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Marisa De Vincenti Amalberti

VENTIMIGLIA

e il terremoto

del 23 febbraio 1887

una pagina di cronaca locale

estratto dalla Pubblicazione dell’ottobre 1988 Ed. ALZANI Pinerolo

 

PRESENTAZIONE

    Lo scorso anno, ricorrendo il centenario del terremoto ligure del 1887, assai numerose furono le iniziative attuate per ricordare quel lontano e tragico evento che sconvolse la Riviera di Ponente e, proprio nella sua parte occidentale, produsse gli effetti più disastrosi.

    L’avvenimento fu commemorato con articoli di stampa, pubblicazioni e convegni che riguardarono soprattutto le località più colpite come Bussana, Baiardo e Diano Marina.

    A Ventimiglia - città che, fortunatamente, in quella luttuosa circostanza, non ebbe che a lamentare danni materiali - il 100° anniversario del terremoto passò, si può dire, sotto silenzio.

    Per questo motivo, la ricerca di Marisa De Vincenti Amalberti - che viene ora pubblicata dalla Cumpagnia d’i Ventemigliusi, per conto della Academia Venfemigliusa de Cultüra Intemelia - acquista un particolare valore anche perché è stata condotta sulla scrupolosa scorta di documenti ufficiali inediti, custoditi presso la sezione cittadina dell’Archivio di Stato di Imperia.

    Sul terremoto a Ventimiglia, infatti, non esisteva finora alcuno studio particolareggiato e ci si doveva basare esclusivamente sulle scarse notizie del Maineri e del Rossi. Quest’ultimo fece appena in tempo ad inserire nella 2a edizione della sua Storia della Città di Ventimiglia alcune pagine «a caldo» sull’avvenimento di cui era stato testimone diretto, poiché l’opera, proprio a causa del terremoto, aveva subito un ritardo di pubblicazione.

    Il sisma dell’87 colpì Ventimiglia in un momento in cui la città si trovava in fase di notevole trasformazione, dovuta alla costruzione della linea ferroviaria e al sorgere della stazione internazionale.

    Attorno a questo «polo di sviluppo» nasceva la città moderna, ai piedi di quella medievale che restava però sede di uffici pubblici e scuole, nonché della Curia Vescovile e dei monumenti che, ancora oggi, sono il suo vanto: la Cattedrale, il Battistero e la Chiesa di San Michele.

    Come risulta dalla ricerca dell’Autrice, contro gli edifici pubblici e il patrimonio architettonico si era particolarmente accanita la furia devastatrice del terremoto che causò danni gravissimi pur risparmiando miracolosamente le vite degli abitanti.

    Ma, il calamitoso evento di un secolo fa, anche se provocò certamente una battuta d’arresto nel processo di sviluppo della città, non riuscì ad arrestarne lo slancio sulla via della modernizzazione e del progresso che essa aveva ormai intrapreso.

 

Ventimiglia, 26 agosto 1988. Festa di San Secondo, Patrono della Città.

                                            Renzo VILLA  Console Rappresentante della Cumpagnia d’i Ventemigliusi

 

  

Quel funesto mercoledì delle Ceneri

    Il terribile sisma, che il 23 febbraio 1887 distrusse Bussana e sconvolse tutta quanta la Riviera di Ponente, non risparmiò neppure la nostra Città. Se Ventimiglia, infatti, non ebbe a piangere nessuna vittima umana,1 subì, tuttavia, non pochi danni materiali, soprattutto ai fabbricati.

    Precedute da «un rombo somigliante al rumore prodotto da una forte aspirazione di un lungo e alto camino ...» 2 le scosse furono più d’una: due a breve distanza una dall’altra ed una terza alcune ore dopo. La prima, alle ore 6,25, ondulatoria, colpì in prevalenza gli edifici ad ampia capienza, quali le chiese che a quell’ora e in quel primo mercoledì di quaresima erano gremite di fedeli andati a ricevere le “Ceneri”. La seconda scossa, sussultoria, ed una terza, dal movimento vorticoso, avvenuta circa tre ore dopo, compirono l’opera di devastazione.

