SEBORGA
e il PRIORATO di SAN MICHELE
Il rogito per una donazione, datato all’anno 953, segnala a capo della Contea di Ventimiglia un conte di nome Guidone. È questo il primo documento che tramanda l’esistenza della nobile famiglia Ventimiglia a presidio dell’intero Bacino del Roia.
Con quell’atto, il conte Guidone avrebbe concesso in legato alla rinomata Abbazia di Lerina, il Castrum Sepulcri, un villaggio fortificato sulle alture alle spalle di Montenero, che la famiglia contile aveva scelto per custodirvi il sepolcro del casato.
L’occasione per cui Guidone legava ai monaci lerinesi le proprie radici era rappresentata dalla sua prossima partecipazione, aggregato all’intera nobiltà di Liguria, nella spedizione armata per scacciare gli infestanti Saraceni, dalla base che questi detenevano al Frassineto, l’attuale Frejus, sulla costa della Provenza, nella regione del Var.
L’abbazia, situata sulla minore delle isole di Lerino, poco lontano dal Frassineto, rappresentava il caposaldo contro le scorrerie saracene ed inoltre fungeva da appoggio ai Monaci Antoniani che operavano nell’hospitalis, per la cura del “herpes zoster” che la famiglia contile aveva abbinato al Priorato di San Michele Arcangelo, della limitrofa chiesa romanica dedicata al santo.
Intorno a quegli anni, pare che Guidone avesse già rivolto un legato sul luogo di Capo Ampeglio alla appena costituita abbazia provenzale di Montmajour, presso Arles, sede riconosciuta dei già citati Monaci Antoniani. L’intento era quello di far fondare su quel sito un monastero. Tale disegno andrà a buon fine e su Capo Ampeglio un chiostro resterà attivo per più di un secolo.
Il legato formulato dal conte Guidone metteva dunque assieme il villaggio fortificato di Seborga con la fruizione del Priorato di San Michele Arcangelo, in Ventimiglia. Da quel momento le due entità ebbero una vita in comune, anche quando l’Abbazia lerinese ottenne il riconoscimento di Principato abbaziale. Pare che il titolo non sia mai stato acquistato dalla Casa Savoia, quindi, mai ratificato quale dipendenza del Regno d’Italia, circostanza che ha oggi permesso la creazione del Principato di Seborga.
L.M.
Sant'Ampelio San Michele
IL PRINCIPATO ABBAZIALE DI SEBORGA
HA CONIATO MONETA
…….. I monaci provenzali traevano scarsi profitti dalle rendite del possedimento e, spesso, erano costretti a contrarre prestiti in denaro per alleviare la misera vita dei sudditi. Il principe abate Cesare Barcillon, nel dicembre 1666, onde ricavare consistenti entrate, aprì un'officina monetaria nel piano sottostante il palazzo abbaziale, sito in piazza san Martino: il primo zecchiere fu Bernardo Bareste di Mougins. Furono battuti diversi conii e l'attività durò fino all'ottobre 1689. I luigini, però, contenevano un basso tasso di argento e dunque non erano graditi neppure in Oriente, anche per la concorrenza di altre zecche, come quella della contea di Tassarolo. Luigi XIV di Francia ne dispose la chiusura. ……... WIKIPEDIA |
Abbazia fortificata di Montmajour - Arles
LE RELAZIONI TRA IL MONASTERO DI
MONTMAJOUR,SEBORGA
E SANT’AMPELIO DI BORDIGHERA
N. LAMBOGLIA 1966
Sono lieto di poter presentare a questo Congresso ligure-provenzale e al giudizio dei medioevalisti e dei paleografi qui presenti l'originale del documento più antico e fondamentale sul culto di Sant’Ampelio di Bordighera, che ci ha fatto conoscere tre anni or sono il nostro amico Guy Barruol e che ho pubblicato nella Rivista Ingauna e Intemelia con qualche persistente incertezza di lettura.1 Esso è una singolare carta di autenticazione di reliquie che furono trovate, insieme con la pergamena, in un ripostiglio murato nella chiesetta di St-Michel l'Observatoire (Basses-Alpes),2 ripiegata e perciò in un punto, in corrispondenza di più righe, irrimediabilmente mutila. La principale reliquia ivi conservata era appunto quella di Sant’Ampelio, e il breve vuol ricordare che essa era stata comprata (da S. Martino vi si dice, con singolare confusione cronologica e agiografica) ad domum Sancti Ampelii, che altro non pub essere se non il monastero di Sant’Ampelio sul promontorio omonimo, da cui trae origine la Bordighera tardo-medioevale.
