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STORIA  VENTIMIGLIESE

DUE OLMI, UNO SCHIAFFO, UN TERREMOTO

                                                                                                                                           di Nino Allaria Oliveri

    Nel corso dell’anno 1425 il contabile del Parlamento notificava una certa spesa sostenuta dalla Comunità di Ventimiglia, per “fare sostituire, piantare e innaffiare alcuni alberi di Olmo sulla piazza della Cattedrale”.

    L’ordinanza, che era stata emessa con il consenso unanime dei deputati, compresi quelli delle ville, doveva porre fine ad uno scontro, in atto da molto tempo, tra i canonici e la popolazione e ridare alla piazza l’antico “splendore con i tolti alberi voluti dai nostri antenati”.

    Per il solerte contabile la notificazione era una dovuta registrazione di una spesa e, anche se di minimo valore, il tralasciarla avrebbe sconvolto la contabilità tra entrate ed uscite; per noi, a distanza di alcuni secoli, resta ad indicare e, con un pizzico di fantasia, a far rivivere le antiche usanze e come la Piazza della chiesa Cattedrale fosse il fulcro della vita politica e cittadina. In essa i Ventimigliesi si riunivano per la difesa dei diritti conculcati, giuravano sottomissione; si affrontavano in sanguinosi scontri le varie fazioni, e i notai, in alcuni giorni del mese, la invadevano con i loro scanni portatili per stendere atti e compromessi di compra e di vendita. La loro attività piazzaiola resta confermata da una infinità di documenti coevi, che, attuato il richiesto, si sottoscrivevano: «Io notaio; questo atto ho fatto in Piazza della Chiesa sotto gli olmi».

    Il continuo richiamo “agli Olmi” in atti antecedenti alla delibera del Parlamento dell’anno 1425 è la conferma come da tempo svettassero sulla piazza due o più alberi di olmi. Una ennesima conferma della loro presenza si estrae da due proteste, datate l’anno 1423, che i signori canonici della cattedrale inviavano al vescovo e ai consoli della città. Conservate nel “Libro I del Capitolo della Cattedrale” ricordano l’oggetto della loro protesta: una letamaia maleodorante che invia cattive esalazioni fino ai piedi dell’altare e fra gli scanni ed una infinità di passeri, che notte e giorno, con il loro brusio rendono impossibile il salmodiare e la preghiera dei fedeli.

    «Lo stesso sacrificio dell’altare è impossibile. Si ordini da Vostra Paternità di abbattere i due olmi antistanti la chiesa, causa di tanto disturbo».

    Non è dato conoscere il nome del vescovo a cui i canonici avevano inviato la lettera, si ipotizza fosse esso il Vescovo de Bellonis, un monaco di Valence, dal carattere mite ma di una determinazione proverbiale; di lui resta noto il rifiuto a presenziare al Concilio di Costanza per l’elezione a Papa del Duca Amedeo VIII e la proibizione ingiunta ai suoi vicari di parteciparvi.

Duca Amedeo VIII di Savoia

    Ricevuta in Sospello, sua temporanea abitazione, la protesta dei Canonici fa ritorno in Ventimiglia e senza sentire i consoli della Città viene emanato un ordine perentorio affinché i due olmi vengano abbattuti: «il tutto per il buon decoro del culto e la santificazione dei fedeli». L’ordine viene eseguito nello spazio di una settimana «se diversamente a decisione del vescovo la scomunica». I Canonici esultano, alcuni fedeli lodano l’operato, ma il grosso della popolazione insorge, si irrita e corre alle minacce.

    Fra i malcontenti un certo Costa, scorto il vescovo sulla porta della Cattedrale in compagnia dell’arcidiacono, urlando parole di invettive, e trascinato dall’odio, pubblicamente schiaffeggia il prelato. Per l’indegno atto incorre “ipso facto” nella scomunica maggiore. A nulla valsero e il pentimento e le interposte scuse da parte dei due consoli; solo da Roma sarebbe giunto il perdono e tolta la scomunica.

    La tradizione vuole che nel frattempo di attesa, il Buon e Giusto Padre Eterno avocasse a se e il perdono e il castigo. Il Costa abitava nella contrada dei “Freixeti* a pochi passi dalla Cattedrale; a metà settembre una scossa di terremoto rese un acervo di pietrisco e di legnami la povera abitazione del Costa, lasciando agibile la contrada.

    Si gridò da ogni parte ad un intervento del cielo; pare che lo stesso Costa andasse affermando, sulle piazze e tra i parenti, essere quello un vero e giusto castigo.

    Lo storico Rossi glossando un antico “Necrologium Ecclesiae Cathedralis” richiama con alcuni brevi accenni ai nostri fatti e buon per lui, che ascrive il tutto al “si dice” e conferma che ai suoi giorni si vedevano ancora alcuni ruderi di quella che fu la casa del malcapitato Costa.

                                                                                                             LA VOCE INTEMELIA  anno LVI n. 1  - gennaio 2001

 

*  La contrada Freixeti sarebbe stata ubicata nei pressi della Cattedrale, dove ancora nei primi dell’ottocento si potevano vedere alcuni ruderi, proprio dietro il Battistero, dove oggi sono sistemate le canoniche ed un monastero. Il termine “freixeti“ gli deriva per essere stata contrada della corporazione dei sarti, in quell’epoca intenti ad accessoriare gli abiti con grandi quantità di nastri e nastrini. Ma il nome, in senso dispregiativo, veniva usato per indicare le abitazioni del «malaffare» d’allora. Allegre donnine avrebbero potuto abitare in contrada Freixeti, ma ancor peggio per al morale d’allora, i noti travestiti dell’epoca. Come veri e propri «viados» con molta probabilità si sarebbero potuti servire, durante la notte, delle evanescenti ombre prodotte dagli olmi per i loro convegni depravati. E questa potrebbe essere una più plausibile scatenante, tanto del taglio degli olmi, quanto dello schiaffo e del susseguente anatema.