    Poiché gli strumenti dell’Osservatorio di Porto Maurizio furono tanto danneggiati da uscire subito fuori scala, non abbiamo nessun dato certo sul movimento tellurico nella zona epicentrale. Questi, pertanto, ci vennero forniti dal grande sismografo del sistema Cecchi dell’Osservatorio di Moncalieri che rivelò, in modo dettagliato, le varie fasi della scossa, l’intensità del sisma (fra 1’8° e il 10° della scala Mercalli) e la durata (dai 25 ai 40 secondi).

    Bussana rovinò alla seconda scossa, travolgendo nel crollo 55 persone. A Diano Marina, la città più colpita, ma anche la più «reclamizzata» dalla stampa dell’epoca, vi furono 192 vittime. Taggia registrò una decina di morti e Castellaro 43; particolarmente colpita Baiardo, dove ben 222 persone persero la vita, di cui 200 travolte dal crollo della chiesa che andò in rovina alla prima scossa. Cinque feriti e due morti anche a Castelvittorio, nell’entroterra della Val Nervia, ove però la situazione peggiorò per mancanza di rapidi aiuti e di un pronto, adeguato intervento.3

    Per quanto riguarda la nostra Città, apprendiamo dal supplemento del Bollettino Meteorologico, emesso in data 23 marzo dall’Istituto Centrale di Meteorologia di Roma e in cui venivano registrati i dispacci provenienti dai vari Osservatori, che a Ventimiglia «alle ore 6,30 una forte e prolungata scossa di terremoto danneggiò tutte le case, in cui caddero fumajoli, ornamenti, griglie e molti terrazzi».

    Esaminando, a questo proposito, la relazione tecnica redatta il 13 marzo dall’incaricato del Genio Civile di Porto Maurizio, dopo verifica dei danni causati dal sisma ai vari edifici, vediamo che, non solo molti di essi erano così danneggiati da venir giudicati abitabili solo dopo tutta una serie di riparazioni, ma che anche per tutti quelli ritenuti abitabili era necessaria la revisione del tetto, la riparazione dei terrazzi e soprattutto la posa di chiavi trasversali per il collegamento dei muri perimetrali. Una parte di abitazioni, infine, e per fortuna in numero minore, veniva giudicata inservibile, inabitabile, pericolosa e se ne consigliava la ricostruzione. È doveroso notare che queste ultime non sempre erano ubicate nel centro storico e quindi, come forse si potrebbe pensare, già a priori molto vecchie e fatiscenti, ma erano spesso case site in via Cavour o in via Aprosio.

    Diamo pertanto uno sguardo ad alcuni fra gli edifici più noti della nostra città ed, in base alla loro condizione, vediamo quanto fu proposto nella relazione del Genio Civile.4

    Palazzo Comunale, in via Garibaldi: abitabile, il piano superiore dopo i lavori; parere: due robuste chiavi nel secondo piano per tenere collegato il muro esterno; chiudere il vano di porta del gabinetto per rinforzo del muro; con buona muratura collegare col muro esterno proseguendola sino al secondo piano, quindi riaprire una nuova porta più discosta dal muro esterno. Riparare soffitti e terrazzi del piano superiore e riparare il tetto.5

    Albergo Francia di proprietà Ferrino Francesco, in via Aprosio: abitabile; parere: riparazione del tetto, dei soffitti e dei terrazzi dell’ultimo piano ed in questo (fare) collegamento dei muri con chiavi.

    Restaurant Suisse, via della Stazione: abitabile, in buono stato.

    Seminario, Piazza della Cattedrale: abitabile; parere: demolire il belvedere sulla fronte del fabbricato e ricostruirne (quando fosse necessario) uno nuovo di forma meno pesante; ricostruire i pilastri e i muri di fronte della loggia sopra il tetto e collegare il muro di testa, nel terzo piano a levante, con chiavi.