L'interesse preminente di questa attestazione del culto e dei monastero di Sant’Ampelio (a parte ogni questione agiografica sull'età e sull'autenticità del Santo e sui particolari della sua poetica «leggenda») consiste nel fatto che il documento, per i caratteri paleografici e per la lingua e la formula, rientra nel secolo XI, cioè in età anteriore ad ogni altra testimonianza sull'esistenza della chiesetta, e in particolare a quell'età in cui, a partire dal secolo XIII, essa è attestata come monastero benedettino, prima di essere la più antica parrocchia di Bordighera e infine commenda.3 Esso ci ha perciò indotto a fare ulteriori ricerche sulle origini e sulla più antica storia del monastero, dal quale il corpo di Sant’Ampelio sarebbe stato asportato l’anno 1140, nella prima lotta fra Ventimiglia e Genova. E la luce ci è venuta ancora dalla Provenza, perché il cartulario dell'abbazia di Montmajour, imperfettamente e incompletamente pubblicato nei 1894 nella Revue Historique de Provence, contiene tuttavia un documento, dell'anno 1204, in cui fra i possedimenti della celebre abbazia arelatense è appunto citata per ultima perché la più lontana: abbatia Sancti Ampelii, !etto Apellen o altrimenti dall'editore,4 ma da me controllato ora sull'originale, cortesemente fornitomi in fotocopia dall'archivista di Marsiglia, Edouard Baratier.
Non mi sembra possibile dubitare di questo duplice fatto, rivelato da tale documento, che rimase ignoto a Girolamo Rossi e agli altri studiosi liguri e perciò non è entrato finora nella cerchia delle nostre fonti storiche abituali: che Sant’Ampelio fosse ancora al principio del secolo XIII abbazia, il che spiega assai naturalmente, come finora non era stato possibile, la qualifica di «Parroco Abate» propria del Parroco di Bordighera a partire dal secolo XVI, cioè dall'epoca di traslazione della parrocchia da Sant’Ampelio all'interno della città alta; e che l'abbazia di Sant’Ampelio fosse una dipendenza di Montmajour, ossia fosse diventata una lontana propaggine dell'influenza monastica provenzale, la quale per via del Monastero di Lerino giunse egualmente a Ventimiglia col priorato lerinese di San Michele, la chiesa gentilizia dei conti di Ventimiglia, unita fin dal secolo XI al piccolo feudo di Seborga.5
Orbene, è rimasto finora un mistero, nella ben nota ma lacunosa storia del minuscolo Principato di Seborga - feudo monastico divenuto agli inizi del secolo XVIII oggetto di una sottile lotta diplomatica fra Genova e il Piemonte e venduto a quest'ultimo nel 1729 - la ragione per cui, al momento della vendita, i Padri dell'abbazia di Montmajour divennero l'elemento condizionante dell'approvazione del contratto, e lo approvarono solo dopo venticinque anni di contrasti e mediante il versamento dell'indennità di 15.000 lire a proprio vantaggio, contro le 175.000 a vantaggio di Lerino. Quale l'origine dei diritti di Montmajour congiuntamente a Lerino, sul territorio di Seborga? Essi risalgono apparentemente ad una c1ausola del famoso documento apocrifo del 954, che sta alla base della contrastata storia dei Conti di Ventimiglia prima del Mille, nel quale si stabiliva: neque dictum castrum (de Sepulchro) possint vendere, cambiare vel a!ienare ... quod si fecerint comittant predicta et ad fratres monasterii Sancti Petri Montis Maioris penitus devolvantur: clausola che fu infatti invocata e che pose in discussione e bloccò la vendita ai Savoia dal 1697 al 1729.
È ormai riconosciuto ed ammesso che tale atto del 954, se pur raffazzonato c tramandato in forma scorretta nelle varie copie, ha il suo punta di partenza in un documento autentico, stilato da Guido Conte di Ventimiglia al momento di partire dal porto di Varigotti contra perfidos Saracenos ossia per partecipare alla spedizione definitiva capitanata da Guglielmo Conte di Arles per la cacciata dei Saraceni dal Frassineto, che terminò nell'anno 972.6 Non vi sarebbe quindi nulla di anormale che l'atto autentico contenesse, con la donazione di Seborga ai Lerinesi, anche la c1ausola di salvaguardia che stabiliva la devoluzione all'abbazia di Montmajour in casa di vendita.
