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PASCA  PIFÀNIA

l'Epifanìa

 

      Nel calendario gregoriano il 6 gennaio celebra l’Epifania, evento che riferisce la visita dei Re Magi a Gesù Bambino come rappresentanti simbolici di tutti i popoli della terra. È l'ultima delle solennità del tempo di Natale. Viene chiamata impropriamente con il termine profano Befana, quale corruzione lessicale di Epifania, dal greco epifáneia, attraverso bifanìa e befanìa., figura folcloristica tipica di alcune regioni, ma diffusasi poi in tutta Italia.

        Con l'Epifania si celebra la prima manifestazione della divinità del Cristo all'intera umanità, con la visita solenne, l'offerta di doni altamente significativi e l'adorazione dei Magi, autorevoli esponenti di un popolo totalmente estraneo al mondo ebraico e mediterraneo.

 

       Nella Zona Intemelia il 6 gennaio trova quale celebrazione Pasca Pifània, l’ultima festività tradizionale legata al solstizio d’inverno, la festa di “passaggio” dei Remàgi quali dispensatori di piccoli doni ai bimbi e alle bimbe. In seguito, questi vennero sostituiti dalla Befana, la buona vecchia maga che di notte scendeva dal camino e lasciava i desiderata dei piccoli al fondo del letto o dentro le calze appositamente appese nelle vicinanze del focolare.

      Come nella maggior parte dell'Europa continentale, altra usanza collegata al pranzo del giorno, era l'uso di preparare un dolce al forno con dentro la figurina di uno dei magi, sovente sostituita da una fava. Al commensale cui fosse capitata tra i denti quella sorpresa sarebbe diventato il rè della giornata con particolari privilegi e obblighi. In Provenza l’usanza è ancora in auge, con l’apprestamento della Galette des rois durante le domeniche fino alla Candelora. Quando un commensale diventa rè viene invitato a fornire una galette per chiudere il pranzo della domenica successiva. Nella nostra zona quel dolce da forno conserva ancora le fattezze di un’ampia ciambella decorata con mandorle, noci e canditi e corredata della corona di cartoncino dorato.

 

       A Ventimiglia e nelle vallate attorno, la giornata era caratterizzata da una questua popolare, intesa a sbarazzare le dispense dagli scarni esuberi alimentari dei giorni di festa. Il dottor Emilio Azaretti ci ha tramandato la tiritera che le ströpe di adolescenti salmodiavano negli spostamenti tra i domicili delle svariate famiglie accondiscendenti.

 

 Pasca Pifàgna,

gianca lasagna,

o gianca o negra,

basta ch’a sece ben destésa,

ben destésa e ben arrepà,

basta ch’a sece ben ‘nfurmagià.

  

 

Vié  i  Remàgi