    Casa Parrocchiale, piazza delle Canoniche: abitabile; parere: ricostruire un muro di perimetro a levante, al quale corrispondono ambienti secondari e un architrave di finestra. Ripassare il tetto e rifare i soffitti.

    Alloggio di un canonico. Piazza delle Canoniche: inservibile; parere: ricostruzione della maggior parte della casa.

    Uffici Regi, Scuole Elementari, Ginnasio, ex convento Francescani: inservibili; parere: ricostruirne una buona parte.

    Vescovado, Piazza Cattedrale: abitabile dopo riparazioni.

    Casa Parrocchiale, Piazza S. Agostino: inservibile; parere: ricostruire buona parte.

    Ospedale S. Spirito, Piazza Cattedrale: abitabile dopo i lavori; parere: la sala medica e la sala chirurgica (sezione uomini) abbisognano di ricostruzione di muri e di soffitti ed architravi. L’educandato al terzo piano è quasi inservibile ed occorre ricostruire i muri. Gli altri locali ai piani superiori abbisognano di riparazioni e collegamento con chiavi. Abitabili i locali al piano terra e al primo piano.

    Scuole Comunali, abitabili, ma occorrono riparazioni alle volte e ai plafoni.

    Asilo Infantile, abitabile, ma occorrono riparazioni ai soffitti e tramezzi.

    Chiesa Oratorio dei Neri, via Garibaldi: da officiarsi dopo alcuni lavori di precauzione.

    Chiesa di San Giovanni Battista, Piazza S. Giovanni Battista: da officiarsi, ma riparare il muro a levante, corrispondente ad uno dei due campanili, murando il vano che esiste. Da esaminare i campanili, essendo probabilmente necessaria la demolizione.

    Cattedrale, Piazza Duomo, in ottimo stato; si consigliano però riparazioni alla cupola del campanile, potendo cedere qualche lavagna.

 

 

    Le abitazioni private non erano in condizioni migliori e poiché, col passare delle settimane, la situazione non sembrava voler migliorare,6 la Giunta Municipale, vista la necessità di ricoverare almeno le famiglie senza tetto più bisognose, attendate da giorni in aperta campagna, con delibera del 12 marzo, a voto unanime autorizzava «il sindaco a voler ordinare senza indugio alla Sega di Nervia due vagoni di travi, travetti e ferramenti per le baracche che saranno costruite sotto la direziono dell’ing. Zanolli».

    Concludiamo pertanto questa breve panoramica d’una Ventimiglia post-sismica ricordando che, come tutti sappiamo, mentre la chiesa di S. Agostino, di cui era parroco don Bonagiunta Conio, era momentaneamente chiusa al culto perché gravemente danneggiata e le sacre funzioni venivano officiate in una cappella in legno costruita accanto,7 nella città alta il vescovo mons. Tommaso Reggio trasformava una parte del convento delle Suore di S. Marta in Orfanotrofio di Nostra Signora della Misericordia, ove poter ospitare sedici giovani orfanelle ed assegnava al pio istituto il primo capitale di lire ventimila.

 

L’opera del

COMITATO PROVINCIALE

DI SOCCORSO

    Come i cronisti hanno spesso lamentato, i soccorsi furono purtroppo inadeguati alle necessità delle popolazioni sinistrate. Ma non dobbiamo dimenticare la limitatezza dei mezzi di comunicazione propria dell’epoca ne che l’Unità d’Italia era un fatto ancora più politico che amministrativo.

    I lavori di salvataggio, di rimozione delle macerie e dei cadaveri e la ricerca dei sopravvissuti, furono tutte operazioni affidate ai reparti militari, che spesso arrivarono quando ormai era troppo tardi.