Orbene la ragione di tale clausola e l'intervento dei monastero di Montmajour in Seborga si spiega ora molto meglio di prima ammettendo che, all'epoca del documento di donazione, lo stesso monastero arelatense fosse in possesso dei territorio a mare di Seborga, cioè della domus Sancti Ampelii e del territorio in cui sorse la futura Bordighera, o meglio ancora, che con donazione analoga e contemporanea i Conti di Ventimiglia abbiano concesso all'abbazia di Montmajour il territorio di Bordighera a cui Seborga fa capo, per costruirvi la nuova abbazia di Sant’Ampelio. È infatti praticamente tutto il territorio ad oriente di Ventimiglia e del Nervia, da Monte Caggio al mare senza soluzione di continuità, che veniva a trovarsi nel secolo XI sotto il dominio monastico provenzale, e !'abbazia costiera viene ad aver riconosciuta la preminenza sullo stesso priorato di San Michele e su Seborga, retroterra e complemento della futura Bordighera.
A questo punta occorre riportarci al particolare momento storico del testamento del conte Guido. Le terre rurali fuori delle mura cittadine erano deserte et sine habitatore relicte per le scorrerie saraceniche, e la spedizione dei feudatari liguri e provenzali, che anticipò le crociate, ebbe come scopo quello di liberarle dal la minaccia e di prepararne il ripopolamento e la rimessa a cultura. I monasteri erano allora un mezzo tra i più efficaci per il rinnovamento economico ed agricolo e, i signori feudali, come già i re longobardi e franchi, gareggiavano nel beneficarli e nel metterli in condizione di operare per la redenzione delle terre e degli uomini. Le due maggiori abbazie provenzali, Lerino e Montmajour, tendevano a dilatare i loro possessi su tutta la Provenza, e molti loro diritti e possedimenti terrieri risalgono a tale periodo. Non vi sarebbe dunque se non da ammettere che il Conte Guido o il suo successore Corrado abbiano da un lato affidato ai monaci di Lerino la loro stessa chiesa gentilizia, San Michele, dotandola col territorio di Seborga per riorganizzare e rimettere a cultura le terre in vicinanza della città, dall'altro abbiano concesso al Monastero di Montmajour Sant’Ampelio e tutto o in gran parte il territorio odierno di Bordighera, per costruirvi, appena cacciati i saraceni, la chiesetta sul mare che significava la ripresa del suo pieno possesso dopo la liberazione. È in seguito a tali eventi che sarebbe dunque sorta, nello scorcio dei X secolo, la chiesa primitiva di Sant’Ampelio, con la cripta a due absidi, di età nettamente protoromanica, che stiamo restaurando.7 È un'ipotesi per spiegare gli elementi oscuri che finora sono in nostro possesso. Può darsi che in avvenire qualche documento nuovo esca ancora alla luce, a confermare o a smentire quanto proponiamo.
NOTE
1 – n. lamboglia. Un nuovo documento sul culto di S. Ampelio e le origini di Bordighera, in Riv. Ing. Intem., N. S. XVII (1962), pp. 1-7. Ripeto qui la lettura più completa che sia stato possibile ottenere: Breve de partrecinias quem Dominus corant Se(de?) Beali Petri accepit illam per primam c(um?) p[ ... ] tend(ebat?)] beatus Martinus ad Romam usque (?) ill[ am coram Sede Beali] Petri accepit beatus Martinus dando [ ... ] usque ad domo Sancti Ampellii quibus Sanctus Martinus re [s] po [ndeb] at anare el istam ciram ad Sancto Ampellio dabet [ ... ]; beatus Martinus andabat sicut Domino placuit. Allias patricinias reliquie Sancti CIementis, reliquie Sancti Florencii, reliquie Sancti Gervasii, reliquie Sancti Silvestri, reliquie Sancti Mauricii.
2 - Vedi ora su tale monumento: St-Michel l'Observatoire - Le cadre et le destin d'une communauté rurale, Monografia della Collection «Sites et Monuments» de Haute Provence, 1964
3 - Per tuti e le notizie storiche, finora assai lacunose, vcdi il mio articolo citalo alla nota 1.
4 - Revue Historique de Provence, 1894, pp. 295-299. L'originale è negli Archives Départamentales des Bouche-du-Rhône a Marsiglia (Fonds de Montmajour, cote 2 H 1),
5 - Lo studio fondamentale al riguardo rimane quello di h. cais di pierlas, I Conti di Ventimiglia, il priorato di S. Michele e il Principato di Seborga, in Miscellanea di Storia Italiana, N. S. II, t. VIII. Precedente l: l'articolo di girolamo rossi, Il priorato di S. Michele hl Ventimiglia e il Principato di Seborga, pubblicato postumo in questa rivista, N. S. IV (1949), pp. 44-50 e V (1950), pp. 34·38. A entrambi rimando per i particolari che seguono e specialmente per la vertenza a cui diede occasione la vendita ai Savoia.