    Nella nota n. 3, al NECROLOGIUM, pubblicato in coda alla sua STORIA cittadina, Girolamo Rossi riporta: «La piazza di cui si parla è l’antìca “platea crotarum“ che si stendeva davanti al palazzo vescovile (ora seminario) e davanti le tre porte della cattedrale. Su questa piazza sorgeano olmi, sotto di cui i notavi redigevano i loro atti. Nel libro delle spese del comune, dell’anno 1425, leggo: pro faciendo plantare urmos ante ecclesiam et pro ipsos aquando. Sulla scomparsa poi di detti olmi corre, per le bocche del popolo, una tradizione. Un vescovo avrebbe ordinato lo abbattimento di detti alberi, perché intervenendo sopra di essi grandi stormi di passeri, disturbano i canonici nella recita dei divini uffici. Irritata la popolazione di questo, vi fu un tale di cognome Costa, il quale avrebbe avuto la temerarietà di dare pubblicamente uno schiaffo al prelato per cui, incorso nella scomunica, avrebbe visto subissare da un terremoto la contrada dei “freixeti“ dove abitava. Di questa contrada presso la, cattedrale si vedevano non ha molto alcuni ruderi».

 

GLI OLMI DELLA CIASSA

                                                                                                             di Luigino Maccario

    I notai del XIII secolo stendevano i loro rogiti sotto gli olmi nella verdeggiante piazza che fiancheggiava la Cattedrale, antistante la medievale dimora del Vescovo, costruita appunto sulla “platea crotarum”.

    Nel 1423, quello che si definiva Liber Communis Vintimilii, il quale languiva invece sotto il dominio di Filippo Maria Visconti, riceveva dal Capitolo della Cattedrale una petizione per l’abbattimento di quegli olmi, antistanti le canoniche, a causa delle cattive esalazioni che mandava lo strame che essi accumulavano e dei troppo cinguettanti passeri che ospitavano.

    Il Comune li accontentava, ma con l’insorgere della popolazione, un certo Costa, ambientalista del tempo, abitante nella limitrofa località Freixeti, inveiva contro il vescovo Ottobono De Bellonis e lo schiaffeggiava sulla porta della Cattedrale.

    Era il periodo nel quale i Grandi Inquisitori provavano piacere a far bruciare o recidere quest’albero magico e profetico, pensando così di estirpare le radici del male e di vincere i demoni.

    Soltanto tre anni dopo, nel 1425, il Comune decideva di guarnire nuovamente la piazza di alcuni rigogliosi olmi, per ridargli l’antico “splendore con i tolti alberi voluti dai nostri antenati”.

    In quel periodo, il francescano osservante Bernardino da Siena ha tenuto in Cattedrale sermoni memorabili, contro le eresie e la stregoneria. Nel giugno del 1497, l’inquisitore fra Girolamo era inviato a Briga, per estirparvi gli eretici. In agosto, smise di sgorgare l’acqua dal pilastro di sinistra del peristilio. Quell’acqua era creduta miracolosa ed attirava numeroso pubblico, la vigilia dell’Assunta; ma somigliava troppo alla magia.

    Sarà però nel 1741, dopo due secoli e mezzo, che il vescovo Pier Maria Giustiniani acquistava l’attuale episcopio, pensando di istituire in quello vecchio il Seminario diocesano; operazione che venne condotta a termine dal vescovo Domenico Clavarini, nel 1775.

    Da quell’anno, i lussureggianti olmi della Ciassa sono stati sostituiti dall’antiestetico palazzone, il quale, essendo stato in piedi per due secoli e mezzo, potrebbe ora dar spazio ai nuovi lussureggianti olmi della Ciassa.

 

Conclusioni dell'articolo di L.M., pubblicato nel 1993

FREIXETI, un “giallo” con avvio “verde” !!!

…. Dalla storia degli olmi, dello schiaffo e del terremoto, è derivato lo stravolgimento edilizio ottocentesco della zona a sud-est della Cattedrale. La costruzione delle canoniche è aggregata ai restauri successivi al 1842, così come il monastero di vico Battistero, mentre, a conclusione, con ordinato consolare il 15 aprile del 1835, venne approvato dal Comune il progetto del capo d’opera Secondo Notari, per la costruzione del nuovo seminario diocesano, ritenuto fin da allora «senza qualità e difettoso» da l’ingegnere Verdese, del Genio Civile.

    È lo stesso palazzone che ancor oggi, ridotto a «civile» abitazione, deturpa irrimediabilmente il panorama generale della nostra città medioevale, mentre restringe la piazza «insc’ê crote» ed opprime la Cattedrale da levante. Quando arriveremo a ripristinare l’urbanistica del sito, accontentando il temerario Costa ?

                                                                                LA VOCE INTEMELIA  anno XLVIII n. 4  - aprile 1993

 

 RIPORTIAMO GLI OLMI IN PIAZZA