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   LA  VOCE  INTEMELIA

 

IL FONDO

giugno 2023

Graziella Colombini Cortesi

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ORRORE

 

   

     La parola in sé già esprime, con quel cupo suono di o e di rr, il sentimento di ripulsa che suscitano certe notizie. Così la morte di una giovane donna per mano di quello che aveva scelto come compagno di vita e padre del figlio che aveva in grembo, ha suscitato in tutti orrore e sdegno profondi.

    Il femminicidio non fa differenze di età: giovanissime, praticamente bambine, giovani donne, signore più mature ed anziane ottantenni. Neanche di censo: benestanti, laureate, donne in carriera, lavoratrici di qualsiasi mestiere, madri di famiglia, pensionate, immigrate. Neppure di territorio: nel 2023 il 2 gennaio è iniziata la mattanza a Bagheria, in Sicilia, ed è proseguita il 4 gennaio a Pontedecimo in provincia di Genova e poi è dilagata in tutta Italia senza distinzioni tra nord-centro e sud, isole comprese. In circa 160 giorni sono già una cinquantina le uccisioni avvenute quasi tutte per mano di compagni, mariti, padri e familiari con l'apice a marzo con ben 14 femminicidi e 6 nei primi 10 giorni di giugno. E dovremmo poi parlare anche dei figli che vengono talvolta uccisi con loro e che, quando sopravvivono, saranno dilaniati tutta la vita da quel tragico gesto.

      Ho fatto un po’ di contabilità perché i freddi numeri hanno il potere di calmare la rabbia che mi assale quando parlo di questi fatti che, al di là della loro dinamica, lasciano basiti per l’immagine maschile che ne emerge. Persone, anche loro, di tutte le categorie, età, professione, nazionalità che hanno però in comune un'idea sterile dell’amore e che, con le loro donne, uccidono il proprio nevrotico, enorme ego, incapaci di costruire qualcosa che sia veramente un rapporto profondo di due persone che, con l’amore, creano una straordinaria alchimia. Se ciò non si verifica non serve “spadroneggiare”, è un esercizio senza futuro. Un futuro che vorrebbero a modo loro tante figlie e tante donne e che le famiglie vogliono talvolta impedire con ogni mezzo anche il più estremo.

      E l’orrore ci travolge con una nera ondata di disgusto sui bestiali modi di mettere fine a persone che sono carne della loro carne o che hanno amato in maniera così sbagliata: possono due mani che hanno accarezzato un viso, cingere un collo sino a strozzare tra terribili sofferenze, una figlia?

       Può una persona introdurre ben trentadue volte il coltello nel corpo che ha amato e che è anche la culla del suo bambino? Non voglio fare qui un campionario di assassini, ma ogni volta sembra che non possa esservi niente di più tremendo e poi invece...

      Il femminicidio è un problema sociale e necessita di una risposta collettiva contro convinzioni, pregiudizi, stereotipi radicati da un substrato culturale negativo verso le donne.

       Quindi ti ritrovi anche a pensare che questi uomini non sono alieni venuti dallo spazio, sono i figli, fratelli, padri, cugini delle famiglie e delle case accanto. Allora anche noi donne dobbiamo riflettere e, come madri, sorelle, figlie, amiche, fare una profonda riflessione e non tollerare per quieto vivere o permettere che nelle nostre famiglie sia, in qualche modo giustificata l’idea della supremazia di genere, anche se solo verbale o dell’offesa concessa per consuetudine.

       Così come educhiamo i nostri ragazzi ad essere persone civili nella società, a fare la differenziata, all’onestà nei comportamenti, a rispettare il prossimo, dobbiamo soffermarci sul capitolo “amore”, sempre un po’ più ostico nel rapporto familiare, anche se già L’esempio dei rapporti tra i coniugi è un formidabile specchio educativo.

       L’impegno è quello di educare sia le ragazze che i ragazzi al reciproco rispetto, una educazione affettiva, a non scambiare per amore un’idea malsana di possesso, perché in amore nessuno è padrone dell’altro, portandoli anche a saper accettare la perdita di una relazione, la cui fine non è segno di debolezza ma, anzi, di forza nel saper progettare e costruire un altro futuro.

      Infine sia ben chiaro in certe zucche che l’antica formula matrimoniale “Finché morte non vi separi” non solo non è più attuale, per fortuna, ma che comunque non era un incentivo o un giustificativo a far fuori il coniuge: è stata sufficiente una legge dello Stato, accompagnata da tanto buon senso e capacità di gestire le difficoltà nei rapporti tra persone che si sono amate e che non devono finire tragicamente nell’odio.