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STORIA  della  TAGGIASCA

L’olivicoltura eroica ligure e l’identità di un territorio a partire da un’oliva

 

         Un’oliva divenuta simbolo dell’identità di un popolo. Un territorio reso celebre dallo stesso minuscolo frutto, icona senza tempo consegnata alla storia e al mito. Una cultivar, la Taggiasca, tanto ambita da altri territori, per via di un successo commerciale e di una reputazione senza precedenti, sia che si presenti in forma di olio, sia che si consumi come oliva da tavola in salamoia. La differenza è tutta nel fattore umano, che opera in un ecosistema agricolo così unico, in Liguria, da risultare decisivo e determinante, al punto da contraddistinguere l’imprinting stesso di un popolo. Così, già camminando per oliveti, si riconosce subito una olivicoltura che si manifesta solo attraverso autentici atti di eroismo e di amore, visibili a partire dai tanti terrazzamenti in alta quota, testimonianza concreta e tangibile di una tenacia che non cede mai alle avversità.

          L’olio che si ricava dalia Taggiasca è protetto da una attestazione di origine, la Dop Riviera Ligure. Le stesse olive, lavorate in salamoia, ambiscono a una tutela giuridica, attraverso il riconoscimento di una indicazione geografica specifica. Il libro di cui sono autori Roberto De Andreis e Alessandro Giacobbe apre a uno scenario inedito e ricco di sorprese. La prestigiosa oliva, immagine simbolo dì una regione ad alta vocazione olivicola, viene esaminata nel dettaglio sia negli aspetti propriamente agronomici e tecnici, sia in quelli che raccontano un percorso virtuoso compiuto con coraggio e abnegazione nel corso dei secoli.

 

 

                TAGGIASCA

Io sono la più amata dagli italiani,

ma la mia fama si è estesa ormai ovunque.

Tutti mi cercano e anch’io cerco di darmi un tono.

La classe non è acqua, dice il proverbio.

E infatti vado subito al dunque:

anche se sono piccolini i miei frutti,

mi concentro molto sul mio lavoro,

ho una produttività elevata e costante.

Sono ligure, non disperdo energie.

I botanici mi classificano come cultivar da olio,

ma io ci scherzo su e non dico nulla perché sono educata.

In realtà riscuoto un grande successo commerciale

anche come oliva da tavola,

vesto sia in nero, sia in tonalità cangiante.

Alcuni anziani si ostinano a chiamarmi Lavagnina,

Oliva di Taggia, Tagliasca,

ma io sono Taggiasca per tutti.

      Un nome, una garanzia.

 

Qualsiasi istanza di registrazione

di una indicazione geografica

non può che garantire sicurezza

al pubblico e alla filiera produttiva,

in primo luogo per l’olivicoltore.

Costui è in fondo il vero e proprio

presidio vivente di un territorio difficile,

a forte rischio di danno idrogeologico.

Anche in questo caso

una indicazione geografica

per l’oliva Taggiasca

è da ritenere un dovere morale.

 

                                                    Roberto De Andreis