    Inoltre, a beneficiare degli aiuti furono soprattutto le località costiere, a scapito dei piccoli paesi dell’entroterra che vennero per lo più trascurati.8

    Gli interventi privati, per contro, furono oltremodo generosi.9 Promosse dai giornali, giunsero da tutta Italia e dall’estero offerte in danaro e materiale edile a favore dei terremotati.10 In seguito al caloroso appello redatto da Edmondo De Amicis, i vari comuni fecero a gara per inviare nelle zone disastrate il loro contributo e anche a Ventimiglia il consiglio comunale, riunito in seduta straordinaria il giorno 3 marzo, consapevole che «i disastri cagionati dal grande e terribile terremoto del 23 febbraio scorso reclamano il concorso di tutti e penetrato della grande sciagura e dei grandi bisogni da lenire in questa luttuosa circostanza (...) nonostante le rilevanti spese che il Comune dovrà sostenere per riparare i gravosi danni dei pubblici edifici, ad unanimità dei voti delibera(va) (...) di erogare lire 500».

    A coordinare tutti gli aiuti ricevuti e a distribuirli equamente secondo le necessità dei vari comuni della provincia di Porto Maurizio, era stato creato un apposito «Comitato Provinciale di Soccorso per i Danneggiati», presieduto dal prefetto Edoardo Bermondo e di cui l’on. Giuseppe Biancheri, presidente della Camera dei Deputati, era presidente onorario. Fra i mèmbri, era il sindaco di Ventimiglia comm. Secondo Biancheri e quelli delle altre maggiori città costiere.

    Ai comuni maggiormente danneggiati vennero così distribuite somme necessarie ai bisogni più urgenti e beni di prime necessità.

    Per quanto riguarda la nostra città, apprendiamo dai documenti in archivio che essa ricevette lire 11.800 nel mese di agosto per «il sostentamento dei più bisognosi», quindi lire 11.000 quale «somma di rimborso e sussidi per le eccezionali spese sostenute d’urgenza» e, all’inizio del 1888, una terza elargizione di lire 3.000.

NOTE:

  1) Scrive, a questo proposito, GIROLAMO Rossi nella sua Storia della Città di Ventimiglia (pag. 301): «Fra le sventure, fortunata è la mia città, ove non si hanno a deplorare che gravi danni agli edifici». Ma il MAINERI (in Liguria Occidentale; Gite - Storia - Ricordi - Roma 1894, pag. 56) precisa: «Il dì 11 del seguente marzo, su le tre e un quarto pomeridiane, si fece sentir di nuovo una breve ma violenta scossa ondulatoria, che risuscitò il pànico negli animi, già quasi rassicurati, non ostante le vive incertezze di tutti quei giorni e le notizie arrivate successivamente da ogni parte. Fu ventura che la città non avesse a deplorare vittime, all’infuori di una povera donna della frazione Casette» (una borgata della frazione Latte, n.d.r.). Da ricerche effettuate presso l’archivio parrocchiale della Cattedrale e presso quello dello Stato Civile di Ventimiglia, non risulta deceduto alcun abitante della località Casette nel periodo 23 febbraio - 11 marzo 1887. È invece registrata, in data 5 aprile, la morte di tale Giulia Viale, contadina, di anni 77, abitante a Latte, località Case Sparse.

  2) Dalla Gazzetta del Popolo del 6-3-1887, n. 65.

  3) I dati registrati nella Relazione della Commissione Reale sono spesso diversi ed inferiori rispetto a quelli riportati su altri documenti.

  4) Il documento porta la data del 17 marzo 1887 ed è firmato dall’aiutante del Genio Civile E. Ranza.

  5) Dal libro dei verbali delle sedute consigliari risulta infatti che per molti mesi le riunioni del Consiglio comunale ebbero luogo «nella sala dell’Asilo Infantile Regina Margherita, per essere in restaurazione il civico palazzo».