6 - Al riguardo è da tener presente il più recente studio di u. formentini, Conti e Visconti di Luni e Conti di Ventimiglia, in questa rivista N. S. VI (1950), pp. 1-5, dove le circostanze storiche relative alla posizione dei Conti di Ventimiglia nella crociata anti-saracenica sono chiariti in modo definitivo.
7 - Se quivi esistessero una chiesa e una fondazione più antica ora possiamo dirlo meno di prima, perché tutto quanto è stato ritrovato non è anteriore al X secolo o ai primi dell'XI secolo. Rimandiamo comunque, per questa parte, alla relazione sui restauri che sarà presto pubblicata.
ISTITUTO INTERNAZ. DI STUDI LIGURI - 1966
Abbazia di Lerino - Isola S. Honorat
Nella attualità
IL PRINCIPATO ABAZIALE DI SEBORGA
Il Principato Abbaziale di Seborga fu una minuscola entità territoriale, di circa 4 km2. Fu riconosciuto all’epoca come stato sovrano indipendente, a seguito dell’approvazione dei primi statuti e regolamenti, redatti per i monaci dell’Abazia di Lerino nel 1261, presso la Cappellanìa di San Michele in Ventimiglia. I monaci del Principato Abbaziale di Seborga regnarono dal 1261 al 1729, anno in cui vendettero tale Principato al Re di Sardegna. La vendita fu autorizzata da Papa Benedetto XIII, ma condizionata al pagamento integrale dei debiti contratti dai monaci di Seborga con la Repubblica di Genova nell’anno 1584.
Nel contratto di vendita del Principato Abbaziale di Seborga si inclusero tutti i territori annessi e anche i titoli e i privilegi dei monaci di Seborga e Lerino. Questo fu stipulato a Parigi il 30 gennaio 1729 e incluse il pagamento di due titoli di credito, uno a favore dei legatari del terreno divenuto Principato Abbaziale e l’altro a saldo dei debiti contratti con la Repubblica di Genova, che però non incassò il titolo di credito che il Re di Sardegna fece consegnare al Reverendo Economo delegato all’atto in Parigi. Così l’atto di cessione del Principato Abbaziale di Seborga divenne giuridicamente nullo.
Comunque, di fatto il Re di Sardegna prese ugualmente possesso del territorio di Seborga a seguito del suddetto rogito notarile, ma non poté mai fregiarsi del titolo di Principe di Seborga non avendo perfezionato l’atto di acquisto.
In seguito il Principato Abbaziale cadde in uno status “dormiente”, ovvero, inattivo dal 30 gennaio 1729 sino al 29 settembre 2019, giorno della sua “riattivazione”, effettuata dai monaci dell’Ordine Monastico di Seborga che elessero un loro Abate Commendatario al fine di ricostituire formalmente il Principato Abbaziale di Seborga.
Alla ricostruzione storica, sopra descritta, aggiungiamo anche questi elementi:
- Il Principato Abbaziale di Seborga perse ogni dovere di legazione con l’Abbazia di Lerino, costituendo lo Stato Abbaziale con l’Abazia di Mont Majeur d’Arles per effetto della vendita del 1729.
- L’Abazia di Lerino perse ogni ulteriore diritto sul Principato Abbaziale di Seborga a causa della chiusura dell’Abazia in data 1788, da parte di Napoleone.
- Il Papa, superiore spirituale del Principe-Abate di Seborga, e lo Stato Vaticano nel 1929 persero ogni diritto di sovranità e di autonomia al di fuori delle mura vaticane con la stipulazione dei “Patti Lateranesi” tra Vaticano e Regno d’Italia.
- A Seborga si ritrova ancora oggi una statua, eretta in onore del compianto Re Umberto I, che fu voluta dalla Regina Margherita unitamente ai seborghini. Tale statua riporta, in data del 20 settembre 1920, la frase: “Seborga nei secoli fedele alla dinastia protettrice”.
- Dal 2 giugno 1946, si costituiva la Repubblica Italiana, e il Principato Abbaziale di Seborga in stato “dormiente” rientrava nel Comune di Seborga, amministrato dal Sindaco eletto tra i cittadini seborghini e i residenti.
