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VENTIMIGLIA

RIVA DESTRA della ROIA

 

          Nel V secolo gli abitanti di quello che restava della Albintimilium imperiale, sita alla foce della Nervia, in inarrestabile decadenza, andarono ad abitare sul colle a destra dello sbocco della Rotuba nel Mar Ligure. Quel luogo è da considerarsi, da sempre, il punto più caldo di tutto il Nord Italia, nonostante la tramontana soffi dalle montagne, per tutto l’inverno. Ventimiglia è riscaldata tutto l’anno dalla brezza tiepida del mare.

        Stabilendo di organizzare militarmente le terre riconquistate in Italia, nel 541, l’imperatore bizantino Giustiniano I creava, sulla costa ligure, da Garavàno fino a Luni, la Provincia Maritima Italorum. Sul nostro territorio fortificava il "Capo" che stava ospitando la crescita di Vinctimilio, al fine di proteggere l’abbozzo di un “Porto Canale”, ben occultato dalle sporgenze dello “Scögliu”, nella parte medio bassa della “Riva Destra” della Roia.

         Venne così a formarsi la Ventimiglia Medievale, arroccata dove transitava la Via Julia Augusta che da Roma conduceva ad Arles. Quel presidio fu uno dei più durevoli domini Bizantini, fino alla conquista da parte dei Longobardi, nel 638. Poi divenne Contea, nell’Anno Mille fu “Libero Comune Marinaro”, fino alla sottomissione genovese del 1222.

         La parte terminale della “Sponda Destra” è caratterizzata dalle alture di Colle Appio, del Monte, del Poggio e del “Cavu”, antropizzate in scenografica successione. Tenendo conto del luogo ameno della “Marina”, oggi qualificata da “Cala del Forte”, tutelata da “Punta della Rocca”.

SOBBORGHI IN RIVA DESTRA

  

 A SPUNDA DE LERCA D’A SCCIÜMÀIRA

       La pianeggiante “Spunda d’a Lerca”, invece, è dominata dalle imponenti alture create dalle “Rocche di Roverino”, contrassegnate dalle “Barme”, e degradanti fino alla Colla di Siestro, tutelata da quella delle Maure, fino alla “Colasgarba”, sormontante la “Buca d’a Nervia”.

        A mezzo chilometro dalla foce, nel XV secolo, venne costruito un ponte per collegare la Città Alta al sobborgo della duecentesca “Bastida” filogenovese, dove, da poco operava un convento di Canonici Agostiniani.

      In corrispondenza della Foce Roia, con l’arrivo dei binari ferroviari sulla costa ligure, a partire dall’Ottocento, la superficie lagunare dei “Paschei” si è velocemente antropizzata, attorno alla “Stazione Ferroviaria Internazionale” venendo a costituire il moderno “Centro Cittadino”, conosciuto come “Sestiere Sant’Agostino” o “Cuventu”. Dal secondo dopoguerra è avvenuta la cementificazione delle Asse, che a antropizzato il territorio di costa fino alla sponda della Nervia.

      I binari che proseguivano per la Francia transitarono su un ponte eretto trecento metri a monte dell’antico ponte carrozzabile. Il moderno caotico traffico veicolare ha avuto la necessità di raddoppiare l’antico ponte e di innalzare un mastodontico “dinosauro veicolare” per evitare l’attraversamento dei binari in direzione Nord, dando accessibilità al Piemonte.

       In antico tale accessibilità è avvenuta valicando il “Passu d’u Strafùrcu”, a Nord di Monte Pozzo, fino a quando, a partire dall’antico ponte, nel 1877, venne costruita la strada carrozzabile verso il valico del Col di Tenda e il Piemonte; che attraversa in sequenza i territori delle “Serre”, delle “Gianchéte” e di “Ruverìn”.

 

 

