Ancöi l'è
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VENTIMIGLIA  PONENTE

ENCLAVE

MARE-MONTI

    La porzione di territorio comunale, che la Città di Ventimiglia può vantare, situata a Ponente del centro cittadino, verso i confini con la Francia, è una enclave paesistica naturale di inusitata bellezza e tipicità.

    L’altera rudezza della Bassa Val Bevera, dominata dal Monte Granmondo, l’arcadica giacitura della Valle di Latte, sovrastata dalle verdi pendici della Longoira, da cui sbalzano le soleggiate balconate marine di Grimaldi e La Mortola; offrono la scena di una Liguria inopinabile, quanto sostanziale.

    La socchiusa definizione di questo territorio, a Settentrione, è assegnata alle precipitose anse dell’Avaudurin; spettacolari gole lentamente incise dal Torrente Bevera, quasi ad accentuare la demarcazione tra i Monti ed il Mare.  L’ampio catino che accoglie il basso percorso della vivace Rivaira, nel sortire da quel marcato incavo, è definita a Levante dalla prospera mole di Monte Pozzo, atteggiata a balcone verso l’aperta marina, occhieggiante dal fianco dell’arida Colla Magliocca.

    La vistosa ferita, procurata dalla produttiva fatica dell’uomo, sulle pendici Nord della Cima di Gavi, assume l’incarico di marchio identificativo dell’intera enclave; infatti, la sua individuazione dalle alture delle Alpi Marittime, qualifica definitivamente il rinvenimento.

    Le necessità di ampia viabilità carrozzabile, sono state armonizzate al meglio con la fruibilità e la concretezza del territorio; le numerose gallerie preservano al meglio la continuità dei costoni montani, verso il mare. L’impatto ambientale del maestoso, curvo, viadotto autostradale di Val Latte, è entrato a far parte del paesaggio senza troppi rimpianti.

    Un qualche rammarico lo conserva la ottocentesca ferrovia, fronte mare; anche se oggi è quasi completamente omogeneizzata col territorio, avendo dato una mano a trattenere la cementificazione privata della riva. I tratti di tracciato ferroviario, esterni alle opportune gallerie, hanno conservato una copiosa serie di raccolte calette, nella loro innata bellezza.

 

 

TOPONIMI

 

Porta Canarda : Nel 1960, all’Archivio Segreto genovese è stata ritrovata un’illustrazione, apposta sulla copertina d’un trattato, redatto l’11 giugno 1350, tra il comune di Genova e i reali di Sicilia. A grandi linee, quel disegno raffigura l’ubicazione trecentesca dei luoghi di guardia, nel sistema difensivo ventimigliese di Ponente. Nelle annotazioni, quella che conosciamo come “Porta Canarda” è nominata invece “Porta Caynarda”, atto che tende a confondere ancor più il significato dell’inconsueto toponimo. In Francia “canard” è l’anatra, ma dal Medioevo, per traslato significa “falsa notizia, pettegolezzo, inganno”; concetto che ha indotto Emilio Azaretti ad avanzare per la nostra porta il ruolo di falsa, ingannatrice, ossia “canarda”, considerata la sua posizione inserita in un impreciso antemurale cittadino, rivolto al controllo della strada in direzione appunto della Francia. Il manufatto presenta due fasi di costruzione: la parte muraria inferiore data al 1158, coeva della Fortezza del Colle, o Castelvecchio, eretto dai genovesi a cavaliere della città, per assumerne il controllo. La aggiunta torre, che svetta sopra il più antico manufatto, nel lato di Mezzogiorno, precisamente a ridosso della porta vera e propria, data al marzo 1221, quando le truppe genovesi guidate dal Martinengo stabilirono l’assedio decisivo verso Ventimiglia. Coeve di costruzione sono altresì le mura genovesi, inerpicate sulla collina delle Maure, che sostenevano quell’assedio da Levante, con la presenza di due porte: quella “delle Maure” che è stata visibile fino al 1972, oltre a “Porta delle Asse”, della quale si ha memoria, abbattuta dai lavori per il terrapieno ferroviario di stazione, in prossimità al letto del Rio Resentello, attorno al 1865. Quelle due porte sono state talmente invise ai ventimigliesi che hanno finito per essere chiamate “e Portasse”, parafrasando il titolo di quella sul Resentello, pur non sconcertando i genovesi. È possibile che gli assediati abitatori dello “Scögliu” abbiano chiosato anche sulla “Canarda”, barriera che gli precludeva i contatti provenzali, arrivando a definirla “caina”, ovvero sleale, in assonanza con lo spagnoleggiante “caynardo”, nel senso di “canneto”, quale luogo desolato.