A questo punto i lettori si chiederanno cosa si intende oggi per Principato di Seborga. E perché ci sono tanti “principi” che ne rivendicano impropriamente il titolo senza la prerogativa dei religiosi. Alcuni sedicenti principi sostengono addirittura di essere presunti eredi di Napoleone o di altre famiglie imperiali o aristocratiche.
Vogliamo fare chiarezza e spiegare le differenze tra questo principato, che è religioso, e altri “principati” che interpretino in svariati modi l’idea dello stato monastico, senza avere a disposizione dei monaci.
In particolare, vogliamo soffermarci sul Principato di Seborga, quello che è attivo dal 1963, quando il floricoltore Giorgio Carbone, in base agli studi condotti, si autoproclamò Principe di Seborga ed assunse il nome di Giorgio I. Da allora il Principato venne, a poco a poco, conosciuto in tutto il mondo.
A metà degli Anni Novanta, la maggior parte degli abitanti di Seborga, sempre guidati dal principe Giorgio I, decisero di dotare il Principato di una Carta costituzionale e degli Statuti generali, al fine di avanzare la richiesta verso la Corte Internazionale di Giustizia, organo giuridico delle Nazioni Unite, così da ristabilire la dovuta “indipendenza” al Principato di Seborga.
La corte ammise il fatto della non adesione di Seborga alla Casa Savoia, per la mancanza di un documento che lo attesti, ma aggiunse che, se mai, il diritto di eleggere il Principe di Seborga spetterebbe ai presbiteri e ai monaci di un eventuale Principato Abbaziale di Seborga.
Il Principe Giorgio I postulò che:
- 1- Seborga divenne un Principato Abbaziale nell’anno 1261, anno di redazione ufficiale degli Statuti e Regolamenti del Principato Abbaziale.
- 2- I Cavalieri Templari, tra cui alcuni Gran Maestri, passarono per Seborga e ivi deposero le spade divenendo Monaci.
- 3- L’atto di vendita del 30 gennaio 1729 non venne legalmente ed ufficialmente mai registrato.
- 4- L’atto di vendita del 30 gennaio 1729 riguardava il semplice possesso dei territori di Seborga e non la sovranità su di essa.
- 5- Avendo lasciato Seborga, i Monaci avrebbero trasferito il diritto di eleggere il Principe ai cittadini e residenti di Seborga, o diversamente ai cavalieri di ispirazione templare o del Santo Sepolcro, che abbiamo provveduto a rifondare.
Riformuliamo i concetti secondo i documenti veramente esistenti:
- Il punto 2 deriva decisamente da un mito: La presenza, di una Cappella dedicata a San Bernardo e di un Oratorio di San Giovanni de Matha in Seborga, a nostro avviso non conferma ufficialmente che i Cavalieri del Tempio abbiano deposto le armi a Seborga, costituendo, anni dopo, il Principato Abbaziale di Seborga.
- Il concetto al punto 3 è un falso storico. L’atto di vendita autorizzato da Papa Benedetto XIII nel 1728, redatto e registrato a Parigi il 30 gennaio 1729 è conservato in copia presso l’Archivio di Stato di Torino.
- Il punto 4, un’altra modificazione. Tale atto di vendita stabilì la cessione dei territori di Seborga e delle pertinenze come la Cappellania di San Michele, in Ventimiglia, e dei titoli nobiliari di cui si fregiavano gli Abati di Seborga e Lerino.
- Il punto 5 non considera come dal punto di vista giuridico non sia possibile traslare un diritto assegnato a religiosi verso soggetti terzi. In tale contesto, i monaci lasciarono Seborga per il motivo che il Re di Sardegna effettuò il pagamento di due titoli di credito ricevuti come da quietanza in atto dal Presbitero Economo: Padre Benoit de Benoit, delegato dall’Abate Fauste de Ballon, per l’atto effettuato a Parigi.
Di fatto, si potrebbe ricostituire il Principato Abbaziale di Seborga secondo le fonti storiche e teologiche conosciute. Per ora, si è proceduto alla costituzione di una congregazione religiosa in Seborga: l’Ordine Monastico di Seborga, slegata dal Vaticano ma incardinata in un ente religioso che abbia rapporti ufficiali con la Chiesa Cattolica Romana.
Nata da uno scisma Vaticano del 1909, nel Principato di Monaco ha sede la “Polish National Catholic Curch“ in pieno scambio sacramentale con la Chiesa Cattolica Romana, per volontà di Giovanni Paolo II. Della missione monegasca di questa chiesa polacca è dirigente l'abate seborghino Gianluca De Lucia.
Abazia dell'Ordine Monastico di Seborga