TOPONIMI

Serre: La zona posta ai piedi del poggio che supporta l’attacco della mulattiera per Siestro, prima del riempimento dovuto alla costruzione della sede ferroviaria, aveva come toponimo “SERRE” e non già il confuso e per noi diffuso “Serro”, stimato quale chiusura pietrosa al cammino, o dosso soleggiato. Da metà Ottocento, la zona Serre veniva occupata dalla Conceria Lorenzi, dalle pompe di sollevamento del Pubblico Acquedotto e dal passaggio a livello, nonchè da quello che sarà il primo tronco di via San Secondo. Zona Serre perdeva così le caratteristiche medievali che del toponimo saranno pur state la promozione. Qualche tempo addietro, indagando sull’argomento sono caduto nel tranello di considerare il toponimo frutto della dislocazione in loco d’una serie di padiglioni vetrati, adibiti alla coltivazione di particolari specie vegetali. Se il nome doveva avere origine medievali, come avrebbe fatto a riferirsi alle moderne costruzioni in vetro? Soltanto ora, a distanza di anni, ho provato ad azzardare ipotesi diverse, fino a giungere a quella di considerare la virtuale presenza di segherie. Serre, come laboratorii per il taglio dei tronchi in tavole e tavoloni, magari adatte a quella che dev’esser stata una florida attività cantieristica medievale, locale. Ebbene, tutto potrebbe combinare. La deviazione della corrente del Roia al disopra dei Gorretti, da Roverino verso i Paschei, avrebbe portato in zona Serre la forza motrice. Il successivo Canale Lorenzi potrebbe averne rilevato l’efficacia ed il tracciato, quasi ovvio, se si considera il naturale sbocco del Roia sito nei pressi dell’attuale Miramare. La stessa corrente, opportunamente incanalata, potrebbe essere stata veicolo per il trasporto fluviale dei tronchi di larice, direttamente dai boschi del tendasco. Il luogo opportunamente rialzato, rispetto alla zona paludosa del Sottoconvento, potrebbe esser stato luogo efficace alla dislocazione delle segherie “industriali”, del tempo. Nel nostro dialetto “serràcu” e “sèrra” sono i termini che indicano gli strumenti atti a “serracà”, tagliare il legno appunto. “SERRE” come luogo di dislocazione di più d’una “sèrra”, e stata l’ipotesi che mi ha soddisfatto, in attesa di quanto ne potrà dire l’archeologo.

Gianchéte : La dottoressa De Vincenti-Amalberti ha trovato il toponimo “Chianchette” in un documento cinquecentesco conservato all’Archivio di Stato, termine che può riferirsi alla località Gianchette, quella che oggi ospita anche il nostro cimitero e che ricorda le rovine ed i lutti per l’orrendo bombardamento del quarantatre. L’origine etimologica potrebbe derivare da “cianca” nel significato di “sorta di riparo con grosse travi e terra usato nell’antica fortificazione od in idraulica”, lo stesso che “palancola”. È vero che il luogo, prima che venisse messo in opera il terrapieno sostenente il tracciato ottocentesco della Strada per il Piemonte, interagiva in totale sintonia col greto del fiume Roia, fino a far credere che il nome potesse definire una palificazione a sostegno degli orti, ricavati sui terreni alluvionali di braida. Potrebbe trattarsi persino delle opere per la deviazione praticata dai genovesi durante l’assedio del 1221. La medesima simbiosi con le acque del fiume, specialmente del ramo in correntia, deviato all’altezza di Roverino onde ottenere il Lago portuale alle falde della città medievale, suggerirebbe il medesimo etimo nel significato di “tavola che serve da ponte volante tra un natante e la terra”, ponendo il sito in qualità di scalo fluviale, magari soltanto per un periodo limitato di tempo. A pensarci bene, non sarebbe da disdegnare il significato per un insieme armonioso delle due accezioni riunite, onde dare il senso d’uno scalo d’estuario, fortificato, al servizio della polveriera ventimigliese, vincolo che la zona ha sopportato fino all’anno 1887. La posizione del toponimo, che inizia a meridione dello spuntone roccioso, oggi sede del Camposanto, per concludersi presso gli attuali passaggi a livello, delimita per simbiosi l’ampiezza del Porto Canale medievale, il quale si sarebbe trovato ad occidente fino a metà dell’alveo. Tra l’attuale Camposanto e Ripa Santo Stefano era dunque sita la barriera di regolazione della corrente fluviale.

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Ruverìn, frazione di Ventimiglia. - 1152 ... sicut claudit aqua Redoie versus Roolinum (CAIS, Cont. Vent., 48); 1156... usque ad flumen Rodoie versus Roolinum (CAIS, Cont. Vent., 119) 1177 ... ex alia parte versus Rolinium (CAIS, Cont. Vent., 126); 1257 in Rodolino (not. Amand.); 1413 in loco dicto Royrino (Perg. Com. Vent.); 1442 loco dicto Royrini (Perg. Com. Vent.); 1655 una terra detta Roirino (ct. v., passim); sec. XIX Roverino passim. Risulta da questa documentazione che il passaggio a Roverino, nella grafia e nella pronuncia, è un fatto assai recente, sotto l’influenza di ruve «quercia». Tutte le forme antecedenti tradiscono una pronuncia Rujrin, che appare un diminutivo di Röj(r)a (Roia); ed infatti le forme più antiche conservano ancora, nei due o, il segno della recente caduta del d e della provenienza da un Rudurín diminutivo di Rudúja > Redúja, con la stessa propagginazione di r che è, sebbene alquanto più tarda, in Rodoria (cfr. sopra). Il top. deve dunque trarre origine dal braccio del Roia che si stacca, in questa parte bassa della valle, dal letto principale verso il margine destro e costeggia l’argine sinistro, lasciando in mezzo terre coltivabili: infatti nei documenti più antichi il top. è sempre citato in relazione al Roia, e solo più tardi si riferisce ad una località.  N. Lamboglia