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Latte: Làjte, frazione di Ventimiglia.  - 1125 in valle de Laiyte (doc. in LATOUCHE, Not. Vint., 187); 1182 decimam quam habetis in Lacte (A.S.L., 480 = Doc. Ment., 11); 1260 usque ad fossatum Lactis (ROSSI, Doc. Vent., 133); 1264 terram quam habeo in valle Lactis (CAIS, Cont. Vent., 133); 1303 ... cum erbatico territorii Penne et montium Lactis, Ulmetque, etc. (Stab. Erb. Vent., I) ; 1523, 1618, 1655 aLayte.Laite (et. v. A, B, E, F, G, passim); 1760 Laite (C.A.S.T.); it. Latte passim. - Se direttamente da lajte < LACTE «latte» occorre pensare ad un senso metonimico di «bianco», riferito al torrente (cfr. un Fiumelatte in Lombardia, OLIVIERI, Top. lomb., 242). Altrimenti potrebbe essere il rifacimento etimologico di un primitivo latte, dalla voce latta «pertica», «palo di vite», diffusa in tutto il dominio provenzale e presente nel medio evo anche nella Liguria occidentale (ad es. negli Statuti di Ceriana: ROSSI, Gloss., app. 42), dal germ. LATTA, REW, 4933, di identico significato. Numerosi altri esempi nella toponomastica della Provenga: cfr. les Lattes frazione di Sant’Albano (A. M.), les Lattes (com., Hérault), ecc., v. MISTRAL, II, 191. Dalle pendici Est della Longoira, il Rio Latte percorre un’erta vallicella, chiamata Valle del Ruassu, che lo porta dai mille metri della Fontana del Lupo agli ottanta metri, sulla base delle pendici Nord-Ovest della Cima di Gavi, sotto il borgo di Sant’Antonio. Da quel punto, il Rio volge deciso a Meridione percorrendo il Vallone di Latte, dal quale prende nome il territorio ed il borgo che un tempo era conosciuto anche come San Bartolomeo. Dopo aver percorso la piana alluvionale, alla base delle pendici Est del Colle Belenda, il Rio Latte sfocia nel Mar Ligure, nel territorio di Sant’Anna. Il Lamboglia riferisce sul toponimo: Làjte, frazione di Ventimiglia. - 1125 in valle de Layte (doc. in LATOUCHE) Not. Vint., 187); 1182 decimam quam habetis in Lacte (A.S.L., 480 = Doc. Ment., 11); 1260 usque ad fossatum Lactis (Rossi, Doc. Vent.,133); 1264 terram quam habeo in valle Lactis (CAIS, Cont. Vent., 133); 1303... cum erbatico territorii Penne et montium Lactis Ulmetque ... (Stab. Erb. Vent., I); 1523, 1618, 1655 Layte,Laite (et. v. A,B,E,F,G, passim); 1760 Laite (C.A.S.T.). Se direttamente da lajte < LACTE «latte» occorre pensare ad un senso metonimico di «bianco», riferito al torrente (cfr. un Fiumelatte in Lombardia, OLIVIERI, Top. lomb., 242). Altrimenti potrebbe essere il rifacimento etimologico di un primitivo latte, dalla voce latta «pertica», «palo di vite», diffusa in tutto il dominio provenzale e presente nel medio evo anche nella Liguria occidentale (ad es. negli Statuti di Ceriana: Rossi, Gloss, app. 42), dal germ. LATTA, REW, 4933, di identico significato. Numerosi altri esempi nella toponomastica della Provenza: cfr. les Lattes frazione di Sant’Albano (A.M.), les Lattes (com., Hérault) ecc., V. MISTRAL, II, 191. La chiesa di Sant’Anna, costruita nel 1328, si ergeva ai bordi della grande spiaggia, erosa dai lavori per la ferrovia dal 1870, fino al 1922, quando la chiesa veniva ingoiata dal mare. Sant’Anna era di proprietà della Confraternita dei pastori di Tenda, che erano usi “transumare” le greggi al mare, nei mesi invernali. Dai Ciotti, a Calvo e Bevera, le alture di Ciaixe, con Sant’Andrea di Camporosso, fino alla Collasgarba; erano sede invernale di molte greggi, che vi trovavano pascolo, ancora nel 1980. Nel Medioevo, la maggior parte delle pecore era ospitata nella Valle del Latte, che forse proprio per quello, durante l’inverno, aveva trovato il suo nome.

