    A Taggia un’altra festa di origine pagana è quella della Maddalena, celebrata la domenica più vicina al giorno della Santa (22 luglio) e culminante nella “danza della morte”. Si tratta, anche in questo caso, di una festa agricola del ciclo annuale della vegetazione, ( morte e rinascita) e della fertilità dei campi, affidata a una confraternita e preceduta da un raduno presso l’eremo e la grotta dove la santa si sarebbe rifugiata.

    La “danza della morte” è eseguita da secoli da due uomini appartenenti alle stesse famiglie, il primo che rappresenta “il maschio”, il secondo “la Lena”, cioè Maddalena, la donna. Dapprima i due mimano una scena d’amore, poi la donna muore, e l’uomo si dispera; la ricopre di mazzi di lavanda (un tempo, forse, di grano), finché resuscita.

    I protagonisti si esibiscono allora nell’ultima danza, sempre accompagnati dalla banda musicale, che ha alternato una tarantella a una marcia funebre.

    La partecipazione popolare è eccezionale e durante la festa vengono distribuiti a tutti mazzi di lavanda.

    Sempre a Taggia la festa patronale di S. Benedetto (12 febbraio) viene celebrata, la notte precedente, con l’accensione di grandi falò e con lo sparo dei “furgari”, piccoli razzi che vengono lanciati sui piedi delle persone, in segno di corteggiamento o di omaggio.

    Se l’accensione dei fuochi, le schermaglie amorose, la distribuzione di dolci tipici (i “canestrelli”), richiamano sempre il rituale del trapasso dall’inverno alla primavera, la festa di S. Benedetto ha una sua conferma storica, legata allo scampato pericolo di un assedio alla città, attribuito ai Saraceni (X sec.) o ai pirati barbareschi (1564): l’accensione di falò in tutte le piazze e nelle strade avrebbe convinto gli assedianti che la città fosse stata incendiata dagli abitanti prima di fuggire, inducendoli ad andarsene. Recentemente le motivazioni storiche di questa festa sono state attribuite ad un episodio della guerra fra Genovesi e Sabaudi, con l’occupazione incruenta di Taggia nel 1625. Un grandioso corteo storico in costume si svolge il giorno seguente, per rievocare tale avvenimento.

    Al periodo delle invasioni saracene è legata la festa di S. Tiberio a Pigna (la domenica più vicina al 4 ottobre). Gli abitanti del borgo, assediato dai predoni, reagirono a un assalto gettando dall’alto delle mura sugli attaccanti tutto l’olio bollente di cui disponevano, costringendoli alla fuga. Per festeggiare la vittoria, la popolazione si riversò nelle campagne circostanti, consumando in comune il cibo più ricco: i ravioli, fatti però senza olio, dato che era stato tutto usato. Per ricordare l’episodio, un grande pranzo in comune, a base di ravioli “senz’olio”, viene ripetuto ogni anno nella piazza principale di Pigna. A Baiardo si celebra, nel giorno dell’Ascensione, la storica Festa della Barca, per ricordare la tragica fine della figlia del Conte di Baiardo, mandata a morte dal padre insieme al giovane amato, capitano della flotta dei conti di Ventimiglia. Questi era giunto a Baiardo perché impegnato con i suoi uomini nel taglio degli alberi necessari alla riparazione delle navi all’ancora nel porto-canale Intemelio.

    Sorpresi insieme, i due giovani furono decapitati. Il popolo insorse contro l’assurdo delitto e per pietà da secoli si ripete l’innalzamento in piazza di un grande albero, attorno al quale la gente danza in circolo, tenendosi per mano e cantando una ballata che rievoca il fatto. A Dolceacqua il 15 agosto, durante la festa della “michetta”, un semplice dolce locale di largo consumo, simile alle brioches, viene per l’occasione offerto dalle ragazze del paese a un corteo di giovani con musica.

    La festa allude alla ribellione degli abitanti e alla fine dell’odioso abuso dello jus primae noctis preteso dal marchese Imperiale Doria.

    Il 24 giugno (San Giovanni) era un tempo il giorno tradizionale della salita all’alpeggio delle greggi. Ora la pastorizia è praticata soltanto da qualche famiglia sarda immigrata e questa ricorrenza è pertanto caduta in disuso.

    Del mondo marinaro sopravvive soltanto, a Sanremo, la nomina dei Consoli del Mare. Ogni località celebra poi, più o meno solennemente, la festa del santo patrono. Nella provincia è tuttora praticato, specialmente nelle valli di Imperia, a Carpasio e a Dolceacqua, a Pieve di Teco, a Piani di Imperia, il gioco del pallone elastico, ristretto oggi al basso Piemonte e a questa parte di Liguria Occidentale.

    Molto numerose le bande musicali che allietano le sagre paesane.

    Una ricca raccolta etnografica è conservata nel Museo Etnografico del Ponente Ligure di Cervo e nel Museo della Civiltà Contadina di Triora.

                                                                                       ALPI DEL MARE  n. 0  - 1990  - ODAC Nice (AM)

                    Rogo della Barca - Monaco                                                      A Madalena  -  Taggia