  6) Le scosse di assestamento si protrassero, infatti, per tutto il mese di marzo culminando in una più forte del giorno 11 che interessò l’intera area sismica principale.

  7) La Chiesa di S. Agostino era stata eretta in parrocchia nel 1857. 

  8) Dirigeva dette operazioni il generale De Sonnaz, che aveva stabilito il suo quartiere generale a Diano Marina.

  9) Anche gli abitanti di Pigna, accantonando momentaneamente gli atavici rancori verso quelli di Castelvittorio, non esitarono ad accorrere in loro aiuto.

10) In quella occasione il Re d’Italia Umberto I inviava al prefetto di Porto Maurizio e di Genova un telegramma di cordoglio accompagnato dall’offerta di lire 150.000. Papa Leone XIII, da parte sua, elargiva la somma di lire 20.000.

 

DATE DEI PRINCIPALI TERREMOTI

CHE HANNO COLPITO LE NOSTRE ZONE

  584   Terremoto in Liguria - diluvio, frane di monti e scomparsa di città e villaggi.

  951   Molte scosse fortissime in Liguria.

 

1104   Aprile: in Liguria terremoto, rovine e vittime.

 

1182   Agosto: a Genova terremoto fortissimo.

 

1222   25 dicembre: terremoto disastroso nell’Alta Italia. «La città di Genova fu tutta in pericolo di ruinare».

1557   Novembre: terremoto grandissimo nella zona di Savona.

1564   Marzo: Alpi Marittime, terremoto disastroso con molte vittime.

Luglio: terremoto rovinoso in tutta la zona di Nizza e Provenza. A San Remo, Taggia e Porto Maurizio dormirono per due mesi all’aperto.

1638   San Remo: forte scossa seguita da altre durante due mesi.

1643   In quaresima: terremoto fortissimo a Taggia, Porto Maurizio e Oneglia.

1752   Gennaio: terremoto a Nizza.

Febbraio: terremoto a Oneglia, rovinoso nel nizzardo.

1818   23 febbraio, ore 7,15 pomeridiane: terremoto fortissimo e rovinoso a Nizza, San Remo, Porto Maurizio; gravi danni ad Alassio e Diano Castello. Le scosse più o meno forti perdurarono per tutto l’anno.

1819   Gennaio: terremoto fortissimo lungo tutta la Riviera Occidentale; rovinoso a Porto Maurizio e San Remo.

1831   26 maggio: San Remo, Taggia, Bussana, Pompeiana, Castellaro, scossa sussultoria poi ondulatoria, preceduta da fragore.

1832   16 -17 febbraio: forti scosse a Nizza.

 

1854   29 dicembre: terremoto piuttosto violento nelle Alpi Marittime e nella Riviera Occidentale.

1859   Giugno: scossa forte a San Remo.

 

1872   31 dicembre: scossa forte in Val Bisagno; avvallamento del suolo a Mentone e Ventimiglia.

1874   Marzo - settembre: forti scosse in Riviera.

 

1880   25 aprile: scossa abbastanza forte preceduta da rombo a Porto Maurizio, San Remo, Dolceacqua, Perinaldo; direzione E-0.

1885   24 gennaio: due forti scosse a Porto Maurizio che produssero lesioni nel palazzo della Prefettura.

10 febbraio: terremoto del 6° a Genova.

16 febbraio; terremoto abbastanza forte, preceduto da rombo, in Riviera.

1887   23 febbraio: terremoto disastroso per la Riviera di Ponente ed il Nizzardo, rovinoso per il Piemonte e le Alpi Marittime, fortissimo per l’Alta Italia e la Provenza.

 

    La facciata della chiesa di San Michele, sulla Coleta, è il risultato d’un rifacimento teorizzato da G. Rossi, elaborato per sopperire al crollo della facciata originale, seguito da tutta la prima sezione di navata, che è stato edificato arretrando la costruzione sulla parte dell’edificio che aveva resistito a quel terremoto.