 

Mortola (La): A Múrtura.  - 1219 In partibus Fucis Ventimili et Murtule (OGERIO PANE, Ann., Gen., ad a.); 1351 loco dicto la Mortola (Doc. Grim., 391); 1398 la vale de la Mortořa (Perg. Com. Vent.); 1514 loco dicto lo cavo delle Multre (Doc. Mon., II, 137); sec. segg. Mortola passim.  - Già nel medioevo il top. abbracciava tutta la zona litoranea tra il vallone di Latte e il confine di Ponte San Luigi (cfr. anche il top. Grimaldi).  È la voce ligura murta, riflesso di MYRTA, REW, 5801) «mirto», ampliata in -öla con lo stesso procedimento di prüxuřa < PULCIS, rösura < ROSA, ecc., frequente nel ligure. Cfr. un altro Mortola presso Portofino (Genova) e il cogn. Mortola.

Grimaldi: Grimàudi, frazione di Ventimiglia presso il confine di Ponte San Luigi.  - 1514 loco dicto lo cavo delle Multre, vulgariter dictum le Grimalde (Doc. Mon., II, 137); 1655 terra detta le Grimaude (et. v. G); 1760 Grimardi; Grimaldi passim.  - II nome, pluralizzato al femminile («terra dei Grimaldi»), è legato ai possedimenti acquistati in queste località dal principe di Monaco, a partire dal 1351; cfr. l’atto pubblicato in Doc. Grim., 391, mediante il quale Carlo Grimaldi acquista « quandam peciam terre positam in territorio  de  Ventimilio,  gerbe,  loco  dicto  la Mortola, cui choeret superius collis... inferius via publica... versus oriente valonus Multe..., versus occidente terra Nicolossii Garoffii de Mentono», cioè l’intero territorio dell’attuale frazione Grimaldi, tra il vallone della Mortola e Garavano e dalla sommità della collina alla via pubblica, allora corrente presso il mare. V. anche ROSSI, Vent., 72.

 Ciotti: i Ciotti, frazione di Ventimiglia.  - 1655 li Ciotti (et. v. G); 1760 li Ciotti (C.A.S.T.).  - La voce cióttu è tuttora vitale in tutta la Liguria Intemelia nel senso di «fosso», «avvallamento», ed è l’equivalente di sótta, diffuso più ad oriente. Essa corrisponde a clot de! Nizzardo e di tutta la zona alpina, «pianoro coltivato» (MAGNAN, 63; MISTRAL, 573); ma i significati non coincidono, e il nostro si avvicina piuttosto a quello di cros nizzardo. È probabile un incrocio fonetico e semantico tra cros, clot provenzali da un lato e il ligure sótta, dall’altro. *KLOTTON, REW, 4717.

                            N. Lamboglia